domenica 28 agosto 2011

MANIFESTO HARDLINE

oggi propongo il manifesto hardline, con qualche modifica. premetto di non essere totalmente d'accordo con tutti i punti specialmente per quanto riguarda la negazione estremista del sesso promiscuo, essendo straight edge rifiuto il sesso irrispettoso, ovvero cornice in cui una persona usa e sfrutta un altra come se fosse un oggetto meramente sessuale, un ricettaccolo di sfoghi ed impulsi, questa cultura è radicata nella società in cui le persone non sono più tali ma solo oggetti sessuali ridotti a dei semplici corpi e buchi. rifiutare il sesso occasionale in sè non ha senso e negare a se stessi l'evoluzione approfondita (ovvero fisica) della conoscenza di una persona solo perchè ciò è avvenuto in maniera occasionale è meramente limitativo, quindi quello che dovremo rifiutare è il sesso irrispettoso (esso può presentarsi occasionalmente o no) per arrivare a una vera sessualità libera da ogni tipo di sfruttamento.
per quanto riguarda invece la degenerazione bigotta, sessista, omofoba, e religiosa del movimento hardline, mi trovo assolutamente contrario, ma originariamente offriva qualcosa di veramente buono ad esempio l'accostamento ad altri movimenti come l'a.l.f, l'e.l.f, e l'ideologia anarchica in generale.



Manifesto
“E' giunta l'ora che un'ideologia, un movimento, abbastanza forte sia fisicamente che
moralmente, dichiari guerra a chi altera costantemente il ciclo naturale della nostra vita e
sfrutta senza rimorsi Madre Natura; un movimento che rifiuti compromessi e tentazioni,
un movimento che enfatizzi la massima responsabilità individuale, che sia privo di
contraddizioni e inconsistenze. E’ facile rendersi conto come una qualsiasi entità fisica di
oppressione, sia essa di natura economico/finanziaria, sia essa di origine
religioso/spirituale, non è altro che una manifestazione abominevole di valori tenuti in
gioco da chi ha il potere istituzionale di influenzare la nostra cultura e la nostra capacità
di riflettere criticamente. E’ necessario non fossilizzarsi nella lotta di cause singole,
facilmente isolabili, bensì cercare di riassumere le nostre azioni in un programma globale
di rivolta logicamente studiato per ottenere la liberazione di chi, ancora oggi, è
schiavizzato da pregiudizi e tradizioni disumane e dalle innumerevoli sanguinarie logiche
di mercato. La vita, sotto qualunque forma essa si manifesti, deve essere considerata
sacra. Fino a quando si negherà rispetto verso tutte le forme di vita, tirannia e
oppressione spingeranno la società verso il degrado più totale, alimentando quelle piaghe
che torturano l’umanità quali razzismo, sessismo, omofobia, sfruttamento animale,
specismo….Cerchiamo di raggiungere i nostri scopi adattando i metodi di azione diretta in
completa armonia con Madre Natura. Tutto questo non vuole rimanere un’interpretazione
teorica di giustizia, bensì detta anche pratiche di comportamento nella vita quotidiana.
Per essere liberi da dipendenze nocive ed autodistruttive, neghiamo categoricamente l’uso
di sostanze tossiche includendo tabacco, alcool, caffeina o qualsiasi altra droga, sia essa
legale o illegale, leggera o pesante, così come neghiamo un’incontrollata e squallida
attività sessuale, basata esclusivamente sull’appagamento fisico senza coinvolgimento
emotivo, che spesso comporta conseguenze disastrose come aborti clandestini, gravidanze
indesiderate, sovrappopolazione, e che devia il senso primario di sesso inteso sia come
forma di scambio di energia e rispetto fra due persone che come mezzo di riproduzione.
Essendo in difesa di ogni forma di vita, consideriamo assolutamente disumano sfruttare
vite innocenti, abolendo di conseguenza l’uso e il consumo di qualsiasi prodotto di
derivazione animale o che comunque contenga ingredienti di origine animale; essi
comprendono carne, latte, uova, miele, pelle, prodotti raffinati, cosmetici o farmaci testati
e tutto ciò che comporti crudeltà. Vogliamo enfatizzare l’importanza di liberare gli
animali tramite azioni dirette e decise e non tramite sterili sensibilizzazioni che fino ad
ora hanno comportato risultati di scarsa rilevanza. Solo con queste convinzioni,
consapevoli di non ottenere il consenso delle masse, possiamo opporci in maniera adeguata
contro chi continua ad inquinare i nostri mari, ad uccidere l’aria che respiriamo,
annientare con la propria superficialità le bellezze del nostro ecosistema e a calpestare i
diritti fondamentali di chi popola la nostra Terra. Chi sfrutta gli innocenti non può e non
deve rimanere impunito, ogni nostra azione può comportare un cambiamento
radicale...Non ci può e non ci deve essere compromesso.”

Gli esseri umani e Gaia

Come si è visto, la credenza che l’uomo sia l’unico animale che modifica il proprio ambiente è profondamente sbagliata, dato che tutti gli organismi viventi contribuiscono a modificare l’ambiente in cui vivono.
E allora, se quando modifichiamo la terra, in teoria, facciamo una cosa del tutto naturale, perché dovremmo preoccuparcene? Le nostre azioni sono davvero dannose? Non potrebbe essere che in realtà il pianeta, Gaia, sia in grado di garantire la stabilità nonostante tutto il nostro presunto inquinamento?
Dopotutto Gaia, cioè la vita sulla terra, esiste da miliardi di anni e nella sua storia è riuscita a superare brillantemente crisi anche molto gravi.
La prima grave forma di inquinamento planetario, ad esempio, è stata ad opera dei batteri che hanno inventato la fotosintesi e che hanno cominciato ad emettere nell’atmosfera ossigeno, un gas molto tossico che ha creato una crisi ambientale molto grave e messo in difficoltà gli altri organismi viventi.
Da questa crisi ambientale, però, si sono evoluti gli organismi respiratori di cui noi facciamo parte. Si può quindi affermare che, dal nostro punto di vista, la crisi planetaria legata alla comparsa dell’ossigeno, sia stata positiva.
Certo, verissimo. Ma andatelo a dire a tutte quelle specie che rimasero uccise per intossicazione da ossigeno.
Il punto è proprio questo: l’umanità ha proliferato in un certo tipo di configurazione stabile di Gaia, non è detto però che possa trovarsi così perfettamente a suo agio in altre configurazioni, altrettanto stabili, ma diverse!
La teoria di Gaia mostra come l’attività degli esseri umani stia portando gli attuali sistemi di regolazione delle caratteristiche chimico-fisiche della terra oltre i limiti della configurazione da noi conosciuta, e il problema più grave è dato dal fatto che solitamente, nei sistemi complessi, le transizioni tra diverse configurazioni stabili avvengono in modo caotico, non in modo lineare come ci si potrebbe ingenuamente aspettare.
Ma in quale modo gli esseri umani stanno forzando i meccanismi di regolazione della terra?
Innanzi tutto, bisogna dire che l’inquinamento è sempre dato dalla quantità.
In natura infatti non esiste inquinamento: il letame prodotto da un bovino al pascolo alimenta e nutre le piante. Il letame prodotto da 100 bovini allevati in un campo troppo piccolo, però, rappresenta un vero e proprio inquinamento e distrugge l’erba di cui gli animali si nutrono.
Il più grande danno che arrechiamo alla terra (e dunque la più grande minaccia alla nostra sopravvivenza), è probabilmente costituito dall’agricoltura.
Tra non molto, avremo sostituito più di due terzi degli ecosistemi naturali terrestri con sistemi agricoli, e quando si sostituiscono le foreste naturali con coltivazioni o allevamenti di bestiame, si diminuisce notevolmente la capacità della superficie terrestre di controllare il proprio clima e i processi chimici.
Gli ecosistemi umani con cui si sostituiscono quelli naturali (terreni agricoli e territori urbani), sono vantaggiosi per noi, ma si rivelano pesantemente inefficienti per la regolazione di Gaia.
Qualunque tipo di organismo, infatti, per il fatto stesso di esistere, tende ad allontanare Gaia dal suo attuale equilibrio. Tutti gli organismi hanno un metabolismo che di per sé creerebbe situazioni di squilibrio. Un pianeta monocultura (e l’agricoltura moderna tende verso questa direzione), è quindi un esperimento mentale che non ha possibilità di esistere nella realtà.
Certamente, come succede con tutti i sistemi viventi, c’è molta sovrabbondanza e molte cose si possono distruggere e sostituire con ecosistemi produttivi (in termini umani), ma inefficienti (per Gaia) senza eccessive perdite; e tuttavia quella sovrabbondanza di Gaia non è un lusso, perché serve a far fronte a sollecitazioni anomale.
Tutti noi possiamo cavarcela con un solo rene, ma sarebbe imprudente toglierne uno e venderlo se si deve attraversare il deserto a piedi, affrontando lo stress della disidratazione.
La foresta tropicale mantiene fresca e umida la propria regione; facendo evaporare immense quantità di acqua mantiene una copertura bianca di nubi che riflettono la luce solare e portano la pioggia, contribuendo così al raffreddamento dell’intero pianeta.
L’esempio più noto delle conseguenze della deforestazione è quello di Harrapan, nel Pakistan occidentale. Un tempo la regione era coperta di foreste e soggetta ad abbondanti piogge durante la stagione dei monsoni: un ottimo esempio di ecosistema forestale autosufficiente.
La foresta fu gradualmente abbattuta per fare posto a nuovi pascoli e nuovi campi.
Le precipitazioni nella regione continuarono finché più della metà delle foreste non fu abbattuta, dopodichè la regione divenne improvvisamente arida e anche la foresta restante scomparve.
Adesso la regione è talmente arida che, come semideserto, può mantenere soltanto una piccola percentuale degli abitanti e degli altri organismi che un tempo vi vivevano. E tutta la Terra è un pochino più calda.
In realtà, nessuna delle agonie ambientali a cui stiamo assistendo avrebbe assunto dimensioni percepibili se al mondo ci fossero solo 50 milioni di esseri umani e anche se ce ne fossero un miliardo, questi problemi sarebbero conte-nibili. La popolazione mondiale, però, si stabilizzerà su un numero vicino ai 10 miliardi e non c’è più molto tempo per rendersi conto che l’umanità sta andando incontro a rischi molto grossi se non capirà che la natura non è solamente una fonte di risorse e materia di esclusivo valore economico.
Quello che è certo è che non è Gaia ad essere in pericolo.
E neanche la specie umana rischia più di tanto anche se si verificassero le previsioni peggiori sui cambiamenti climatici per i prossimi decenni. Lo stesso non si può dire però per la società così come la intendiamo: sconvolgimenti climatici bruschi (Abrupt Climate Change, o ACC), di cui si parla recentemente, con conseguente innalzamento di diversi metri degli oceani, possono significarne la fine.

