domenica 21 agosto 2011

LA SOCIETÀ INDUSTRIALE E IL SUO FUTURO (parte 5)

La sofferenza umana
167. Il sistema industriale non crollerà semplicemente sotto l'a- zione di una azione rivoluzionaria. Sarà vulnerabile a un attacco rivoluzionario solo se i suoi problemi interni di sviluppo gli cree- rannoserie dificoltà. CosÍ se il sistema crollerà lo farà o sponta- neamente o attraverso un processo in parte spontaneo ma aiuta- to parallelamente dai rivoluzionari. Se il collasso è improvviso molte persone moriranno, visto che la popolazione del mondo è divenuta cosÍ numerosa che non potrebbe nemmeno nutrirsi sen- za una tecnologia avanzata. Persino se il crollo fosse abbastanza graduale, cosÍ che la riduzione della popolazione potesse avveni- re attraverso l'abbassamento degli indici di natalità anziché l'au- mento dell'indice di mortalità, il processo ddi de-industrializza- ziona probabilmente sarebbe molto carico e comporterebbe di conseguenza molta sofferenza. È semplicistico ritenere probabi- le che la tecnologia possa essere interrotta in maniera puntuale e ordinata, poiché specialmente i tecnofili combatteranno tenace- mente in ogni momento. È quindi crudele lavorare per il collas- so del sistema? Forse, ma forse no. In primo luogo, i rivoluzio- nari non saranno capaci di far crollare il sistema a mano che esso non si dibatta in problemi profondi cosÍ da rendere probabile il suo finale autocollasso; e piÙ il sistema cresce, piÙ disastrose saranno le conseguenze del suo crollo; cosÍ può accadere che i rivoluzionari, affrettando l'inizio del crollo, riducano l'estensio- ne del disastro.
168. In secondo lugo, bisogna porre a confronto la lotta e la morte contro la perdita di libertà e dignità. Per molti di noi, la libertà e la dignità sono piÙ importanti che vivere a lungo o evi- tare il dolore fisico. Inoltre dobbiamo tutti morire alla fine, e sarebbe meglio morire combattendo per la sopravvivenza, o per una causa, che vivere una vita lunga ma vuota e senza scopo.
169.In terzo luogo, non è del tutto certo che la sopravvivenza del sistema provochi una sofferenza minoredi quella causata dal crollo dello stesso. Il sistema ha già provocato, e continua a pro- vocare, una sofferenzaimmensa in tutto il mondo. Culture anti- che che per centinaia di anni diedero alla gente una rete di rela- zioni umane e ambientali soddisfacente sono state distrutte dal contatto con la società industriale e il risultato èstato un intero catalogo di problemi economici, ambientali, sociali e psicologi- ci. Uno degli effetti dell'intromissione della società industriale è stato che in quasi tutto il mondo i controlli tradizionali sulla popolazione hanno perso il loro equilibrio. Quindi l'esplosione della popolazione, con tutto quello che implica. Inoltre vi è la sofferenza psicologica, diffusa in tutti i "fortunati" paesi dell'Oc- cidente (vedi paragrafi 44, 45). Nessune sa cosa accadrà in segui- to all'esaurimento costante dell'ozono, all'effetto serra e agli altri problemi ambienteli che per ora non possiamo ancora prevede- re. E, come la proliferazione nucleare ha mostrato, la nuova tec- nologia non può essere tenuta lontana dalle mani di dittatori e di irresponsabili nazioni del Terzo mondo. Vi piacerebbe immagi- nare cosa farebbero l'Irap o la Coorea del nord con l'ingegneria genetica.
170. “Oh!” dicono i tecnofili, “la scienza risolverà tutto! Vince- remo la carestia, elimineremo la sofferenza psicologica, rendere- mo tutti sani e felici”. SÍ, certo. Questo è quello che dicevano 2OO anni fa. Si pensava che la rivoluzione industriale avrebbe elimi- nato la povertà, reso tutti felici ecc. Il risultato reale è stato com- pletamente diverso. I tecnofili sono dei semplicisti senza speran- za (o autollusi) nella loro comprensione dei problemi sociali. Non si rendono conto (o scelgono di ignorare) che quando in una società vengono introdotti dei grandi cambiamenti, anche quando questi sembrano portare dei vantaggi, provocano una lunga serie di altri cambiamenti la maggior parte dei quali sono impossibili da prevedere (paragrafo 1O3). Il risultato è la digre- gazione della società. CosÍ è molto probabile che, nel loro tenta- tivo di porre fine alla povertà e alle malattie e di costruire docili e felici personalità, i tecnofili creeranno sistemi sociali terribil- mente agitati, persino piÙ di quelli odierni. Per esempio, gli scien- ziati si vantano di poter porre fine alla carestia creando nuove piante alimentari costruite geneticamente. Ma questo permetterà alla popolazione umana di espandersi indefinitivamente e sap- piamo bene che l'affollamento porterà a un aumento della ten- sione e dell'aggressività. Questo è semplicemente uno dei pro- blemi che si possono presagire. Noi sottolineiamo che, come pas- sare esperienze hanno mostrato, il progresso tecnico innescherà nuovi problemi e con una tale rapidità che i vecchi rimarranno irrisolti. CosÍ i tecnofili dovranno passare attraverso un lungo e difficile periodo per risolvere i difetti del loro Nuovo Mondo Coraggioso (se ci riusciranno). Nel frattempo la sofferenza sarà grande. Perciò non è chiaro se la sopravvivenza della società indu- striale significhi meno sofferenza che non il crollo della stessa. La tecnologia ha posto la razza umana in un pasticcio tale da rende- re improbabile l'esistenza di una facile via d'uscita.
