La storia della crescita e dello sviluppo dell’umanità è al tempo stesso la storia della tremenda lotta di ogni
nuova idea che annuncia l’alba di un mondo migliore. Nel suo attaccarsi tenacemente alla tradizione, il
Vecchio non ha mai esitato a ricorrere ai mezzi più meschini e crudeli per ostacolare l’avvento del Nuovo,
in qualunque forma o periodo quest’ultimo abbia provato ad affermarsi. Né è necessario tornare troppo
indietro nel tempo per renderci conto dell’enorme opposizione, delle difficoltà e delle privazioni che hanno
intralciato il cammino di ogni idea progressista. L’eculeo, lo schiaccia-pollici e lo scudiscio sono ancora tra
noi; così come lo sono la divisa da galeotto e il furore popolare, che cospirano insieme contro lo spirito che
continua serenamente a marciare.
L’Anarchia non poteva sperare di sfuggire al destino di tutte le altre idee innovative. Anzi, come l’innovatore
più rivoluzionario e irremovibile, l’Anarchia deve fare i conti con l’odio e l’ignoranza del mondo che
cerca di ricostruire.
Trattare persino lontanamente tutto quello che viene detto e fatto contro l’Anarchia richiederebbe un intero
volume. Mi limiterò quindi a confutare due delle obiezioni principali. Così facendo, cercherò di chiarire
cosa significa veramente l’Anarchia.
Lo strano fenomeno dell’opposizione all’Anarchia è che tale opposizione mette in luce la relazione tra la
cosiddetta intelligenza e ignoranza. Eppure questo non è poi così strano, quando consideriamo la relatività
di tutte le cose. La massa ignorante ha a suo favore il fatto di non avere nessuna pretesa alla conoscenza o
alla tolleranza. Agendo puramente in base all’impulso, come sempre fa, le sue ragioni sono come quelle di
un bambino. "Perché?" "Perché". Eppure l’opposizione degli illetterati all’Anarchia merita la stessa considerazione
di quella delle persone intelligenti.
Quali sono, allora, le obiezioni? Primo, l’Anarchia non è pratica, sebbene si tratti di un ideale meraviglioso.
Secondo, Anarchia significa violenza e distruzione, pertanto deve essere ripudiata perché spregevole e pericolosa.
Sia l’uomo istruito che la massa ignorante esprimono giudizi non in base a una conoscenza approfondita
dell’argomento, ma in base a ciò che hanno sentito dire o a una cattiva interpretazione.
Uno schema pratico, dice Oscar Wilde, è uno che già esiste, oppure uno che possa essere attuato date le
condizioni esistenti; ma sono proprio le condizioni esistenti a cui ci opponiamo, e qualsiasi schema che
accetti tali condizioni è sbagliato e insensato. Il vero criterio per definire la praticità, quindi, non è se
quest’ultima lasci inalterato ciò che è sbagliato o insensato; piuttosto, è se lo schema abbia abbastanza
vitalità da abbandonare le acque stagnanti del vecchio per costruire, oltre che sostenere, una nuova vita.
Alla luce di questa definizione, l’Anarchia è certamente pratica. Più di qualunque altra idea, aiuta a liberarsi
di ciò che è sbagliato e insensato; più di ogni altra idea, cerca di costruire e sostenere una nuova vita.
Le emozioni delle persone ignoranti vengono continuamente alimentate dai racconti più raccapriccianti
sull’Anarchia. Non c’è niente che sia troppo oltraggioso da non potere essere usato contro questa filosofia e
i suoi sostenitori. Quindi l’Anarchia è per gli ignoranti quello che il proverbiale uomo nero è per un bambino:
un mostro che inghiotte tutto; in breve, distruzione e violenza.
Distruzione e violenza! Come può la persona comune sapere che il fattore di maggiore violenza nella
società è l’ignoranza; che il suo potere distruttivo è proprio quello contro cui l’Anarchia sta combattendo?