Per concludere con parole di Lovelock:
"L'essere umano è sul pianeta da almeno un milione di anni, perché dovrebbe estinguersi proprio ora? Le singole civiltà sono invece più fragili. Negli ultimi 5000 anni sono una trentina circa quelle scomparse che hanno lasciato solo ossa, pezzi d'artigianato o scritti dietro di sé. Per questo non c'è nessun motivo di pensare che la nostra civiltà sia imperitura. Unica consolazione: malgrado quello che vediamo oggi, l'intelligenza media dell'uomo aumenta con il passare dei secoli".

Sarà vero?!

La società organica di Murray Bookchin

Tratto da: L'ecologia della libertà; emergenza e dissoluzione della gerarchia

alcuni estratti
L'idea che il destino dell'uomo sia di dominare la natura non è affatto un tratto universale della cultura umana. Quanto meno, quest'idea e completamente estranea alla concezione del mondo propria alle comunità cosiddette primitive o preletterate. Non mi stancherò mai di sottolineare che questo concetto e emerso molto gradualmente in seno ad una più vasta trasformazione sociale: il progressivo dominio dell'uomo sull'uomo. Il crollo dell'uguaglianza primordiale, sostituita da un sistema gerarchico d'ineguaglianze, la disintegrazione dei gruppi di parentela primitivi in classi sociali, la dissoluzione delle comunità tribali in città ed infine l'usurpazione dell'amministrazione sociale da parte dello Stato, sono tutti fattori che hanno concorso a modificare profondamente non solo la vita sociale ma anche l'atteggiamento reciproco delle persone, la visione che l'umanità aveva di se stessa e, infine, il suo atteggiamento verso il mondo naturale. Per molti aspetti, ci arrovelliamo ancor oggi con i problemi scaturiti da queste trasformazioni generali. Solo se esaminiamo gli atteggiamenti di certe popolazioni preletterate possiamo, forse, valutare fino a che punto il dominio abbia finito con il plasmare oggi i pensieri più intimi e le più minute azioni dell'individuo.
Sino a poco tempo fa, il dibattito sulla concezione del mondo delle società preletterate era complicato dall'opinione che le operazioni logiche di quelle popolazioni fossero nettamente diverse dalle nostre. Parlare di ciò che e stata definita la "mentalità primitiva" come di un fenomeno "prelogico", per usare l'infelice termine di Levy-Bruhl, o di "pensiero non lineare", come è stato recentemente definito nel linguaggio della mistica mitopoietica, e frutto di una lettura preconcetta della sensibilità sociale primitiva. Da un punto di vista formale, in realtà, le società preletterate erano e sono obbligate, nell'occuparsi degli aspetti più mondani dell'esistenza, a pensare proprio nel nostro stesso modo "lineare". Nonostante i loro limiti in termini di saggezza e di concezione del mondo, le operazioni logiche convenzionali sono necessarie alla sopravvivenza: le donne raccoglievano i frutti, gli uomini forgiavano gli strumenti per la caccia ed i bambini inventavano i loro giochi secondo procedure logiche strettamente affini alle nostre. Non e questa somiglianza formale tuttavia che più mi interessa nell'esaminare la concezione che il mondo preletterato ha della società. Ciò che e significativo nelle differenze di prospettiva tra noi ed i popoli preletterati e che, mentre questi ultimi pensano come noi in senso strutturale, il loro pensiero si forma in un contesto culturale fondamentalmente diverso dal nostro. Anche se le loro operazioni logiche possono essere formalmente identiche alle nostre,
i loro valori differiscono qualitativamente dai nostri. Quanto più procediamo a ritroso verso le comunità senza classi economiche e senza Stato politico comunità che possono ben essere definite società organiche per la forte solidarietà interna e con il mondo naturale tanto maggiori prove troviamo di una visione della vita che si rappresenta le persone, le cose e le relazioni in termini di unicità anziché in base ad una loro "superiorità" o "inferiorità". Per queste comunità gli individui e le cose non erano necessariamente migliori o peggiori, ma semplicemente dissimili.
Ognuno veniva valutato per se stesso, per le sue caratteristiche uniche. Il concetto di autonomia individuale non aveva ancora acquisito la " sovranità " fittizia assunta oggi.
Il mondo veniva percepito come un insieme composto da molte parti differenti, ognuna delle quali indispensabile alla sua unità ed armonia. L'individualità, finché non entrava in conflitto con l'interesse comunitario da cui dipendeva la sopravvivenza di tutti, era vista più in termini di interdipendenza che di indipendenza. La diversità, all'interno della più vasta trama comunitaria, era considerata un carattere fondamentale dell'unità sociale.
Nelle varie società organiche in cui prevale ancora questa concezione, concetti come "uguaglianza" e "libertà", restano indefinibili. Come osserva Borothy Lee con acuta sensibilità :
L'uguaglianza esiste nella natura stessa delle cose, come corollario alla struttura democratica della cultura e non come principio che deve essere applicato. In queste società non ci si prefigge l'uguaglianza come obiettivo da raggiungere, ed in realtà non esiste neppure il concetto stesso d'uguaglianza. Spesso, manca persino un qualsivoglia meccanismo per formulare paragoni. Ciò che si riscontra e un rispetto assoluto per l'uomo, per tutti gli individui indipendentemente dal sesso e dall'età.
[…]
La coercizione nei confronti dei bambini, nella maggior parte delle comunità preletterate, era così rara sin dai primissimi anni che gli osservatori occidentali si sono spesso stupiti dalla gentilezza con cui i cosiddetti primitivi trattavano i più insopportabili dei loro figli. E tuttavia, nelle comunità preletterate i genitori non erano "permissivi"; semplicemente essi rispettavano la personalità dei loro bambini allo stesso modo in cui rispettavano quella degli adulti della loro comunità. Sino a quando non comincio ad emergere la gerarchia, il comportamento quotidiano dei genitori favoriva nella vita dei loro figli una continuità quasi ininterrotta tra gli anni dell'infanzia e l'età adulta. Farley Mowatt, un biologo vissuto nelle più desolate lande canadesi tra le ultime bande di Esquimesi Ihalmiut, ha notato che se un ragazzino desiderava diventare cacciatore non veniva preso in giro per la sua presunzione, né veniva trattato con divertita condiscendenza. Al contrario, suo padre con molta serietà gli costruiva un minuscolo arco ed alcune frecce, che erano armi vere e proprie e non giocattoli. Il ragazzino partiva quindi per la caccia, incoraggiato con le stesse tradizionali parole di buona fortuna che gli Ihalmiut usano per gli adulti esperti.
Al suo ritorno, ci racconta Mowatt,
viene salutato gravemente come se fosse suo padre. L'intero campo s'informa di come sia andata la caccia e lui può aspettarsi la stessa derisione per l'insuccesso o lo stesso plauso se e riuscito ad uccidere un piccolo uccello, cui andrebbe incontro un uomo adulto. Così gioca, e impara, senza lo spettro della riprovazione dei genitori
e senza la costrizione della paura [Farley Mowatt, The People of the Deer, Pyramid Publications, New York. 1968. p. 142]
Gli Ihalmiut non sono un'eccezione. Le relazioni genuinamente non autoritarie riscontrate da Mowatt tra bambini e adulti esquimesi sono del tutto comuni alle società organiche che ancora sopravvivono. E riguardano non solo i rapporti tra bambini ed adulti, ma anche i comuni concetti di proprietà, scambio e leadership.
[...]
Comunque sia, alcune decine di migliaia di anni fa, in un'area compresa tra il Mar Caspio ed il Mediterraneo, bande nomadi di cacciatori-raccoglitori cominciarono a sviluppare un sistema primitivo di orticoltura, si insediarono in piccoli villaggi e si rivolsero ad attività agrozootecniche.
All’incirca quattro-cinquemila anni dopo, gli Indiani del Messico centrale ebbero, in modo del tutto indipendente,
un'evoluzione simile. Furono probabilmente le donne a dar inizio allo sviluppo dell’orticoltura. Prove di questa affermazione si riscontrano nello studio della mitologia e nelle comunità preletterate esistenti che basano ancora la propria tecnica orticola sulla zappa. In questo remoto periodo di transizione, quando un senso di appartenenza ad un suolo comunitario relativamente fisso prendeva sempre più il posto di una concezione nomade, la vita sociale cominciò ad acquisire qualità unitarie completamente nuove che (prendendo a prestito un termine coniato da Erich Fromm) possono essere definite matricentriche. Utilizzando questo termine, non intendo dire che le donne esercitassero una qualche forma di sovranità istituzionale sugli uomini o che avessero raggiunto una posizione dominante nella gestione della società. Semplicemente intendo che la comunità, nell'allontanarsi da un certo grado di dipendenza verso la caccia e gli animali migratori, cominciò a spostare il proprio immaginario sociale dal maschio cacciatore alla femmina raccoglitrice, dal predatore al procreatore, dai fuochi dei bivacchi al focolare domestico, dai tratti culturali associati al padre a quelli associati alla madre (15). Si tratta essenzialmente d'uno spostamento d'accento culturale. " Le parole "casa e madre" si inscrivono in ogni fase dell'agricoltura neolitica ", osserva Lewis Mumford, " ed in particolare nei nuovi villaggi, identificabili grazie alle fondamenta
delle case e delle tombe ". Si può concordare con Mumford che era probabilmente la donna quella che
si occupava dell'orto e che ha realizzato quei capolavori di selezione e di incrocio che hanno trasformato le specie spontanee in varietà domestiche altamente produttive e nutritive; fu la donna che costruì i primi recipienti, intrecciando panieri e modellando vasi di creta...
Senza questo lungo periodo di sviluppo agricolo e domestico, non si sarebbe avuto quel surplus di cibo e di manodopera che rese possibile la vita urbana (16).
Oggi, preferiremmo forse sostituire alcune delle parole usate da Mumford, come il termine " agricoltura ", di cui egli fa un uso troppo generico, un termine che gli uomini, con la produzione in massa di vegetali e animali, avrebbero esteso ben oltre la scoperta femminile dell'orticoltura. Preferiremmo limitare " casa e madre " alle prime fasi del Neolitico anziché a " tutte le fasi ". Similmente, quando cessa la selezione delle varietà di piante edibili e cominciano gli incroci per produrre nuove varietà ci troviamo di fronte ad un interfaccia estremamente confusa nella preistoria della coltivazione del cibo. Comunque, lo spirito delle considerazioni di Mumford è oggi ancora più valido di quanto non lo fosse due decadi fa, quando un'antropologia brutalmente maschilista le avrebbe rifiutate tacciandole di sentimentalismo.

Note:
(15) Da quando queste righe furono scritte per la prima volta (1970), sono stati pubblicati diversi lavori che fanno risalire alcuni di questi aspetti ad una fase dello sviluppo umano caratterizzata dai cacciatori-raccoglitori del Paleolitico, o ancora prima ad un più remoto stadio di ominidi vegetariani. Pur con alcune differenze tra loro, questi autori generalmente vedono le comunità di cacciatori-raccoglitori come società realmente pacifiche, egualitarie e probabilmente matricentriche. Questa immagine contrasta profondamente con la realtà dell'agricoltore (palesemente ricalcata, a mio avviso, sui tratti d'un assai più moderno contadino spilorcio) centrata su un maschio calcolatore, solido ed arcigno (per prendere in prestito l'immagine di Paul Shepard), che presiede su una grande ed obbediente famiglia, passata da una vita spensierata basata sulla caccia ad una dura disciplina lavorativa giornaliera basata sulla coltivazione del cibo. Marshall Sahlins ha persino descritto
"l'economia dell'età della pietra" dei cacciatori-raccoglitori come "l'originaria società dell'abbondanza" poiché i bisogni erano così semplici e l'equipaggiamento per vivere così mobile che le persone potevano veramente godersi la vita e godere d'una notevole autonomia personale. Elisabeth Fisher ha spinto questa immagine primitiva dei cacciatori-raccoglitori sino al punto da sostenere che il matriarcato è realmente esistito solo fintantoché gli uomini non ebbero associato il coito con il concepimento; un'associazione che venne fatta per la prima volta quando vennero piantati i semi nella terra e gli animali vennero fatti riprodurre a mio avviso sarebbe esatto dire selezionati in base alla loro docilità.
Io non condivido questi punti di vista. Non solo li trovo semplicistici ma addirittura regressivi. Lasciando da parte il significato di sviluppi sociali cruciali quali scrittura, urbanesimo, arti tecniche e rudimenti della scienza (nessuno dei quali avrebbe potuto essere sviluppato dai nomadi del Paleolitico) sono convinto che le argomentazioni a favore dell’epoca dei cacciatori-raccoglitori come "età dell'oro " dell'umanità manchino completamente di una tensione evoluzionistica. Una rassegna analitica degli argomenti sollevati da Shepard, Sahlins e Fischer non trova posto in un lavoro generale come questo. Tuttavia, non li si possono ignorare in un'epoca in cui il bisogno di una nuova civiltà minaccia di evocare sentimenti atavistici contro ogni civiltà, di alimentare di fatto un nuovo movimento "sopravvivenzialista" di carattere antisociale, se non addirittura fascista. Mi si lasci rilevare che questa tendenza non è un "ritorno" alla presunta auto-sufficienza del cacciatore paleolitico, con tutte le sue presunte virtù, ma una discesa negli abissi dell'egotismo borghese con la sua feroce ideologia del "si salvi chi può". Per quanto riguarda i testi più leggibili e meglio argomentati in merito a queste tesi sui cacciatori-raccoglitori, il lettore dovrebbe consultare Marshall Sahlins, Stone-Age Economics, Adhine-Atherton Inc, New York, 1972; Paul Shepard, The Tender Carnivore and the Sacred Game, Charles Scribner's Sons, New York, 1973; ed Elizabeth Fisher, Woman's Creation, Anchor Books/Doubleday, New York, 1979.

(16) Lewis Mumford, Tbe City in History, Harcourt, Brace & World, New York, 1961, p. 12. Se le varietà di piante edibili siano state consapevolmente selezionate o si siano sviluppate spontaneamente nelle particolari condizioni date dalla coltivazione è argomento di discussione. Erich Isaac e C.D. Darlington, considerando il precoce sviluppo dei cereali e di altre varietà di piante, propendono per la selezione spontanea. Dal canto suo, Levi-Strauss sostiene che la maggior parte dei progressi tecnologici raggiunti dagli agricoltori neolitici (compresa la trasformazione di "un’erbaccia in una pianta coltivata") "richiede un'attitudine schiettamente scientifica, un interesse duraturo e vigile ed un desiderio di conoscenza per amore della conoscenza". Che le comunità preletterate abbiano raggiunto un adattamento notevolmente sensibile ed intelligente al proprio ambiente è certamente vero ma l’interesse vigile alimentato da un pressante bisogno è tutt'altra cosa di "un'attitudine schiettamente scientifica" che mancava persino ad un Archimede all'apice dell'era ellenica.


Distruggi l'economia di John Zerzan

Attualmente le nostre vite dipendono dal successo dell'economia.
Dal momento che la nostra società è guidata dalla produzione e dal consumo di merci, siamo continuamente costretti a comprare la nostra esistenza su questo pianeta da quelli che lo controllano.
Per avere di che pagarci casa, cibo, vestiti e altre necessità, dobbiamo cercare un ruolo nell'interminabile processo di espansione commerciale. La produzione di massa trasforma paesaggi e ecosistemi brulicanti di vita in piantagioni agricole omogenee, in desolate industriali inguardabili e cancerogene, in distese urbane socialmente distruttive. Prendiamo parte al processo non solo consumando, ma lavorando. Per la maggior parte di noi, il lavoro non è un attività creativa che ci permette di esplorare i nostri interessi individuali, bensì un'autonegazione, paralisi mentale, stressante, e spesso una fatica nociva compiuta solo per guadagnare un salario.
Tuttavia, non ci interessa mettere in discussione l'intera desiderabilità dell'industria e del commercio, incuranti del nostro odio verso i capi, della nostra tristezza allorchè siamo testimoni della conversione degli spazi aperti in quartieri residenziali, della nostra solitudine quando siamo isolati in casa senza niente di meglio da fare che guardare la televisione, oppure dei nostri disturbi fisici e mentali contratti come risultato.
Anche chi percepisce la negatività di un economia in continua espansione darà tipicamente il benvenuto alla sua presenza, perchè solo lei potrà fornire i lavori di cui abbiamo così disperatamente bisogno per pagare le bollette.
E se non ci fossero bollette da pagare? Questo è stato il caso per più del 99% della storia umana. Solo di recente la società sono giunte a basarsi sulla produzione forzata di massa. Le culture indigene che sono state assimiliate o distrutte dalla civiltà industriale (insieme alle poche che ancora lottano per resistere alla sua influenza) sono state contente di soddisfare i propri bisogni direttamente cacciando, pescando, coltivando, raccogliendo e pascolando greggi.
Da qui, per loro non c'è mai stato bisogno di sfruttatori intermediari quali capi, proprietari terrieri, poliziotti, politici, "esperti" autoproclamatisi tali, etc.. lontani dal vivere una fatica, hanno goduto di un esistenza di relativo agio, lavorando raramente più di 3-4 ore al giorno. Inoltre, cercare cibo o coltivare i compagnia di persone amiche godendo del paesaggio naturale è una forma di "lavoro" molto più significativa e soddisfacente che l'attività lavorativa meccanizzata e regimentata tipica dei giorni nostri. Sebbene per l'odierna popolazione di 6 miliardi non sia possibile vivere come cacciatori-raccoglitori, è stato dimostrato da alcune comunità alternativa che è possibile coltivare un'esistenza autosufficiente e sostenibile attraverso mezzi differenti (permacoltura, orticoltura organica etc..), riducendo così il bisogno di economia industriale su vasta scala, insieme alla devastazione ecologica e ai metodi coercitivi di organizzazione che questa comporta.
Sfortunatamente, per la maggior parte delle persone risulta difficile vivere in maniera autosufficiente (o imparare come fare), perchè devono dedicare tempo ed energia nel lavoro salariato per pagare l'ipoteca della casa. Anche quelli che riescono ad evitare il lavoro, oggi lo possono fare solo entro i confini di un paese devastato a livello ambientale e in atmosfera politica autoritaria. Saremo liberati dalla necessità di lavorare solo quando avremo rifiutato con forza l'obbligo di pagare per la libertà di usare e occupare le terre che ci sono state sottratte. Il mondo naturale può essere preservato e ristabilito solo quando avremo rifiutato con forza l'obbligo di pagare per la libertà di usare e occupare le terre che ci sono state sottratte. Il mondo naturale può essere preservato e ristabilito solo quando saranno smantellati gli attrezzi della produzione di massa. Se noi riconosciamo che l'economia è un male non necessario, non dobbiamo solo scoprire modi creativi per sopravvivere senza di essa, ma anche distruggerla.


domenica 21 agosto 2011

LA SOCIETÀ INDUSTRIALE E IL SUO FUTURO (parte 6 e ultima parte)

Due tipi tecnologia
2O7. Una obiezione alla rivoluzione che proponiamo è che essa è destinata a fallire perché (si sostiene), lungo tutta la nostra sto- ria, la tecnologia è sempre progredita, mai regredita, e quindi la regressione tecnologia è impossibile. Ma questa affermazione è falsa.
2O8. Noi distinguiamo due tipi di tecnologia: tecnologia di pic- cole dimensioni e tecnologia dipendente dall'organizzazione. La tecnologia di piccole dimensioni è una tecnologia che può esse- re usata da comunità ristrette senza un'assistenza esterna. La te- cnologia dipendente da una organizzazione è quella che dipende da organizzazioni sociali di grandi dimensioni. Noi siamo con- sapevoli che non esistono casi significativi di regressione nella te- cnologia di piccole dimensioni. Ma la tecnologia dipendente da organizzazione regredisce quando l'Impero romano calde, la te- cnologia di piccole dimensioni dei Romani sopravvisse perché qualsiasi intelligente artigiano del villaggio poteva costruire, per esempio, una ruota per l'acqua, qualsiasi fabbro esperto poteva forgiare il ferro secondo il metodo correntemente usato, e cosÍ via. Ma la tecnologia che dipendeva dall'organizzazione dei Romani regredi. Gli acquedotti caddero in rovina e non furono piÙ ricostruiti; si persero le tecniche di costruzione stradale; il sistema fognario urbano fu dimenticato cosÍ che sono in tempi recenti il sistema igienico-sanitario delle città europee fu rico- struito in base a quello dell'antica Roma.
2O9. La ragione del perché la tecnologia è sembrata progredire incessantemente è che fino a uno o due secoli circa prima della rivoluzione Industriale la maggior parte della tecnologia era una tecnologia di piccole dimensioni. La refrigerazione, per esempio. Sarebbe stato virtualmente impossibile per un gruppo di artigia- ni locali costruire un frigorifero senza le parti costruite in fabbri- ca o le capacità di un laboratorio post-industriale. Se per qualche miracolo fossero riusciti a costruire uno non sarebbe servito a nulla senza una sicura fonte di energia elettrica. CosÍ avrebbero dovuto arginare un torrente e costruire un generatore. I genera- tori richiedono delle grandi quantità di filo di rame. Immagina cercare di fare quel filo senza una macchina moderna. E dove avrebbero trovato un gas adatto per la refrigerazione? Sarebbe sta- to molto piÙ facile costruire una casa di ghiaccio o preservare il cibo essiccandolo o appendendolo, come avveniva prima dell'in- venzione del frigorifero.
210. CosÍ è chiaro che se il sistema industriale crollasse definiti- vamente la tecnologia della refrigerazione andrebbe velocemen- te persa. Lo stessosi può dire di altre tecnologie dipendenti da un'organizzazione. E una volta che questa tecnologia vieneper- duta per una generazione ci vorrebbero secoli per ricostruirla, cosÍ come ci vollero secoli per costruirla la prima volta. I manuali che conserverebbero sarebbero pochi e sciupati. Una società indu- striale, se costruita dal nulla senza aiuto esterno, può solo essere costruita per stadi. Per costruire degli strumenti hai bisogno di altri strumenti...È necessario un lungo processo di sviluppo economico e di processo nella organizzazione sociale. E anche in assenza di una ideologia opposta alla tecnologia non vi è ragione di credere che chiunque sia interessato a ricostruire una società industriale. L'entusiasmo per "processo" è un fenomeno tipico della forma moderna della società e sembra non essere esistito all'incirca prima del XVII secolo.
211. Nel tardo Medioevo vi erano quattro principali civiltà progredire allo stesso modo: l'Europa, il mondo islamico, l'India e l'Estremo Oriente (Cina, Giappone, Corea). Tre di queste civiltà rimasero più o meno stabili e solo in Europa si verificò un processo dinamico. Nessuno sa perché ciò sia avvenuto: gli storici hanno le loro teorie ma sono solo speculazioni. Ad ogni modo è chiaro che lo sviluppo rapido verso una forma tecnologica di società ebbe luogo solo sotto speciali condizioni. Così non vi è alcuna ragione per ritenere che non si possa provocare una regressione tecnologica di lunga durata.
212. Alla fine la società si indirizzerebbe di nuovo verso una forma industriale tecnologica? Forse, ma non vi è alcuna utilità nel preoccuparsi di ciò, visto che non possiamo predire eventi che accadranno tra 500 o 1000 anni. Questi problemi dovranno essere affrontati dalle persone che vivranno allora.
Il pericolo della sinistra
213. A causa del loro bisogno di ribellione e di appartenere ad un movimento, le persone di sinistra o del tipo psicologico simile in genere non sono attratte da un movimento di protesta o di azione i cui obiettivi e la cui appartenenza non sono di sinistra. L'afflusso di mentalità di sinistra può facilmente volgere un movimento non di sinistra in uno di sinistra così che gli obiettivi di sinistra sostituiscono o distorcono gli obiettivi originali del movimento.
214. Per evitare ciò un movimento che esalta la natura e che si oppone alla tecnologia deve prendere una posizione risolutamente anti-sinistra e deve evitare qualsiasi collaborazione con la sinistra. La sinistra è nel lungo periodo inaffidabile riguardo la natura selvaggia, la libertà umana e la eliminazione della tecnologia moderna. La sinistra è collettivista; cerca di unire insieme l'intero mondo (sia la razza umana che la natura) in un complesso unificato. Ma questo implica la direzione della natura e della vita umana da parte di una società organizzata, e richiede una tecnologia avanzata. Non puoi avere un mondo unico senza un trasporto rapido e una rapida comunicazione. Non puoi rendere tutta la gente capace di amarsi l'un con l'altra senza sofisticate tecniche psicologiche, non puoi avere una "società pianificata" senza la necessaria base tecnologica. Soprattutto, la sinistra è guidata dal bisogno di potere, e l'uomo di sinistra cerca potere su una base collettiva, attraverso l'identificazione con un movimento di massa o una organizzazione. La sinistra molto probabilmente non abbandonerà mai la tecnologia, perché è troppo preziosa come fonte di potere collettivo.
215. Anche l'anarchico cerca il potere, ma lo cerca su una base individuale o di piccolo gruppo; egli vuole che gli individui e i piccoli gruppi siano capaci di controllare gli avvenimenti delle loro vite. Egli si oppone alla tecnologia perché rende i piccoli gruppi dipendenti da ampie organizzazioni.
216. Alcuni uomini di sinistra sembrano opporsi alla tecnologia, ma si opporranno solo fino a quando essi ne sono al di fuori e fino a quando il sistema tecnologico sarà controllato da uomini non di sinistra. Se la sinistra divenisse sempre più dominante nella società, così da far divenire il sistema tecnologico uno strumento nelle mani degli uomini di sinistra, essi lo userebbero con entusiasmo e promuovebbero la sua crescita. Nel fare ciò essi agirebbero secondo un modello che l'uomo di sinistra ha seguito sempre nel passato. Quando i bolscevichi in Russia non erano ancora al potere si opposero vigorosamente alla censura e alla polizia segreta, sostennero l'autodeteminazione per le minoranze etniche e così via; ma nel momento in cui arrivarono al potere imposero una censura ancora più stretta e crearono una polizia segreta più bieca di qualsiasi altra polizia zarista, opprimemendo le minoranze etniche almeno quando avevano fatto gli zar. Negli Stati Uniti venti anni fa, quando gli uomini di sinistra erano una minoranza nelle nostre università, i professori di sinistra proponevano con vigore la libertà accademica, ma oggi, in quelle università dove gli uomini di sinistra sono divenuti dominanti, essi si sono mostrati pronti a rimuovere la libertà accademica (questa é la "correttezza politica"). Lo stesso accadrà con gli uomini di sinistra e la tecnologia. La useranno per opprimere gli altri se riusciranno ad averne il controllo.
217. Nelle rivoluzioni precedenti, gli uomini di sinistra più affamati di potere ripetutamente hanno prima cooperato tanto con rivoluzionari non di sinistra, come con uomini di sinistra o di inclinazione piÙ libertaria, e piÙ tardi li hanno traditi per impa- dronirsi del potere. Robespierre fece questo nella rivoluzione fran- cese, cosÍ come i bolscevichi nella rivoluzione russa, i comunisti nella Spagna del 1938 e Castro e i suoi seguaci a Cuba, Data la sto- ria della sinistra, sarebbe completamente insensato per i rivoluzio- nari non di sinistra collaborare ora con gli uomini di sinistra.
218. Vari pensatori hanno sottolineato che la sinistra è un tipo di religione. La sinistra non è una religione in senso stretto per- ché la sua dottrina non postula l'esistenza di un essere sovranna- turale. Ma per l'uomo di sinistra, la sinistra gioca un ruolo psi- cologico molto piÙ importante della religione. Egli ha bisogno di credere nella sinistra; essa gioca un ruolo vitale nella sua econo- mia psicologica. Le sue opinioni non vengono facilmente modi- ficate dalla logica o dai fatti. Egli ha la convizione profonda che la sinistra è moralmente giusta, con la G maiuscola, e che egli ha non solo il diritto ma il dovere di imporre la moralità di sinistra a chiunque (comunque, molti di coloro che noi classifichiamo come "di sinistra" non pensano di esserla e non descriverebbero il loro sistema di convinzioni come di sinistra. Noi usiamo il ter- mine "sinistra" perché non conosciamo una parola migliore per disignare la gamma di princÍpi professati e in relazione tra loro che includono i momenti femministi, i diritti dei gay, la cor- retteza politica ecc. e perché questi movimenti hanno una forte affinità con la vecchia sinistra. Vedi paragrafo 228-231).
219. La sinistra è una forza totalitaria. Ogni volta che la sinistra è in una posizione di potere tende a invadere ogni angolo priva- to e obbliga ogni pensiero a conformarsi a un modello di sinistra. In parte questo deriva dal carattere quasi religioso della sinistra: ognicosa contraria alle credenze di sinistra rappresenta il Pecca- to. piÙ importante, la sinistra è una forza totalitaria a causa del- la spinta degli uomini di sinistra per il potere. L'uomo di sinistra cerca di soddisfare il suo bisogno di potere attraverso una identi- ficazione con un movimento sociale e cerca di passsare attraverso il processo del potere aiutando a perseguire e raggiungere gli obiettivi del movimento (vedi paragrafo 83). Non importa Quan- do lontano è andato il movimento nel raggiungere i suoi obietti- vi; l'uomo di sinistra non è mai soddisfatto perché il suo attivi- smo è una attività sostitutiva (vedi paragrafo 41). Il motivo vero dell'uomo di sinistra non è di raggiungere gli obiettivi apparenti della sinistra, in realtà egli è motivato dal senso di potere che trae dalla lotta e dal raggiungimento di un obiettivo sociale. Di conseguenza, l'uomo di sinistra non è mai soddisfatto degli obiettivi che ha già raggiunto; il suo bisogno per il processo di potere lo porta sempre a perseguire qualche nuovo obiettivo. L'uomo di sinistra vuole eguali opportunità per le minoranze. Quando queste vengono raggiunte egli insiste sull'eguaglianza statistica dell'impresa da parte delle minoranze. E fino a che un solo uomo ospita in qualche minoranza l'uomo di sinistra deve riedu- carlo. E le minoranze etniche non sono ancora abbastanza: nes- suno può permettersi di avere un atteggiamento negativo verso gli omosessuali, i disabili, i grassi, i vecchi, i brutti, e cosÍ via. Non è sufficiente che il pubblico sia informato sul rischio del fumo: un avviso deve essere stampato su ogni pacchetto di sigarete. CosÍ la pubblicità delle sigarette deve essere ristretta se non bandita. Gli attivisti non saranno soddisfatti fino a quando il tabacco sarà posto fuori legge, e dopo toccherà all'alcool e poi agli alimenti inutili, ecc. Gli attivisti hanno combattuto l'abuso volgare dei bambini, il che è ragionevole. Ma ora essi vogliono vietare anche la sculaciata. Ottenuta una cosa, ne vorranno bandire un'altra che considerano nociva, poi un'altra e quindi un'altra ancora. Non saranno mai soddisfatti fino a quando non avranno un controllo completo su tutte i metodi di educazione infantile. E poi si muoveranno verso un'altra causa.
22O. Supponiamo di chiedere a un uomo di sinistra di fare una lista di tutte le cose ritenute sbagliatenella socità e qundi sup- poniamo di apportare ogni cambiamento sociale che essi doman- dassero. È sicuro che entro due anni la maggioranza degli uomi- ni di sinistra troverebbe di nuovo qualcosa di cui lamentarsi, qualche nuovo "male" sociale da correggere peché, una volta ancora, l'uomo di sinistra è motivato meno dalla sofferenza ver- so qualche malesseredella società che dal bisogno di soddisfare la sua spinta verso il potere, imponendo le sue soluzioni alla società.
221. A causa delle restrizioni imposte dal loro alto livello di socia- lizzazione sui loro pensieri e sui comportamenti, molti uomini di sinistra del tipo sovrasocializzato non possono perseguire il pote- re come gli altri. Per loro la spinta verso il potere hasoltanto uno sbocco moralmente accettabile, e questo è la lotta per imporre la loro moralità a chiunque.
222. Gli uomini disinistra, specialmente quelli del tipo sovraso- cializzato, sono Veri Credenti, nel senso del libro di Eric Hoffer, Il Vero Credente. Ma non tutti i Veri Credenti hanno gli stessi tratti psicologici degli uomini di sinistra. Presumibilmente un vero cre- dente nazi, per esempio, è molto differente psicologicamente da un vero credente di sinistra. A causa della sua capacità per una fedeltà diretta solamente verso una causa il Vero Credente è un uti- le, forse necessario ingrediente di qualsiasi movimento rivoluzio- nario. Qui si persenta un problema di fronte al quale dobbiamo ammettere che non sappiamo come comportarci. Noi non siamo sicuri di come imbrigliare le energie dei Veri Credenti verso una rivoluzione contro la tecnologia. Al presente tutto quello che pos- siamo dire è che nessun Vero Credente sarà una recluta utile per la rivoluzione a meno che il suo coinvolgimento non sia esclusiva- mente diretto verso la distruzione della tecnologia. Se egli è legato anche a un altro ideale potrebbe usare la tecnologia come stru- mento per perseguirlo (vedi paragrafi 222, 223.)
223. Alcuni lettori possono dire: “Questo materiale sulla sini- stra è una schiocchezza.Io conosco John e Jane che sono di sini- stra e non hanno tutte queste tendenze totalitarie”. È del tutto vero che molti uomini di sinistra, probabilmente anche una maggioranza numerica, sono persone decenti che sinceramente credono nella tolleranza dei valori altrui (fino a un certo punto) e non vorrebbero usare metodi arroganti per raggiungere i loro obiettivi sociali. I nostri commenti sulla sinistra non si intendo- no applicati a ogni singola persona di sinistra ma vogliono descrivere il carattere generale della sinistra come movimento. E il carattere generale di un movimento non è necessariamente determanato dalle proporzioni numeriche dei vari tipi di perso- ne presenti in esso.
224. Caloro che raggiungono posizioni di potere nei mvimenti di sinistra generalmente sono quelli piÙ affamati di potere perché sono questi ultimi che si sottopongono anche a durissimi sfrorzi per arrivare a posizioni di potere. Una volta che persone di questo tipo hanno il controllo del movimento, vi sono molti uomini di sinistra meno estremisti che interiormente disapprovano molte delle azio- ni dei leader ma non vi si possono opporre. Essi hanno bisogno del- la loro fede nel movimento, e poiché non possono abbandonare questa fede continuano a sostenere i loro leader. È vero, alcuni uomini di sinistra hanno il fegato di opporsi alle tendenze totalita- rie che emergono, ma di solito perdono perché i tipi affamati di potere sono meglio organizzati, senza scrupoli e machiavellici, e sono stati cosÍ accorti da costruirsi una forte base di potere.
225. Questi fenomeni apparirono chiaramente in Russia e in altri paesi conquistati dalla sinistra. Allo stesso modo, prima del crol- lo del comunismo in URSS,gli aderenti alla sinistra in occiden- te raramente criticavano quei paesi. Se pungolati, ammettevano che nell'URSS molte cose andavano male ma poi cercavano di giustificare i comunisti cominciando a parlare delle colpe del- l'occidente. Si opponevano sempre alla resistenza militare del- l'occidente contro l'aggressione comunista. Gli uomini di sini- stra di tutto il mondo protestarono vigorosamente contro la guer- ra degli Stati Uniti in Vietnam, ma quando l'URSS invase l'Af- ghanistan nessuno si mosse. Non che approvassero le azioni dei sovietici; ma a cauda della loro fede di sinistra non potevano opporsi alcomunismo. Oggi, in quelle università dove la "cor- rettezza politica" è divenuta dominante vi sono probabilmente molti uomini di sinistra che in privato disapprovano la soppres- sione della libertà accademica ma ad ogni modo la perpetuano.
226. Pertanto, il fatto che molti di coloro che professano idee di sinistra siano individualmente moderati e sufficientemente tolle- ranti non frena la sinistra nel suo complesso dalle tendenze tota- litarie.
227. La nostra discussione sulla sinistra ha un grosso punto debo- le. Essa è ancora lontana dal chiarire cosa intendiamo con il ter- mine "sinistra", ma sembra che non possiamo aggiungere molto. Oggi la sinistra è frammentata in una miriade di movimenti. Tut- tavia non tutti i movimenti sono di sinistra e alcuni (per esem- pio l'ambientalismo radicale)sembrano includere personalità sia di sinistra che non. Persone di sinistra gradualmente perddono questa connotazione e noi stessi molte volte siamo imbarazzati nel decidere se un dato individuo è o no di sinistra. Tenuto con- to che una definizione di sinistra esiste, la nostra concezione del- la sinistra è definita dalla disamina effettuata in questo scritto e possiamo solo esortare il lettore a usare il suo proprio giudizio nel decidere chi è di sinistra.
228. Ma sarà di aiuto enumerare alcuni criteri per riconoscere la sinistra. Essi non possono essere applicati in maniera rozza e gros- solana. Alcuni individui possono avere delle caratteristiche senza essere di sinistra mentre alcune persone di sinistra posssono non riconoscersi in alcuna di queste caratteristiche. Di nuovo, dove- te solo usare il vostro giudizio.
229. La persona di sinistra è orientata verso un collettivismo di grandi dimensioni. Enfatizza il vovere dell'individuo di servire la società e il dovere della società diprendersi cura dell'individuo. Ha un atteggiamento negativo verso l'individualismo. Spesso ha un tono moralistco. Tende a sostenere il controllo delle armi, l'e- ducazione sessuale e altri metodi educativi psicologicamente "illuminati", la pianificazione, l'azione effermativa, il multicul- turalismo. Tende a identificarsi con le vittime. È contro la com- petizione e contro la violenza, ma spesso giustifica quelle perso- ne di sinistrache commettono violenza. Ricorre con entusiasmo a un linguaggio tipico della sinistra: "razzismo", "sessismo", "omofobia", "responsabilità sociale", "capitalismo", "imperiali- smo", "neocolonialismo", "genocidio", "cambiamento sociale", "giustizia sociale", "responsabilità sociale".Forse il miglior tratto distintivo dell'uomo di sinistra è la sua tendenza a sostenere i seguenti movimenti: femminismo, diritti dei gay, diritti etnici, dirittidei disabili, diritti degli animali, correttezza politica. Qua lunque persona che simpatizza fortemente con tutti questi movi- menti è quasi sicuramente un uomo di sinistra.
23O. I piÙ pericolosi uomini di sinistra, cioè coloro che sono piÙ affamati di potere, sono spesso caratterizati dall'arroganzao da un approccio dogmatico all'ideologia. Comunque i piÙ pericolo- si uomini di sinistra sono i tipi sovrasocializzati che evitano irri- tanti esibizioni di aggressività e si trattenngono dal pubblicizzare il loro essere di sinistra ma lavorano quietamente e con discre- zione per promuovere valori collettivi, tecniche psicologiche "illuminate" per socializzare i bambini, dipendenza dell'indivi- duo dal sistema e cosÍ via. Queste persone "cripto di sinistra" (come possiamo chiamarle) si avvicinano a determinati tipi bor- ghesi nel momento in cui è necessaria l'azione pratica, ma diffe- riscono da loro in psicologia, ideologia e motivazione. Il borghe- se comune cerca di portare le persone sotto il controllo del siste- ma in modo da proteggere il suo modo di vita, o si comporta in questo modo semplicemente perché le sue attitudini sono conve- nzionali. Il "cripto di sinistra" cerca di portare la gente sotto il controllo del sistema perché egli è un Vero Credente in una ideolo- gia collettivista. Il "cripto di sinistra" differisce dalle comuni persone di sinistra del tipo sovrasocializzato per il fatto che il suo impulso ribelle è piÙ debole ed egli è sicuramente piÙ socializza to. Egli si differenzia dal comune borghese ben socializzato per il fatto che vi è in lui una qualche profonda mancanza che fa sÍ che ritenga necessario dedicarsi a una causa e immergersi nela col- lettività. E forse la sua spinta (ben sublimata)per il potere è piÙ forte di quello del comune borghese.
Nota finale
231. Lungo tutto questo scritto abbiamo fatto delle affermazio- ni imprecise e affermazioni che avrebbero avuto bisogno di tut- ta una serie di puntualizzazioni nonché di riserve; e alcune delle nostre affermazioni possono essere del tutto false. La mancanza di sufficiente informazione e il bisogno di brevità hanno reso impossibile formulare le nostre teorie in termini più precisi o aggiungere tutte le necessarie precisazioni. E, naturalmente, in una esposizione di questo tipo si deve necessariamente confidare nel giudizio intuitivo, e questo può a volte essere sbaglito. Quindi non predendiamo che questo testo esprimaa niente più che una generica approssimazione della verità.
232. Allo stesso modo siamo ragionevolmente fiduciosi che le linee generali del quadro che abbiamo qui raffigurato siano gros- so modo corrette. Abbiamo ritratto la sinistra nella sua forma moderna come un fenomeno peculiare delnostro tempo e come un sintomo della disgregazione del processo del potere. Ma su questo possiamo forse esserci sbagliati. I tipi sovrasocializzati che cercano di soddisfare la loro spinta per il potere imponendo la loro moralità su ognuno sono certamente presenti intorno a noi da lungo tempo. Pensiamo che il ruolo decisivo giocato dai com- plessi di inferiorità, dalla bassa autostima, dal senso di impoten- za, dall'identificazione con le vittime da parte di persone che non sono vittime sia una peculiarità della sinistra moderna. L'identi- ficazione con le vittime da parte di potere che non lo sono si può ritrovare in una certa proporzione nella sinistra del XIX seco- lo e nelprimo Cristianesimo ma, per quanto ne sappiamo, i sin- tomi di bassa autostima ecc. non erano cosÍ chiaramente eviden- ti, in questi o in qualunque altro movimento, come appaiono ora nella sinistra moderna. Ma non siamo nella posizione di poter affermare che tali movimenti non siano esistiti precedentemente alla sinistra moderna. Questo è un problema significativo al qua- le gli storici devono dedicare la loro attenzione.

LA SOCIETÀ INDUSTRIALE E IL SUO FUTURO (parte 5)

La sofferenza umana
167. Il sistema industriale non crollerà semplicemente sotto l'a- zione di una azione rivoluzionaria. Sarà vulnerabile a un attacco rivoluzionario solo se i suoi problemi interni di sviluppo gli cree- rannoserie dificoltà. CosÍ se il sistema crollerà lo farà o sponta- neamente o attraverso un processo in parte spontaneo ma aiuta- to parallelamente dai rivoluzionari. Se il collasso è improvviso molte persone moriranno, visto che la popolazione del mondo è divenuta cosÍ numerosa che non potrebbe nemmeno nutrirsi sen- za una tecnologia avanzata. Persino se il crollo fosse abbastanza graduale, cosÍ che la riduzione della popolazione potesse avveni- re attraverso l'abbassamento degli indici di natalità anziché l'au- mento dell'indice di mortalità, il processo ddi de-industrializza- ziona probabilmente sarebbe molto carico e comporterebbe di conseguenza molta sofferenza. È semplicistico ritenere probabi- le che la tecnologia possa essere interrotta in maniera puntuale e ordinata, poiché specialmente i tecnofili combatteranno tenace- mente in ogni momento. È quindi crudele lavorare per il collas- so del sistema? Forse, ma forse no. In primo luogo, i rivoluzio- nari non saranno capaci di far crollare il sistema a mano che esso non si dibatta in problemi profondi cosÍ da rendere probabile il suo finale autocollasso; e piÙ il sistema cresce, piÙ disastrose saranno le conseguenze del suo crollo; cosÍ può accadere che i rivoluzionari, affrettando l'inizio del crollo, riducano l'estensio- ne del disastro.
168. In secondo lugo, bisogna porre a confronto la lotta e la morte contro la perdita di libertà e dignità. Per molti di noi, la libertà e la dignità sono piÙ importanti che vivere a lungo o evi- tare il dolore fisico. Inoltre dobbiamo tutti morire alla fine, e sarebbe meglio morire combattendo per la sopravvivenza, o per una causa, che vivere una vita lunga ma vuota e senza scopo.
169.In terzo luogo, non è del tutto certo che la sopravvivenza del sistema provochi una sofferenza minoredi quella causata dal crollo dello stesso. Il sistema ha già provocato, e continua a pro- vocare, una sofferenzaimmensa in tutto il mondo. Culture anti- che che per centinaia di anni diedero alla gente una rete di rela- zioni umane e ambientali soddisfacente sono state distrutte dal contatto con la società industriale e il risultato èstato un intero catalogo di problemi economici, ambientali, sociali e psicologi- ci. Uno degli effetti dell'intromissione della società industriale è stato che in quasi tutto il mondo i controlli tradizionali sulla popolazione hanno perso il loro equilibrio. Quindi l'esplosione della popolazione, con tutto quello che implica. Inoltre vi è la sofferenza psicologica, diffusa in tutti i "fortunati" paesi dell'Oc- cidente (vedi paragrafi 44, 45). Nessune sa cosa accadrà in segui- to all'esaurimento costante dell'ozono, all'effetto serra e agli altri problemi ambienteli che per ora non possiamo ancora prevede- re. E, come la proliferazione nucleare ha mostrato, la nuova tec- nologia non può essere tenuta lontana dalle mani di dittatori e di irresponsabili nazioni del Terzo mondo. Vi piacerebbe immagi- nare cosa farebbero l'Irap o la Coorea del nord con l'ingegneria genetica.
170. “Oh!” dicono i tecnofili, “la scienza risolverà tutto! Vince- remo la carestia, elimineremo la sofferenza psicologica, rendere- mo tutti sani e felici”. SÍ, certo. Questo è quello che dicevano 2OO anni fa. Si pensava che la rivoluzione industriale avrebbe elimi- nato la povertà, reso tutti felici ecc. Il risultato reale è stato com- pletamente diverso. I tecnofili sono dei semplicisti senza speran- za (o autollusi) nella loro comprensione dei problemi sociali. Non si rendono conto (o scelgono di ignorare) che quando in una società vengono introdotti dei grandi cambiamenti, anche quando questi sembrano portare dei vantaggi, provocano una lunga serie di altri cambiamenti la maggior parte dei quali sono impossibili da prevedere (paragrafo 1O3). Il risultato è la digre- gazione della società. CosÍ è molto probabile che, nel loro tenta- tivo di porre fine alla povertà e alle malattie e di costruire docili e felici personalità, i tecnofili creeranno sistemi sociali terribil- mente agitati, persino piÙ di quelli odierni. Per esempio, gli scien- ziati si vantano di poter porre fine alla carestia creando nuove piante alimentari costruite geneticamente. Ma questo permetterà alla popolazione umana di espandersi indefinitivamente e sap- piamo bene che l'affollamento porterà a un aumento della ten- sione e dell'aggressività. Questo è semplicemente uno dei pro- blemi che si possono presagire. Noi sottolineiamo che, come pas- sare esperienze hanno mostrato, il progresso tecnico innescherà nuovi problemi e con una tale rapidità che i vecchi rimarranno irrisolti. CosÍ i tecnofili dovranno passare attraverso un lungo e difficile periodo per risolvere i difetti del loro Nuovo Mondo Coraggioso (se ci riusciranno). Nel frattempo la sofferenza sarà grande. Perciò non è chiaro se la sopravvivenza della società indu- striale significhi meno sofferenza che non il crollo della stessa. La tecnologia ha posto la razza umana in un pasticcio tale da rende- re improbabile l'esistenza di una facile via d'uscita.
Il futuro
171. Ma supponiamo ora che la società industriale sopravviva per i prossimi decenni; che i problemi alla fine siano stati risolti dal sistema e che esso funzioni perfettamente. Che tipo di siste- ma sarà? Consideriamo le differenti possibilità.
172. Per prima cosa lasciateci ipotizzare il successo degli scien- ziati del computer nello sviluppare macchine intelligenti in gra- do di fare tutto meglio degli esseri umani. In questo caso, pro- babilmente, il lavoro sarà compiuto da estesi e ben organizzati sistemi di macchine e non sarà piÙ necessario alcuno sforzo da parte dell'uomo. Due sarebbero le possibilità: permettere alle macchine di procedere automamennte senza sorveglianza uma- na, conservare il controllo umano sulle macchine.
173. Nel primo caso, non possiamo fare alcuna congettura sui risultati, perché è impossibile indovinare come tali macchine si possanocomportare. Noi sottolineamo soltantom che il destino della razza umana potrebbe essere alla mercé delle macchine. Si potrebbe sostenere che la razza umana non dovrebbe essere tan- to stupida da consegnare tutto il potere alle macchine. Ma noi pensiamo che la razza umana non dovrebbe trasferire il potere alle macchine né che le macchine dovrebbero ostinatamente impadronirsi del potere. Quello che noi sostenimo è che la raz- za umana potrebbe facilmente tollerare di scivolare in una posi- zione di tale dipendenza dalle macchine da non dover esercitare alcuna scelta pratica, accettando tutte le decisioni della macchi- na. Nel momento in cui la società e i problemi da affrontare diventassero sempre piÙ complessi, e le macchine sempre piÙ intelligenti, la gente permetterà sempre piÙ a queste ultime di prendere decisioni al suo posto semplicemente perché le decisio- ni prese dalle macchine porterebbero a migliori risultati rispetto a quelle prese dagli uomini. Alla fine potrebbe essere ragguinta una frase in cui le decisioni necessarie per far sÍ che il sistema con- tinui saranno cosÍ complesse che gli esseri umani saranno inca- paci di prederle intelligentemente. In questa fase le macchine avranno il controllo effettivo. La gente non sarà capace nemme- no di spegnere le macchine perché saranno cosÍ dipendenti da esse che spegnerle equivarrebbe al suicidio.
174. Dall'altro lato, è possibile che il controllo umano sulle mac- chine possa essere conservato. In questo caso l'uomo comune può avere un controllo su alcune macchine private di sua proprietà, come l'automobile e il personal computer, ma il controllo su siste- ma piÙ grandi sarà nelle mani di una élite molto ristretta, cosÍ come è oggi, ma con due differenze. A causa del miglioramento delle tecniche l'élite avrà un maggiore controllo sulle masse; e poi- ché il lavoro umano non sarà piÙ necessario le masse saranno superflue, un peso inutile nel sistema. Se i membri di questa éli- te sono spietati, possono semplicemente decidere di sterminare la massa dell'umanità. Se invece sono umani possono usare la propaganda o altre tecniche psicologiche o biologiche per ridur- re l'indice di natalità fino a che la massa dell'umanità si estingua lasciando il mondo a loro. Oppure, se l'élite consiste di liberali dal cuore tenero, questi possono decidere di giocare il ruolo di buoni pastori per il resto della razza umana. Faranno in modo che i bisogni fisici di tutti siano soddifatti, che tutti i bambini vengano cresciuti in condizioni psicologicamente sane, che ognu- no abbia un hobby salutare per tenersi occupato, e che gli insod- disfatti possano intraprendere un "trattamento" per curare il loro "problema". Naturalmente, la vita non avrà piÙ alcuno scopo e la gente dovrà essere costruita biologicamente o psicologicamente, sia per rmuovere il loro bisogno per il processo di potere e sia per "sublimare" la loro spinta per il potere verso quache hobby non dannoso. Questi esseri umani costruiti possono essere felici in una tale società, ma senza dubbio non saranno liberi. Saranno ridotti allo stato di animali domestici.
175. Supponiamo ora l'insuccesso da parte degli scienziati del computer nello sviluppo di un'intelligenza artificiale cosÍ da ren- dere necessario il loro umano. Persino in questo caso le mac- chine, in misura sempre maggiore, svolgeranno i compiti piÙ semplici cosÍ che sempre piÙ numerosi saranno i lavoratori uma- ni impiegati ai piÙ bassi livelli. (Questo sta accadendo. Vi sono molte persone per cui è impossibile o difficile trovare lavoro, per- ché, per ragioni intellettuali o psicologiche, non possono acqui- sire il livello di formazione adatto per rendersi utili nel presente sistema.) Pressioni sempre piÙ forti saranno esercitate sui lavora- tori. Avranno bisogno di maggior addestramento, maggiore abi- lità, e dovranno essere piÙ sicuri, conformi e docili perché saran- no sempre piÙ come cellule di un organismo di un gigante. I loro compiti saranno sempre piÙ specializzati cosÍ che il loro lavoro sarà, in un certo senso contatto con il mondo reale, essen- do concentrato solo su una fetta minuscola della realtà. Il siste- ma dovrà usare qualsiasi mezzo, sia psicologico che biologico, per rendere l'individuo docile, dotato delle capacità che il sistema richiede e per "sublimare" la sua spinta per il potere in qualche compito specializzato. Ma affermare che la gente di una tale società dovrà essere docile può richiedere una precisazione. La società può trovare utile la competitività, e fare in modo di diri- gerla in canali utili al sistema. Possiamo immaginare una società futura nella quale vi sia una competizione senza fine per posizio- ni di prestigio e di potere. Ma solo poche persone raggiungeran- no il vertice, dove risiede il solo vero potere (vedi la fine del para- grafo 162). Molto ripugnante è una società nella quale una per- sona possa soddisfare i suoi bisogni di potere semplicemente allontanando un ampio numero di altre persone dalla via e pri- vandole della loro opportunità per il potere.
176. Allo stesso tempo si possono prefigurare scenari che incor- porino aspetti di ulteriori possibilità. Per esempio, può accadere che le macchine assumano la maggior parte del lavoro di reale importanza pratica, tenendo occupati gli esseri umani con un lavorore lativamente poco importante. Si sostiene che, per esem- pio, un grande sviluppo del servizio delle industrie potrebbe for- nire lavoro agli esseri umani. CosÍ le persone dovrebbero spen- dere il tempo pulendosi le scarpe a vicenda, trasportandosi uno con l'altro in taxi, fabbricando prodotti uno per l'altro, ecc. Que- sto ci sembra un modo assolutamente disprezzabile per la fine della umanutà e dubitiamo che molti troverebbero le loro vite sod- disfacenti in tali occupazioni senza senso. Cercherebbero piutto- sto altri sfoghi pericolosi (le droghe, i crimini, i culti, i gruppi di odio), a meno che non siano costruiti biologicamente o psicolo- gicamente per adattarsi a tale modo di vita.
177. Inutile dirlo, gli scenari descritti non esauriscono tutte le possibilità. Essi trattegiano solo gli esiti che ci sembrano piÙ pro- babili. Ma noi non possiamo prefigurare alcuno scenario possi- bile che sia piÙ gradevole di quelli che abbiamo descritto. È assai probabile che se il sistema industrialetecnologico sopravviverà per i prossimi 4O-1OO anni avrà sviluppato a quel punto alcune caratteristiche generali: gli individui (almeno i "borghesi" inte- grati nel sistema, che lo fanno procedere e quindi hanno tutto il potere) saranno sempre piÙ dipendenti dalle grandi organizza- zioni; saranno sempre piÙ "socializzati" e le loro qualità fisiche e mentali saranno in misura significativa (probabilmente in gran- de proporzione) quelle che gli saranno precostituite piuttosto che il risultato del caso (o della volontà di Dio, o qualunque altra cosa); e qualunque cosa possa essere rimasto di quello che è la natura selvaggia, sarà ridotto a resti preservati per studi scientifi- ti (quindi non sarà piÙ veramente selvaggia). Nel lungo periodo (diciamo da qui a qualche secolo) è probabile che né la razza uma- na né qualsiasi altro importante organismo esisterà come noi lo conosciamo oggi, perché una volta iniziato a modificare gli orga- nismi attraverso la ingegneria genetica non vi sarà alcuna ragio- ne di fermarsi a un qualsiasi punto particolare, cosÍ che le modi- ficazioni continueranno probabilmente fino a che l'uomo e altri organismi siano completamente trasformati.
178. Qualunque possa essere lo sviluppo, è certo che la tecnolo- gia sta creando per gli esseri umani un nuovo ambiente fisico e sociale, radicalmente differente dalla serie di ambienti al quale la selezione natura ha adattato la razza umana fisicamente e psi- cologicamente. Se l'uomo non si adatta a questo nuovo ambien- te artificialmente ri-costruito allorasi adatterà attraverso un lun- go e doloroso processo di selezione naturale. Il primo caso è mol- to piÙ probabile del secondo.
179. Sarebbe meglio rovesciare l'interro, disgustoso sistema e accettarne le conseguenze.
Strategia
18O. I tecnofili ci stanno trascinando tutti in una imprudente corsa verso l'ignoto. Molti comprendono qualcosa di qquello che il progresso tecnologico ci sta facendo però assumono un atteg- giamento passivo perché pensano che sia inevitabile. Ma noi non pensiamo che sia inevitabile. Pensiamo che possa essere fermato e daremo qui alcune indicazioni su come fare.
181. Come abbiamo affermato nel paragrafo 165, i due princi- pali compiti per il presente sono promuovere tensione sociale e l'instabilità nella società industriale e sviluppare e propagare un'ideologia che si opponga alla tecnologia e al sistema indu- striale. Quando il sistema viene sottoposto a un sufficientegra- do di pressione e diventa instabile può essere possibile una rivo- luzione contro la tecnologia. Il modello dovrebbe essere simile a quello della rivoluzione francese o russa. La società francese e quella russa, molti decenni prima delle loro rispettive rivoluzio- ni mostrarono crescenti segni di instabilità e debolezza. Nel frat- tempo si sviluppavano ideologie che offrivano una nuova visio- ne del mondo, del tutto diversa da quella antica. Nel caso russo, i rivoluzionari lavoravano attivamente per minare il vecchio ordi- ne. Allora, quando il vecchio sistema fu sottoposto a una ade- guata, ulteriore difficoltà (una crisi finanziaria in francia, la scon- fitta militare in Russia) fu spazzato via dalla rivoluzione. Quello che noi proponiamo è qualcosa che segua lo stesso percorso.
182. Si obietterà che la rivoluzione francese e quella russa furo- no dei fallimenti. Ma la maggior parte delle rivoluzioni hanno due obiettivi. Uno è quello di distruggere una vecchia forma di società e l'altro di costruirne una nuova ideata dai rivoluzionari. I rivoluzionari francesi e russi fallirono (fortunatamente!) nel creare il tipo di società che sognavano, ma riuscirono in ogni caso a distruggere la forma esistente di società.
183. Ma un'ideologia, per guadagnare un sostegno entusiastico, deve avere degli ideali tanto positivi quanto negativi: deve essere per qualcosa cosÍ come contro qualcosa. L'ideale positivo che noi proponiamo è la Natura. Cioè, la natura selvaggia, quegli aspetti del funzionamento delle terra e dei suoi esseri viventi che sono indipendenti dalla gestione umana e liberi dall'interferenza e dal controllo umani. E nella natura selvaggia noi includiamo anche la natura umana, in particolare quegli aspetti del funzionamen- to dell'individuo non soggetti alla regolazione da parte di società organizate ma prodotti del caso, della liberta volontà, di Dio (a seconda delle proprie opinioni religiose o filosofiche).
184. La natura è un ideale perfetto opposto alla tecnologia per diverse ragioni. La natura (quella che è al di fuori del potere del sistema) è opposta alla tecnologia (che cerca di espandere indefi- nitamente il potere del sistema). La maggior parte delle persone concorderanno che la natura è bella; e questa bellezza ha un for- te richiamo popolare. Gli ambientalisti radicali hanno già un'i- deologia che esalta la natura e si oppone alla tecnologia. Non è necessario per il bene della natura costruire qualche chimerica utopia o qualsiasi nuovo tipo di ordine sociale. La natura si pren- de cura di sé: essa fu una creazione spontanea esistente molto pri- ma di qualunque società umana e innumerevoli differenti tipi di società umane coesistettero con la natura senza recarle un ecces- sivo danno. Solo con la riviluzione industriale l'effetto della società umana sulla natura divenne veramente devastante. Per alleviare la pressione sulla natua non è necessario creare un tipo particolare di sistema sociale; occorre solo liberarsi della società industriale. Ma anche quando questo principio fosse accettato esso non risolverebbe tutti i problemi. La società industriale ha recato inoltre un tremendo danno alla natura e passerà moltoo tempo prima di poterne curare le ferite. Persino le società prein- dustriali possono arrecare danni significativi alla natura. Nondi- meno, liberarsi della società industriale realizzerà un grande pro- getto. Alleggerirà, nei suoi aspetti piÙ devastanti, la pressione sul- la natura cosÍ da poter rimarginare le sue ferite. Toglierà alle società organizzate la capacità di aumentare il loro controllo sul- la natura (inclusa quella umana). