Certamente, nello stato attuale dell'umanità, quando la grande maggioranza degli uomini, oppressa dalla miseria ed istupidita dalla superstizione, giace nell'abbiezione, le sorti umane dipendono dall'azione di un numero relativamente scarso d'individui; certamente non si potrà da un momento all'altro far sì che tutti gli uomini si elevino al punto da sentire il dovere, anzi il piacere di regolare tutte le proprie azioni in modo che ne derivi agli altri il maggior bene possibile. Ma se oggi le forze pensanti e dirigenti dell'umanità sono scarse, non è una ragione per paralizzarne ancora una parte e per sottoporne molte ad alcune di esse. Non è una ragione per costituire la società in modo che, grazie all'inerzia che producono le posizioni assicurate, grazie alla eredità, al protezionismo, allo spirito di corpo, ed a tutta quanta la meccanica governativa, le forze più vive e le capacità più reali finiscono col trovarsi fuori del governo e quasi prive d'influenza sulla vita sociale; e quelle che giungono al governo, trovandosi spostate dal loro ambiente, ed interessate anzitutto a restare al potere, perdano ogni potenza di fare e solo servano di ostacolo agli altri.
Abolita questa potenza negativa che è il governo, la società sarà quello che potrà essere, ma tutto quello che potrà essere, date le forze e le capacità del momento. Se vi saranno uomini istruiti e desiderosi di spandere l'istruzione, essi organizzeranno le scuole e si sforzeranno per far sentire a tutti l'utile ed il piacere d'istruirsi. E se questi uomini non vi fossero o fossero pochi, un governo non potrebbe crearli; solo potrebbe, come infatti avviene oggi, prendere quei pochi, sottrarli al lavoro fecondo, metterli a redigere regolamenti che bisogna imporre coi poliziotti, e da insegnanti intelligenti e passionati farne degli uomini politici, cioè degli inutili parassiti, tutti preoccupati d'imporre le loro fisime e di mantenersi al potere.
Se vi saranno medici ed igienisti, essi organizzeranno il servizio di sanità. E se non vi fossero, il governo non potrebbe crearli; solo potrebbe, per il sospetto, troppo giustificato, che il popolo ha contro tutto ciò che viene imposto, levar credito ai medici esistenti, e farli massacrare come avvelenatori quando vanno a curare i colerosi. Se vi sono ingegneri, macchinisti, ecc. organizzeranno le ferrovie. E se non vi fossero, ancora una volta il governo non potrebbe crearli.
La rivoluzione, abolendo il governo e la proprietà individuale, non creerà forze che non esistono; ma lascerà libero campo all'esplicazione di tutte le forze, di tutte le capacità esistenti, distruggerà ogni classe interessata a mantenere le masse nell'abbrutimento, e farà in modo che ognuno potrà agire ed influire in proporzione della sua capacità, e conformemente alle sue passioni ed ai suoi interessi.
E questa è la sola via per la quale le masse possano elevarsi, poiché è solo colla libertà che uno s'educa ad esser libero, come è solo lavorando che uno può imparare a lavorare. Un governo, quando non avesse altri inconvenienti, avrebbe sempre quello di abituare i governati alla soggezione, e di tendere a diventare sempre più opprimente e farsi sempre più necessario.
D'altronde, se si vuole un governo che debba educare le masse ed avviarle all'anarchia, bisogna pure indicare quale sarà l'origine, il modo di formazione di questo governo.
Sarà la dittatura dei migliori? Ma chi sono i migliori?
E chi riconoscerà loro questa qualità? La maggioranza sta d'ordinario attaccata a vecchi pregiudizii, ed ha idee ed istinti già sorpassati da una minoranza meglio favorita; ma fra le mille minoranze che tutte credono di aver ragione, e tutte possono averla in qualche parte, da chi e con qual criterio si sceglierà, per mettere la forza sociale a disposizione di una di esse, quando solo l'avvenire può decidere fra le parti in litigio? Se pigliate cento partigiani intelligenti della dittatura, voi scoprirete che ciascuno di loro crede che egli dovrebbe, se non essere proprio il dittatore, o uno dei dittatori, almeno trovarsi molto vicino alla dittatura. Dunque dittatori sarebbero coloro che, per una via o per un'altra, riuscissero ad imporsi; e, coi tempi che corrono, si può esser sicuri che tutte le loro forze sarebbero impiegate nella lotta per difendersi contro gli attacchi degli avversarii, lasciando in dimenticanza ogni velleità educatrice, se mai ne avessero avute.
Sarà invece un governo eletto a suffragio universale, e quindi l'emanazione più o meno sincera del volere della maggioranza? Ma se voi considerate questi bravi elettori come incapaci di provvedere da loro stessi ai propri interessi, come mai essi sapranno scegliersi i pastori che debbono guidarli e come potranno risolvere questo problema di alchimia sociale, di far uscire l'elezione di un genio dal voto di una massa di imbecilli? E che ne sarà delle minoranze che pur sono la parte più intelligente, più attiva, più avanzata di una società?
Per risolvere il problema sociale a favore di tutti non vi è che un mezzo: scacciare rivoluzionariamente i detentori della ricchezza sociale, mettere tutto a disposizione di tutti, e lasciare che tutte le forze, tutte le capacità, tutte le buone volontà esistenti fra gli uomini agiscano per provvedere ai bisogni di tutti.
Noi combattiamo per l'anarchia e per il socialismo, perché crediamo che l'anarchia ed il socialismo si debbano attuare subito, vale a dire che si deve nell'atto stesso della rivoluzione scacciare il governo, abolire la proprietà ed affidare i servizi pubblici, che in quel caso abbracceranno tutta la vita sociale, all'opera spontanea, libera, non ufficiale, non autorizzata di tutti gl'interessati e di tutti i volenterosi.
Vi saranno certamente difficoltà ed inconvenienti; ma essi saranno risoluti, e solo potranno risolversi anarchicamente, cioè mediante l'opera diretta degli interessati ed i liberi patti.
Noi non sappiamo se alla prossima rivoluzione trionferanno l'anarchia ed il socialismo; ma certamente se dei programmi cosiddetti di transazione trionferanno, sarà perché noi, per questa volta, saremo stati vinti, e mai perché avremo creduto utile lasciare in vita una parte del mal sistema, sotto cui geme l'umanità.
In ogni modo avremo sugli avvenimenti quell'influenza che ci verrà dal nostro numero, dalla nostra energia, dalla nostra intelligenza e dalla nostra intransigenza. Anche se sarem vinti, la nostra opera non sarà stata inutile, poiché più saremo stati decisi a raggiungere l'attuazione di tutto il nostro programma, e meno proprietà e meno governo vi sarà nella nuova società. E avrem fatto opera grande, perché il progresso umano si misura appunto dalla diminuzione del governo e dalla diminuzione della proprietà privata.
E se oggi cadremo senza piegar bandiera, possiamo esser sicuri della vittoria di domani.
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