Se mi preoccupassi del senso comunemente attribuito a certi termini, dal momento che un errore volgare ha fatto di anarchia il sinonimo di guerra civile, avrei orrore del titolo posto in testa a questa pubblicazione, poiché ho orrore della guerra civile.
Mi onoro e mi lusingo ad un tempo di non aver mai fatto parte di un gruppo di cospiratori né di un battaglione rivoluzionario; me ne onoro e me ne vanto, perché questo mi serve per stabilire, da una parte, di essere stato abbastanza onesto da non ingannare il popolo e, dall’altra, di essere stato abbastanza abile da non farmi ingannare dagli ambiziosi. Ho visto passare, non dirò senza emozione, ma perlomeno con grande calma, i fanatici e i ciarlatani, provando pietà per gli uni e disprezzando sovranamente gli altri. E quando, avendo educato il mio entusiasmo a ridestarsi solo nella stringente circospezione di un sillogismo, ho voluto, dopo lotte sanguinose, far la somma del benessere apportatomi da ogni cadavere, ho trovato zero come totale; ora, zero è niente.
Ho orrore del niente; perciò mi fa orrore la guerra civile.
Se ho scritto ANARCHIA sul frontespizio non è, conseguentemente, per lasciare alla parola il significato che le hanno dato, molto a torto, come spiegherò tra poco, le sette governative, ma per restituirle, al contrario, il diritto etimologico concessole dalle democrazie.
L’anarchia è il nulla dei governi. I governi, di cui siamo i pupilli, non hanno naturalmente trovato niente di meglio da fare che crescerci nel timore ed orrore riguardo al principio della loro distruzione. Ma poiché, a sua volta, il governo è il nulla degli individui o del popolo, è ragionevole che il popolo, reso accorto riguardo alle verità essenziali, riporti sul suo proprio niente tutto l’orrore dapprima avvertito per il nulla dei suoi istitutori.
L’anarchia è una vecchia parola, ma questa parola per noi esprime un’idea moderna, o meglio un interesse moderno, perché l’idea è figlia dell’interesse. La storia ha definito anarchico lo stato di un popolo in seno a cui si trovavano diversi governi in competizione, ma una cosa è lo stato di un popolo che, volendo essere governato, manca di governo proprio perché ne ha troppo, e altra cosa lo stato di un popolo che, volendo governarsi da sé, manca di governo proprio perché non ne vuole più. L’anarchia antica è stata effettivamente la guerra civile e questo non perché esprimesse l’assenza, ma piuttosto la pluralità dei governi, la competizione, la lotta delle razze governative.
La nozione moderna della verità sociale assoluta o della democrazia pura ha innescato tutta una serie di conoscenze o d’interessi che rovesciano alla radice i termini dell’equazione tradizionale. Così l’anarchia, che dal punto di vista relativo o monarchico significa guerra civile, non è altro, per la tesi assoluta o democratica, che l’espressione vera dell’ordine sociale.
Infatti:
Chi dice anarchia, dice negazione del governo;
Chi dice negazione del governo, dice affermazione del popolo;
Chi dice affermazione del popolo, dice libertà individuale;
Chi dice libertà individuale, dice sovranità di ciascuno;
Chi dice sovranità di ciascuno, dice eguaglianza;
Chi dice eguaglianza, dice solidarietà o fraternità;
Chi dice fraternità, dice ordine sociale;
Dunque chi dice anarchia, dice ordine sociale.
Al contrario:
Chi dice governo, dice negazione del popolo:
Chi dice negazione del popolo, dice affermazione dell’autorità politica;
Chi dice affermazione dell’autorità politica, dice dipendenza individuale;
Chi dice dipendenza individuale, dice supremazia di casta;
Chi dice supremazia di casta, dice disuguaglianza;
Chi dice disuguaglianza, dice antagonismo;
Chi dice antagonismo, dice guerra civile;
Dunque chi dice governo, dice guerra civile.
Non so se quanto ho appena detto sia nuovo o eccentrico, oppure spaventoso. Non lo so e nemmeno mi preoccupo di saperlo.
Ciò che so è che posso mettere liberamente in gioco i miei argomenti contro tutta la prosa del governativismo bianco e rosso passato, presente e futuro. La verità è che, su questo terreno, quello cioè di un uomo libero, estraneo all’ambizione, accanito nel suo lavoro, sdegnoso di comandare, ribelle alla sottomissione, sfido tutti gli argomenti del funzionalismo, tutti i logici dello stipendio e tutti i gazzettieri dell’imposta monarchica o repubblicana, che si chiami progressiva, proporzionale, fondiaria, capitalista, di rendita o di consumo.
Sì, l’anarchia è l’ordine; perché, il governo è la guerra civile.
Quando il mio intelletto penetra al di là dei miserabili dettagli su cui si basa la polemica quotidiana, scopro che le guerre intestine che, in ogni tempo, hanno decimato l’umanità risalgono a quell’unica causa, vale a dire al rovesciamento o alla conservazione del governo.
Come tesi politica, scannarsi ha sempre significato consacrarsi alla permanenza o all’instaurazione di un governo. Mostratemi un luogo in cui si assassina in massa e apertamente, vi farò vedere un governo alla testa del carnaio. Se cercate di spiegarvi la guerra civile diversamente che con un governo che vuole arrivare ed un governo che non vuole andarsene, perderete il vostro tempo: non troverete niente.
Il motivo è semplice.
Stabilite un governo. Nell’istante stesso in cui è fondato il governo determina le proprie creature e, di conseguenza, i propri seguaci; e nel momento stesso in cui ha dei partigiani esso ha pure degli avversari. Ed il germe della guerra civile è fecondato da questo solo fatto, perché non potete far sì che il governo, investito di onnipotenza, agisca verso i suoi avversari come rispetto ai seguaci. Non potete far sì che i favori di cui dispone siano ripartiti equamente fra amici e nemici. Non potete evitare che quelli siano vezzeggiati e questi perseguitati. Non potete evitare che, da tale disuguaglianza, sorga presto o tardi un conflitto tra il partito dei privilegiati ed il partito degli oppressi. In altri termini, dato un governo, non potete evitare il favore che fonda il privilegio, che provoca la divisione, che crea l’antagonismo, che determina la guerra civile.
Quindi, il governo è la guerra civile.
E se basta essere, da un lato, il sostenitore e, dall’altro, l’avversario del governo per determinare un conflitto tra cittadini; se è dimostrato che, al di fuori dell’amore o dell’odio, rivolti al governo, la guerra civile non ha alcuna ragione d’esistere, ciò significa che occorre, per stabilire la pace, che i cittadini rinuncino, da una parte, ad essere seguaci e, dall’altra, ad essere avversari del governo.
Ma smettere d’attaccare o difendere il governo per rendere impossibile la guerra civile non è nient’altro che non tenerne più conto, metterlo tra gli scarti, sopprimerlo al fine di fondare l’ordine sociale.
Ora, se sopprimere il governo è, da un lato, stabilire l’ordine, dall’altro lato, è fondare l’anarchia; perciò, l’ordine e l’anarchia sono in parallelo.
Quindi, l’anarchia è l’ordine.
Prima di passare agli sviluppi successivi, prego il lettore di premunirsi contro la cattiva impressione che su di lui potrebbe fare la forma personale che ho adottato allo scopo di facilitare il ragionamento e affrettare il pensiero. In questa esposizione, IO significa non tanto lo scrivente quanto il lettore o ascoltatore; IO è l’uomo
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