Né tale persona è consapevole del fatto che l’Anarchia, le cui radici, per così dire, fanno parte delle forze
della natura, distrugge non il tessuto sano, ma la crescita parassitica che si nutre della linfa vitale della
società. L’Anarchia si limita a ripulire il terreno dalle erbacce e dall’artemisia, affinché possa dare i suoi
frutti.
Qualcuno ha affermato che il condannare richiede uno sforzo mentale minore del pensare. La pigrizia mentale,
così prevalente nella società, dimostra che quest’affermazione è del tutto vera. Piuttosto che approfondire
una data idea, esaminarne le origini e il significato, la maggior parte delle persone la condannerà completamente, o si affiderà a qualche definizione superficiale e carica di pregiudizi dei suoi aspetti non
essenziali.
L’Anarchia stimola le persone a pensare, a indagare, ad analizzare ogni proposizione; ma affinché la
capacità mentale del lettore medio non venga sottoposta a sforzi eccessivi, comincerò con una definizione
che poi elaborerò.
ANARCHIA: La filosofia di un nuovo ordine sociale basato sulla libertà, senza restrizioni provenienti da
leggi emanate dall’uomo; la teoria che tutte le forme di governo sono basate sulla violenza, e sono quindi
sbagliate e dannose, oltre che inutili.
Il nuovo ordine sociale si fonda, naturalmente, sulla base materialistica della vita; ma mentre tutti gli anarchici
sono d’accordo che il male maggiore oggi è di natura economica, sostengono anche che la soluzione a
questo male può essere trovata solo prendendo in considerazione ogni ambito della vita: individuale, oltre
che collettivo; interno, oltre che esterno.
Un esame approfondito della storia dello sviluppo umano rivela due elementi in grave conflitto l’uno con
l’altro; due elementi che soltanto adesso iniziano a essere compresi, non come estranei l’uno all’altro, ma
intimamente legati e veramente armoniosi, se solo collocati nell’ambiente adatto: gli istinti individuali e
sociali. L’individuo e la società stanno da tempo immemore conducendo una battaglia inesorabile e sanguinaria,
lottando per la supremazia, perché sono a stati a lungo incapaci di comprendere l’uno il valore e
l’importanza dell’altro. L’istinto individuale e sociale - il primo un fattore potentissimo dell’impegno individuale
verso la crescita, l’aspirazione e la realizzazione di sé; il secondo un fattore altrettanto potente per
la sollecitudine reciproca e il benessere sociale.
Non occorre andare lontano per trovare una spiegazione della tempesta che imperversa in seno all’individuo,
e tra l’individuo e l’ambiente che lo circonda. L’uomo primitivo, incapace di comprendere il proprio
essere, ancor meno l’unità di tutte le forme di vita, si sentiva totalmente dipendente da forze oscure e
cieche, sempre pronte a farsi gioco di lui. Da quell’atteggiamento nacque il concetto religioso dell’essere
umano come un semplice granello di polvere dipendente da forze superiori, che possono essere rabbonite
solo da una resa totale. Tutti gli antichi miti si basano su quell’idea, che continua a essere il leitmotiv delle
storie bibliche che trattano della relazione dell’uomo con Dio, con lo Stato, con la società. Ancora e ancora
lo stesso ritornello, l’uomo è nulla, i poteri sono tutto. Così Jeovah era disposto a sopportare l’uomo solo a
condizione di una resa totale. L’uomo può aspirare a tutte le glorie terrene, ma non deve diventare cosciente
di sé. Lo Stato, la società e le leggi mortali cantano tutti lo stesso ritornello: l’uomo può aspirare a tutte le
glorie terrene, ma non deve diventare cosciente di sé.
L’Anarchia è la sola filosofia che offre all’uomo la consapevolezza di sé; che sostiene che Dio, lo Stato e la
società non esistono, che le loro promesse sono nulle e vuote, visto che possono essere mantenute solo dalla
subordinazione dell’uomo. L’Anarchia insegna quindi l’unità della vita; non solo nella natura, ma
nell’uomo. Non esiste alcun contrasto tra gli istinti individuali e sociali, non più di quanto esista un conflitto
tra il cuore e i polmoni: il primo è il contenitore di una preziosa linfa vitale, il secondo il custode
dell’elemento necessario a mantenere l’essenza pura e forte. L’individuo è il cuore della società, conservando
l’essenza della vita sociale; la società è il polmone che distribuisce l’elemento necessario a mantenere
l’essenza vitale (cioè l’individuo) pura e forte.
"L’unica cosa di valore al mondo", dice Emerson, "è l’anima attiva; tutti gli uomini l’hanno dentro di sé.
L’anima attiva cerca la verità assoluta, proferisce e crea la verità". In altre parole, l’istinto individuale è
l’unica cosa di valore al mondo. È la vera anima che vede e crea la viva verità, dalla quale nasce una verità
ancora più grande, la rinata anima sociale.
L’Anarchia è la grande liberatrice dell’uomo dai fantasmi che lo hanno tenuto prigioniero; è l’arbitro e il
pacificatore delle due forze dell’armonia individuale e sociale. Per realizzare quell’unità, l’Anarchia ha
dichiarato guerra alle influenze perniciose che hanno finora impedito la miscelatura armoniosa degli istinti sociali e individuali, dell’individuo e della società.
La Religione, il controllo assoluto della mente umana; la Proprietà, il controllo assoluto dei bisogni umani;
e il Governo, il controllo assoluto del comportamento umano, sono la roccaforte della schiavitù umana e di
tutti gli orrori che comporta. La Religione! Come domina la mente dell’uomo, come umilia e degrada la sua
anima. Dio è tutto, l’uomo è nulla, dice la religione. Ma da quel nulla Dio ha creato un regno così dispotico,
così tirannico, così crudele, così terribilmente esigente che niente altro che sconforto, lacrime e sangue
hanno dominato il mondo da quando sono nati gli dei. L’Anarchia spinge l’uomo a ribellarsi contro questo
mostro nero. Rompi i tuoi ceppi mentali, dice l’Anarchia all’uomo, perché fino a quando non riuscirai a
pensare e giudicare da solo non potrai liberarti del dominio dell’oscurantismo, l’ostacolo maggiore a ogni
forma di progresso.
La Proprietà, il controllo assoluto dei bisogni dell’uomo, il rifiuto del diritto di soddisfare i propri bisogni.
C’era un tempo in cui la proprietà era un diritto divino, quando si rivolgeva all’uomo con lo stesso ritornello,
proprio come la religione, "Sacrificio! Abnegazione! Sottomissione!". Lo spirito dell’Anarchia ha
sollevato l’uomo dalla sua posizione prostrata. Adesso l’uomo sta eretto, con il viso rivolto alla luce. Ha
imparato a riconoscere la natura insaziabile, onnivora, devastante della proprietà, e si sta preparando a
uccidere il mostro.
"La proprietà è furto", diceva il grande anarchico francese Proudhon. Si, ma senza rischi e pericoli per il
ladro. Monopolizzando gli sforzi cumulati degli esseri umani, la proprietà li ha derubati dei diritti che sono
loro propri dalla nascita, trasformandoli in poveri ed emarginati. La proprietà non ha neppure la vecchia
scusa che l’uomo non produce a sufficienza da soddisfare tutti i bisogni. Lo studente dei principi base
dell’economia sa bene che la produttività del lavoro nel corso delle ultime decadi è cresciuta al punto da
eccedere notevolmente la domanda ordinaria. Ma che cos’è la domanda ordinaria per un’istituzione anormale?
L’unica domanda che la proprietà riconosce è il proprio avido appetito per una maggiore ricchezza,
perché la ricchezza è potere; il potere di sottomettere, di schiacciare, di sfruttare, il potere di rendere schiavi,
di oltraggiare, di degradare. L’America si vanta particolarmente del suo grande potere, della sua grande
ricchezza nazionale. Povera America, a che serve tutta quella ricchezza, se gli individui che formano la
nazione sono poveri in canna? Se vivono nello squallore, nella sporcizia, nel crimine, avendo perduto la
speranza e la gioia, un’armata senza terra e senza tetto di prede umane?
Si riconosce generalmente che a meno che i rendimenti di un’impresa eccedano i suoi costi, la bancarotta è
inevitabile. Ma coloro che sono impegnati nel business di produrre ricchezza non hanno ancora imparato
neppure questa semplice lezione. Ogni anno il costo di produzione in termini di vite umane diventa sempre
più grande (50.000 morti, 100.000 feriti in America lo scorso anno); i rendimenti per le masse, che aiutano
a creare ricchezza, diventano sempre più piccoli. Eppure l’America continua a ignorare l’inevitabile bancarotta
del nostro business della produzione. Né questo è l’unico crimine di quest’ultimo. Ancora più grave è il
crimine di trasformare il produttore in un semplice ingranaggio della macchina, con meno volontà e potere
decisionale del suo padrone di ferro e acciaio. Si sta derubando l’uomo non solo dei prodotti del suo lavoro,
ma del potere della libera iniziativa, dell’originalità e dell’interesse e del desiderio per le cose che costruisce.
La vera ricchezza consiste di cose utili e belle, di cose che aiutano a creare corpi belli e forti e un ambiente
ispiratore in cui vivere. Ma se l’uomo è costretto ad avvolgere cotone attorno a una spoletta, a scavare carbone
o a costruire strade per trent’anni della propria vita, non è possibile parlare di ricchezza. Ciò che offre
al mondo sono oggetti grigi e orrendi, che riflettono un’esistenza uggiosa e orrenda - troppo debole per
vivere, troppo codardo per morire. Strano a dirsi, ci sono persone che esaltano questo metodo di produzione
centralizzata come la conquista della nostra epoca di cui andare più fieri. Costoro non si rendono affatto
conto che se continuiamo nella nostra sottomissione alle macchine, la nostra schiavitù sarà più completa di
quanto non fosse il nostro servaggio al Re. Costoro non vogliono sapere che la centralizzazione non è solo
la campana a morto della libertà, ma anche della salute e della bellezza, dell’arte e della scienza, perché
tutte queste cose sono impossibili in un’atmosfera meccanica che funziona come un orologio.
L’Anarchia non può che ripudiare un tale metodo di produzione: il suo obiettivo è l’espressione più libera
possibile di tutti le potenzialità latenti dell’individuo. Oscar Wilde definisce una personalità perfetta come
"colui che si sviluppa in condizioni perfette, che non è ferito, menomato o in pericolo". Una personalità
perfetta, dunque, è solo possibile in uno stato della società in cui l’uomo è libero di scegliere come lavorare,
le condizioni del proprio lavoro, e la libertà di lavorare. Una per cui la manifattura di un tavolo, la
costruzione di una casa, o la coltivazione dell’anima sono come la pittura per l’artista o la scoperta per lo
scienziato: il risultato dell’ispirazione, del desiderio intenso e dell’interesse profondo nel lavoro come una
forza creativa. Tale essendo l’ideale dell’Anarchia, le sue strutture economiche devono consistere in associazioni
volontarie per la produzione e la distribuzione, sviluppandosi gradualmente nel libero comunismo,
come il modo migliore di produrre con il minore spreco di energie umane. L’Anarchia, però, riconosce
anche il diritto dell’individuo, o di un certo numero di individui, a organizzarsi ogni volta in altre forme di
lavoro, in armonia con i loro gusti e desideri.
Poiché questa libera manifestazione dell’energia umana è possibile solo grazie alla più completa libertà
individuale e sociale, l’Anarchia dirige le sue forze contro il terzo e più grande nemico di ogni forma di
uguaglianza sociale: lo Stato, l’autorità organizzata, o la legge scritta; il controllo completo sui comportamenti
umani.
Così come la religione ha impastoiato la mente umana, e così come la proprietà, o il monopolio delle cose,
ha soggiogato e soffocato i bisogni umani, così lo stato ha reso schiavo lo spirito, dettandone ogni fase del
comportamento. "Ogni forma di governo", dice Emerson, "è essenzialmente una tirannia". Non importa se
questo sia un governo per diritto divino o per criterio maggioritario. In ogni caso, il suo obiettivo è la completa
sottomissione dell’individuo.
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