Il futuro
171. Ma supponiamo ora che la società industriale sopravviva per i prossimi decenni; che i problemi alla fine siano stati risolti dal sistema e che esso funzioni perfettamente. Che tipo di siste- ma sarà? Consideriamo le differenti possibilità.
172. Per prima cosa lasciateci ipotizzare il successo degli scien- ziati del computer nello sviluppare macchine intelligenti in gra- do di fare tutto meglio degli esseri umani. In questo caso, pro- babilmente, il lavoro sarà compiuto da estesi e ben organizzati sistemi di macchine e non sarà piÙ necessario alcuno sforzo da parte dell'uomo. Due sarebbero le possibilità: permettere alle macchine di procedere automamennte senza sorveglianza uma- na, conservare il controllo umano sulle macchine.
173. Nel primo caso, non possiamo fare alcuna congettura sui risultati, perché è impossibile indovinare come tali macchine si possanocomportare. Noi sottolineamo soltantom che il destino della razza umana potrebbe essere alla mercé delle macchine. Si potrebbe sostenere che la razza umana non dovrebbe essere tan- to stupida da consegnare tutto il potere alle macchine. Ma noi pensiamo che la razza umana non dovrebbe trasferire il potere alle macchine né che le macchine dovrebbero ostinatamente impadronirsi del potere. Quello che noi sostenimo è che la raz- za umana potrebbe facilmente tollerare di scivolare in una posi- zione di tale dipendenza dalle macchine da non dover esercitare alcuna scelta pratica, accettando tutte le decisioni della macchi- na. Nel momento in cui la società e i problemi da affrontare diventassero sempre piÙ complessi, e le macchine sempre piÙ intelligenti, la gente permetterà sempre piÙ a queste ultime di prendere decisioni al suo posto semplicemente perché le decisio- ni prese dalle macchine porterebbero a migliori risultati rispetto a quelle prese dagli uomini. Alla fine potrebbe essere ragguinta una frase in cui le decisioni necessarie per far sÍ che il sistema con- tinui saranno cosÍ complesse che gli esseri umani saranno inca- paci di prederle intelligentemente. In questa fase le macchine avranno il controllo effettivo. La gente non sarà capace nemme- no di spegnere le macchine perché saranno cosÍ dipendenti da esse che spegnerle equivarrebbe al suicidio.
174. Dall'altro lato, è possibile che il controllo umano sulle mac- chine possa essere conservato. In questo caso l'uomo comune può avere un controllo su alcune macchine private di sua proprietà, come l'automobile e il personal computer, ma il controllo su siste- ma piÙ grandi sarà nelle mani di una élite molto ristretta, cosÍ come è oggi, ma con due differenze. A causa del miglioramento delle tecniche l'élite avrà un maggiore controllo sulle masse; e poi- ché il lavoro umano non sarà piÙ necessario le masse saranno superflue, un peso inutile nel sistema. Se i membri di questa éli- te sono spietati, possono semplicemente decidere di sterminare la massa dell'umanità. Se invece sono umani possono usare la propaganda o altre tecniche psicologiche o biologiche per ridur- re l'indice di natalità fino a che la massa dell'umanità si estingua lasciando il mondo a loro. Oppure, se l'élite consiste di liberali dal cuore tenero, questi possono decidere di giocare il ruolo di buoni pastori per il resto della razza umana. Faranno in modo che i bisogni fisici di tutti siano soddifatti, che tutti i bambini vengano cresciuti in condizioni psicologicamente sane, che ognu- no abbia un hobby salutare per tenersi occupato, e che gli insod- disfatti possano intraprendere un "trattamento" per curare il loro "problema". Naturalmente, la vita non avrà piÙ alcuno scopo e la gente dovrà essere costruita biologicamente o psicologicamente, sia per rmuovere il loro bisogno per il processo di potere e sia per "sublimare" la loro spinta per il potere verso quache hobby non dannoso. Questi esseri umani costruiti possono essere felici in una tale società, ma senza dubbio non saranno liberi. Saranno ridotti allo stato di animali domestici.
175. Supponiamo ora l'insuccesso da parte degli scienziati del computer nello sviluppo di un'intelligenza artificiale cosÍ da ren- dere necessario il loro umano. Persino in questo caso le mac- chine, in misura sempre maggiore, svolgeranno i compiti piÙ semplici cosÍ che sempre piÙ numerosi saranno i lavoratori uma- ni impiegati ai piÙ bassi livelli. (Questo sta accadendo. Vi sono molte persone per cui è impossibile o difficile trovare lavoro, per- ché, per ragioni intellettuali o psicologiche, non possono acqui- sire il livello di formazione adatto per rendersi utili nel presente sistema.) Pressioni sempre piÙ forti saranno esercitate sui lavora- tori. Avranno bisogno di maggior addestramento, maggiore abi- lità, e dovranno essere piÙ sicuri, conformi e docili perché saran- no sempre piÙ come cellule di un organismo di un gigante. I loro compiti saranno sempre piÙ specializzati cosÍ che il loro lavoro sarà, in un certo senso contatto con il mondo reale, essen- do concentrato solo su una fetta minuscola della realtà. Il siste- ma dovrà usare qualsiasi mezzo, sia psicologico che biologico, per rendere l'individuo docile, dotato delle capacità che il sistema richiede e per "sublimare" la sua spinta per il potere in qualche compito specializzato. Ma affermare che la gente di una tale società dovrà essere docile può richiedere una precisazione. La società può trovare utile la competitività, e fare in modo di diri- gerla in canali utili al sistema. Possiamo immaginare una società futura nella quale vi sia una competizione senza fine per posizio- ni di prestigio e di potere. Ma solo poche persone raggiungeran- no il vertice, dove risiede il solo vero potere (vedi la fine del para- grafo 162). Molto ripugnante è una società nella quale una per- sona possa soddisfare i suoi bisogni di potere semplicemente allontanando un ampio numero di altre persone dalla via e pri- vandole della loro opportunità per il potere.
176. Allo stesso tempo si possono prefigurare scenari che incor- porino aspetti di ulteriori possibilità. Per esempio, può accadere che le macchine assumano la maggior parte del lavoro di reale importanza pratica, tenendo occupati gli esseri umani con un lavorore lativamente poco importante. Si sostiene che, per esem- pio, un grande sviluppo del servizio delle industrie potrebbe for- nire lavoro agli esseri umani. CosÍ le persone dovrebbero spen- dere il tempo pulendosi le scarpe a vicenda, trasportandosi uno con l'altro in taxi, fabbricando prodotti uno per l'altro, ecc. Que- sto ci sembra un modo assolutamente disprezzabile per la fine della umanutà e dubitiamo che molti troverebbero le loro vite sod- disfacenti in tali occupazioni senza senso. Cercherebbero piutto- sto altri sfoghi pericolosi (le droghe, i crimini, i culti, i gruppi di odio), a meno che non siano costruiti biologicamente o psicolo- gicamente per adattarsi a tale modo di vita.
177. Inutile dirlo, gli scenari descritti non esauriscono tutte le possibilità. Essi trattegiano solo gli esiti che ci sembrano piÙ pro- babili. Ma noi non possiamo prefigurare alcuno scenario possi- bile che sia piÙ gradevole di quelli che abbiamo descritto. È assai probabile che se il sistema industrialetecnologico sopravviverà per i prossimi 4O-1OO anni avrà sviluppato a quel punto alcune caratteristiche generali: gli individui (almeno i "borghesi" inte- grati nel sistema, che lo fanno procedere e quindi hanno tutto il potere) saranno sempre piÙ dipendenti dalle grandi organizza- zioni; saranno sempre piÙ "socializzati" e le loro qualità fisiche e mentali saranno in misura significativa (probabilmente in gran- de proporzione) quelle che gli saranno precostituite piuttosto che il risultato del caso (o della volontà di Dio, o qualunque altra cosa); e qualunque cosa possa essere rimasto di quello che è la natura selvaggia, sarà ridotto a resti preservati per studi scientifi- ti (quindi non sarà piÙ veramente selvaggia). Nel lungo periodo (diciamo da qui a qualche secolo) è probabile che né la razza uma- na né qualsiasi altro importante organismo esisterà come noi lo conosciamo oggi, perché una volta iniziato a modificare gli orga- nismi attraverso la ingegneria genetica non vi sarà alcuna ragio- ne di fermarsi a un qualsiasi punto particolare, cosÍ che le modi- ficazioni continueranno probabilmente fino a che l'uomo e altri organismi siano completamente trasformati.
178. Qualunque possa essere lo sviluppo, è certo che la tecnolo- gia sta creando per gli esseri umani un nuovo ambiente fisico e sociale, radicalmente differente dalla serie di ambienti al quale la selezione natura ha adattato la razza umana fisicamente e psi- cologicamente. Se l'uomo non si adatta a questo nuovo ambien- te artificialmente ri-costruito allorasi adatterà attraverso un lun- go e doloroso processo di selezione naturale. Il primo caso è mol- to piÙ probabile del secondo.
179. Sarebbe meglio rovesciare l'interro, disgustoso sistema e accettarne le conseguenze.
Strategia
18O. I tecnofili ci stanno trascinando tutti in una imprudente corsa verso l'ignoto. Molti comprendono qualcosa di qquello che il progresso tecnologico ci sta facendo però assumono un atteg- giamento passivo perché pensano che sia inevitabile. Ma noi non pensiamo che sia inevitabile. Pensiamo che possa essere fermato e daremo qui alcune indicazioni su come fare.
181. Come abbiamo affermato nel paragrafo 165, i due princi- pali compiti per il presente sono promuovere tensione sociale e l'instabilità nella società industriale e sviluppare e propagare un'ideologia che si opponga alla tecnologia e al sistema indu- striale. Quando il sistema viene sottoposto a un sufficientegra- do di pressione e diventa instabile può essere possibile una rivo- luzione contro la tecnologia. Il modello dovrebbe essere simile a quello della rivoluzione francese o russa. La società francese e quella russa, molti decenni prima delle loro rispettive rivoluzio- ni mostrarono crescenti segni di instabilità e debolezza. Nel frat- tempo si sviluppavano ideologie che offrivano una nuova visio- ne del mondo, del tutto diversa da quella antica. Nel caso russo, i rivoluzionari lavoravano attivamente per minare il vecchio ordi- ne. Allora, quando il vecchio sistema fu sottoposto a una ade- guata, ulteriore difficoltà (una crisi finanziaria in francia, la scon- fitta militare in Russia) fu spazzato via dalla rivoluzione. Quello che noi proponiamo è qualcosa che segua lo stesso percorso.
182. Si obietterà che la rivoluzione francese e quella russa furo- no dei fallimenti. Ma la maggior parte delle rivoluzioni hanno due obiettivi. Uno è quello di distruggere una vecchia forma di società e l'altro di costruirne una nuova ideata dai rivoluzionari. I rivoluzionari francesi e russi fallirono (fortunatamente!) nel creare il tipo di società che sognavano, ma riuscirono in ogni caso a distruggere la forma esistente di società.
183. Ma un'ideologia, per guadagnare un sostegno entusiastico, deve avere degli ideali tanto positivi quanto negativi: deve essere per qualcosa cosÍ come contro qualcosa. L'ideale positivo che noi proponiamo è la Natura. Cioè, la natura selvaggia, quegli aspetti del funzionamento delle terra e dei suoi esseri viventi che sono indipendenti dalla gestione umana e liberi dall'interferenza e dal controllo umani. E nella natura selvaggia noi includiamo anche la natura umana, in particolare quegli aspetti del funzionamen- to dell'individuo non soggetti alla regolazione da parte di società organizate ma prodotti del caso, della liberta volontà, di Dio (a seconda delle proprie opinioni religiose o filosofiche).
184. La natura è un ideale perfetto opposto alla tecnologia per diverse ragioni. La natura (quella che è al di fuori del potere del sistema) è opposta alla tecnologia (che cerca di espandere indefi- nitamente il potere del sistema). La maggior parte delle persone concorderanno che la natura è bella; e questa bellezza ha un for- te richiamo popolare. Gli ambientalisti radicali hanno già un'i- deologia che esalta la natura e si oppone alla tecnologia. Non è necessario per il bene della natura costruire qualche chimerica utopia o qualsiasi nuovo tipo di ordine sociale. La natura si pren- de cura di sé: essa fu una creazione spontanea esistente molto pri- ma di qualunque società umana e innumerevoli differenti tipi di società umane coesistettero con la natura senza recarle un ecces- sivo danno. Solo con la riviluzione industriale l'effetto della società umana sulla natura divenne veramente devastante. Per alleviare la pressione sulla natua non è necessario creare un tipo particolare di sistema sociale; occorre solo liberarsi della società industriale. Ma anche quando questo principio fosse accettato esso non risolverebbe tutti i problemi. La società industriale ha recato inoltre un tremendo danno alla natura e passerà moltoo tempo prima di poterne curare le ferite. Persino le società prein- dustriali possono arrecare danni significativi alla natura. Nondi- meno, liberarsi della società industriale realizzerà un grande pro- getto. Alleggerirà, nei suoi aspetti piÙ devastanti, la pressione sul- la natura cosÍ da poter rimarginare le sue ferite. Toglierà alle società organizzate la capacità di aumentare il loro controllo sul- la natura (inclusa quella umana). Qualunque tipo di società pos- saesistere dopo il decesso del sistema industriale è certo che la maggior parte delle persone vivrà vicino alla natura, perché in assenza di tecnologia avanzata non vi è altro modo in cui la gen- te possa vivere. Per alimentarsi dovranno tornare a essere conta- dini, pastori, pescatori, cacciatori, ecc. E, in generale, l'autono- mia locale dovrà tornare a svolgere un ruolo significativo perché la mancanza di una tecnologia avanzata e di comunicazioni rapi- de limiteranno la capacità dei governi o delle altre grandi orga- nizzazioni di controllare le comunità locali.
185. Relativamente alle conseguenze negative che potrebbero scaturire dall'eliminazione della società industriale beh, non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca. Per ottenereuna cosa si deve sacrificarne un'altra.
186. La maggior parte delle persone odiano i conflitti psicologi- ci. Per questa ragione evitano qualunque approfondimento sui difficili temi sociali e preferiscono che gli si presentino in termi- ni semplici, tipo bianco e nero. Questo è tutto positivo e questo è tutto negativo. L'ideologia rivoluzionaria dovrebbe quindi essere sviluppata su due livelli.
187. A un livello piÙ sofisticato, l'ideologia dovrebbe indirizzarsi alle persone intelligenti, ragionevoli e razionali. L'obiettivo dovrebbe essere quello di creare un nucleo che si opponga al siste- ma industriale su una base razionale, ponderata, con piena consa- pevolezza dei problemi e delle ambiguità presenti e del prezzo che deve essere pagato per liberarsi del sistema. È particolarmente importante attrarre gente di questo tipo, persone capaci e in grado di influenzarne altre. Questi individui dovrebbero essere indiriz- zati verso un livello il piÙ razionale possibile. I fatti non dovrebbe- ro mai essere intenzionalmente distorti e il linguaggio essere sem- pre molto controllato. Questo non significa che nessun richiamo possa essere fatto alle emozioni ma, nel fare tali richiami, si deve evitare di travisare la verità o di fare qualunque altra cosa che pos- sa distruggere la rispettabilità intellettuale dell'ideollogia.
188. A un secondo livello, l'ideologia dovrebbe essere propagata in una forma semplificata che permettesse alla maggioranza immatura di cogliere il conflitto tra tecnologia e natura con chia- rezza e senza ambiguità. Ma anche a questo secondo livello l'ideo- logia non dovrebbe essere espressa in un linguaggio approssimati- vo, violento o irrazionale, che aliena il tipo di persone ragionevoli e razionali. Una propaganda meschina e smodata alcune volte rag- guinge dei risultati di grande effetto a breve termine, però potrà essere piÙ vantaggioso nel lungo periodo mantenere la lealtà di un piccolo numero di persone impegnate con intelligenza piuttosto che suscitare passioni in una folla capricciosa e irriflessiva che cam- bierà il suo atteggiamento nel momento in cui qualcun altro arri- verà esibendo un trucco propagandistico piÙ efficace. Comunque, la propaganda che agita le masse popolari può essere necessaria quando il sistema è vicino al punto di collasso e vi sia una lotta fina le tra ideologie rivali per determinare quella che diverrà dominan- te quando la visione del vecchio mondo scomparirà.
189. Prima della lotta finale i rivoluzionari non dovrebbero aspet- tarsi di avere la maggioranza dalla loro parte. La storia è fatta da minoranze attive e determinate, non dalla maggioranza, che rara- mante ha una idea chiara e precisa di quello che realmente vuole. Nel tempo necessario per arrivare allo sforzo finale verso la rivolu- zione il compito dei rivoluzionari sarà quello di costituire un pic- colo nucleo di persone profondamente coinvolte piuttosto che cercare di guadagnarsi il favore della massa. Per quanto riguarda la maggioranza, sarà sufficiente renderla consapevole dell'esistenza della nuova ideologia e ricordargliela con frequenza: sebbene, naturalmente, sia desiderabile avere il sostegno dalla maggioranza fino al punto in cui questo possa essere ottenuto senza indebolire il nucleo delle persone seriamente coinvolte.
19O. Qualunque tipo di conflitto sociale contribuisce a destabi- lizzare il sistema ma bisogna fare attenione al tipo di conflitto che si incoraggia. La linea del conflitto dovrebbe essere tracciata tra la massa delle persone e l'élite detentrice del potere nella società industriale (politici, scienzianti, dirigenti di affari di livel- lo superiore, funzionari del governo, ecc.). Non dovrebbe essere tracciata tra i rivoluzionari e la massa delle persone. Per esempio, sarebbe una cattiva strategia per i rivoluzionari condannare gli americani per le loro abitudini consumistiche. L'americano medio dovrebbe essere invece ritratto come una vittima della industria del marketing e della pubblicità, che loha truffato facendogli comprare un muccio di rifiuti di cui non ha bisogno e che questo è un piccolo risarcimento rispetto alla sua perdita di libertà. Ogni opproccio deve essere supportato dai fatti. È solo una questione di atteggiamento: biasimare l'industria pubblici- taria per la sua manipolazione del pubblico o biasimare il pub- blico per essersi lasciato manipolare. Per una questione di strate- gia si dovrebbe evitare di biasimare il pubblico.
191. Prima di incoraggare qualunque altro conflitto sociale ci si dovrebbe dedicare sollevare conflitti tra l'élite detentrice del potere (che possiede la tecnologia) e il pubblico generale (sul quale la tecnologia esercita il suo potere). Bisogna infatti consi- derare per prima cosa che troppi scontri tendono a distrarre l'at- tenzione dai conflitti importanti (tra l'élite del potere e la gente comune, tra la tecnologia e la natura); dall'altra parte nuovi con- trasti possono realmente incoraggiare la tecnologizzazione, per- ché ogni parte, in tale guerra, potrebbe voler usare il potere te- cnologico per guadagnare vantaggi sul suo avversario. Questo si vede chiaramente nelle rivalità tra nazioni e nelle lotte etniche all'interno di nazioni. Per esempio, in America molti leader neri sono ansiosi di ottenere potere per gli afro-americani facendo arri- vare individui neri nella élite del potere tecnologico. Vogliano che ci siano molti funzionari di governo neri, scienziati, dirigenti di grandi aziende e cosÍ via. In questo modo aiutano all'assorbi- mento della subcultura afro-americana da parte del sistema tec- nologico. In generale si dovrebbero incoraggiare solo quei con- flitti sociali che possono essere inseriti nella struttura della lotta tra l'élite di potere e la gente comune, la tecnologia e la natura.
192. Una difesa militante dei diritti delle minoranze non è la maniera per scoraggiare un conflitto etnico (vedi paragrafo 22, 29). Invece i rivoluzionari dovrebbero insistere sul fatto che, anche se le minoraze soffrono uno svantaggio piÙ o meno dan- noso, questo svantaggio è di significato marginale. Il nostro nemi- co vero è il sistema industriale-tecnologico e nella lotta contro il sistema le distinzioni etniche non hanno importanza.
193. Il tipo di rivoluzione che abbiamo in mente non implica necessariamente una ribellione armata contro il governo. Può o no implicare violenza fisica, ma non sarà mai una rivoluzione politica. Il suo epicentro sarà la tecnologia e le economie, non le politiche.
194. Probabilmente i rivoluzionari dovrebbero evitare persino di assumere il potere politico, sia con mezzi legali o illegali, fintan- to che il sistema industriale non sia talmente sotto pressione da giungere a un punto di un ritorno, dimostrando cosÍ di essere un fallimento agli occhi della maggioranza della gente. Suppo- niamo, per esempio, che un qualche partito "verde" ottenesse con una elezione il controllo del Congresso degli Stati Uniti. Per evi- tare di tradire o di annacquare la sua ideologia dovrebbe prende- re rigide misure per mutare la crescita economica in una contra- zione economica. All'uomo comune i risultati apparirebbero disastrosi: massicciadisoccupazione, penuria di comodità, ecc. Persino se fossero evitati gli effetti negativi piÙ evidenti, attra- verso una abile direzione sovra-umana la gente dovrebbe abban- donare i lussi da cui dipendeva. Crescerebbe l'insoddisfazione, il partito "verde" subirebbe un crollo di voti e i rivoluzionari subi- rebbero un duro rovescio. Per questa ragione i rivoluzionari non dovrebbero cercare di acquisire il potere politico fintanto che il sistema non sia arrivato a creare un tale disordine che qualunque privazione sarebbe vista come risultato dei fallimenti del sistema industriale stesso e non delle politiche dei rivoluzionari. La rivolu- zione contro la tecnologia con tutta probabilità sarà la rivoluzio- ne dal basso e non dall'alto.
195. La rivoluzione deve essere internazionale e planetaria. Non può essere condatta su base nazionale. Ogni qualvolta si sostie- ne che gli Stati Uniti, per esempio, dovrebbero rallentare il pro- gresso tecnologico o la crescita economica la gente diventa iste- rica e incomincia a urlare che se noi abbassassimo il livello tec- nologico i giapponesi ci supererebbero. Sacri Robor! Il mondo esce dalla sua orbita se il giapponese vende piÙ macchine di noi! (Il nazionalismo è il grande fautore della tecnologia.) PiÙ ragio- nevolmente si sostiene che se le nazioni relativamente democra- tiche abbassassero il proprio livello tecnologico mentre le disgru- stose nazioni dittatoriali, come la Cina, il Vietnam e la Corea del nord, contnuano a progredire, alla fine i dittatori protrebbero arrivare a dominare il mondo. Queesta è la ragione per la quale il sistema industriale dovrebbe essere attaccato in tutte le nazioni simultaneamente, per quanto possibile. È vero, non vi è certezza che il sistema industriale possa essere distrutto quasi nello stesso momento in tutto il mondo, ed è persino possibile che il tenta- tivo di rovesciare il sistema possa portare invece al dominio del sistema da parte dei dittatori. Questo è un rischio che deve esse- re preso in considerazione. E vale la pena considerarlo, visto che la differenza tra un sistema industriale "democratico" e uno con- trollato da dittatori è piccola, paragonata alla differenza tra un sistema industriale e uno non industriale. Si potrebbe persino s ostenere che un sistema industriale controllato da dittatori sareb- be preferibile, perché i sistemi controllati da dittatori normal- mente si sono dimostrati inefficienti, quindi è più probabile che crollerebbero spontaneamente. Vedi Cuba.
196. I rivoluzionari dovrebbero favorire misure tendono a legare l'economia del modo in un meccanismo unico. Trattati di libero commercio come Nafta e il Gatt sono probabilmente dannosi per l'ambiente nel breve periodo, ma nel lungo periodo possono forse essere vantaggiosi perché incoraggano l'interdi- pendenza economica tra le nazioni. Sarà piÙ facile distruggere il sistema industriale su base planetaria se l'economia del mondo è cosÍ unita che il collasso in una delle sue maggiori nazioni pro- voca il crollo delle altre nazioni industrializzate.
197. Alcune persone ritengono che l'uomo moderno abbia trop- po potere, troppo controllo sulla natura; sostengono un atteg- giamento piÙ passivo da parte della razza umana. Il minimo che si possa dire è che queste persone non si esprimono chiaramen- te, perché non riescono a distinguere tra potere di grandi orga- nizzazioni e potere di individui e piccoli gruppi. È un errore soste- nere l'impotenza e la passività perché la gente ha bisogno del pote- re. L'uomo moderno come una entità collettivi - cioè il sistema industriale - ha un immenso potere sulla natura e noi conside- riamo ciò negativo. Ma gli individui e i piccoli gruppi di indivi- dui hanno molto meno potere degli uomini primitivi. In gene- rale, l'ampio potere dell'"uomo moderno" sulla natura è eserci- tato non dagli individui o piccoli gruppi ma da grandi organiz- zazioni. Fino al punto che l'individuo moderno può dominare il potere della tecnologia ma ciò gli viene permesso solo entro stret- ti limiti e solo la supervisione e il controllo del sistema (hai bisogno di una patente per qualunque cosa e con la patente arri- vano le regole e i regolamenti). L'individuo riceve solo quei pote- ri tecnologici che il sistema sceglie di concedergli. Il suo potere personale sulla natura è minimo.
198. Gli individi primitivi e i piccoli gruppi in realtà avevano un considerevole potere sulla natura, o forse sarebbe meglio dire potere dentro la natura. Quando l'uomo primitivo aveva bisogno di cibo sapeva come trovarlo e si nutriva di radici commestibili, sepeva come seguire le tracce e come preparare armi rudimenta- li. Conosceva il modo di proteggersi dal caldo, dal freddo, dalla pioggia, dagli animali e dai pericoli ecc. Ma l'uomo primitivo danneggiava la natura relativamente poco perché il otere collet- tivo della società primitiva era insignificante in confronto al pote- re collettivo della società industriale.
199. Invece di sostenere l'impotenza e la passività si dovrebbe sostenere che il potere del sistema industriale dovrebbe essere abbattuto, e che ciò aumenterebbe grandemente il potere e la libertà degli individui e dei piccoli gruppi.
2OO. Fino a che il sistema industeriale non sarà distrutto comple- tamente la distruzione di quel sistema deve essere l'inico obietti- vo dei rivoluzionari. Altri obiettivi distrarrebbeo l'attenzione e l'enegia dall'obiettivo principale. Cosa ancora piÙ importante, se i rivoluzionari acconsentono a spostare la loro attenzione ver- so un obiettivo diverso dalla distruzione della tecnologia, saran- no tentati di usare la tecnologia come uno strumento per rag- giungere l'altro obiettivpo. Se essi accettano questa tentazione rica- dono giusto nella trppola tecnologia, perché la tecnologia moderna è un sistema unico, ermeticamente organizzato, cosÍ che per conservare qualche tecnologia ci si trova obbligati a conser- vare la maggior parte della tecnologia, quindi si finisce col sacri- ficare solo quantità simboliche di tecnologia.
2O1. Supponiamo per esempio che i rivoluzionari prendano come obiettivo la "giustizia sociale". Essendo la natura dell'esse- re umano quella che è, lagiustizia sociale non si instaurerebbe spontaneamente; dovrebbero essere sostenuta. Per sostenerla i rivo- luzionari dovrebbero conservare l'organizzazione centrale e il controllo. Per questo avrebbero bisogno di trasporti rapidi a lun- ga distanza e di comunicazioni, e quindi di tutta la tecnologia richiesta per mantenere i sistemi di comunicazione e di traspor- to. Per nutrire e vestire la povera gente dovrebbero usare la tec- nologia agricola e manufatturiera. E così via. CosÍ il tentativo di assicurare la giustizia sociale li fozerebbe a conservare la maggior parte del sistema tecnologico. Non che abbiamo qualcosa contro la giustizia sociale, ma non si può permettere che interferisca con il tentativo di liberarsi dal sistema tecnologico.
2O2. Sarebbe ingenuo per i rivoluzionari attaccare il sistema sen- za usare qualche tecnologia moderna. Se non altro perché occor- rono i mezzi di comunicazione per diffondere il messaggio. Ma dovrebbero usare la tecnogia moderna solo per uno scopo: attaccare il sistema tecnologico.
2O3. Immaginiamo un alcolizzato seduto di fronte a una botte di vino. Immaginiamo che egli comici col dire a sé stesso: “Il vino non ti fa danno se usato con moderazione. Perché, dicono, le piccole dosi di vino ti fanno persino bene! Non mi farà alcun male sorseggiarne un pò”. Sappiamo bene come va a finire. Non dimenticare che la razza umana rispetto alla tecnologia è un alco- llzzato di fronte a botte di vino.
2O4. I rivoluzionari dovrebbero avere piÙ bambini possibili. È provato con sufficiente scientificità che le attitudini sociali sono, per gran parte, ereditarie. Nessuno sostiene chel'attitudine socia- le è un esito diretto della costituzione genetica di una persona ma sembra che le caratteristiche della personalità tendano, dentro il contesto della nostra società, a rendere più probabile che una per- sona assuma un determinato atteggiamento sociale. Obiezioni a queste conclusioni sono state mosse, ma sono deboli e sembrano essere motivate ideologicamente. In ogni caso, nessuno nega, in genere, diavere atteggiamenti sociali simili a quelli dei suoi geni- tori. Dal nostro punto di vista non importa troppo se le attitu- dini siano trasmesse geneticamente o attraverso l'educazione. In entrambi i casi esse vengono trasmesse.
2O5. Il problema è che molti di coloro che sono inclini a ribel- larsi contro il sistema industriale sono interessati anche ai pro- blemi della popolazione, quindi sono inclini ad avere pochi o nes- sun bambino. In questo modo essi consegnano il mondo a colo- ro che sostengono o almeno accettano il sistema industriale. Per assicurare la forza della prossima generazione di rivoluzionari la generazione attuale deve riprodursi abbondantemente. Ciò peg- giorerà il problema della popolazione solo leggermente, e la cosa più importante è liberarsi del sistema industriale perché, una vol- ta distrutto, la popolazione del mondo necessariamente decre- scerà (vedi il paragrafo 166). Al contrario, se il sistema industriale sopravvive continuerà a sviluppora nuove tecniche di produzio- ne di cibo che potranno permettere alla popolazione del mondo di continuare a crescere in modo del tutto incalcolabile.
2O6. Riguardo alla strategia rivoluzionaria l'unico punto su cui insistiamo molto è che l'obiettivo primario deve essere l'elimina- zione della tecnologia moderna e nessun altro obiettivo può com- petere con questo. Per il resto, i rivoluzionari dovrebbero avere un approccio empirico. Se l'esperienza indica che alcune racco- mandazioni dei paragrafi precedenti non danno buoni risultati, allora quelle stesse raccomandazioni dovrebbero essere scartate.

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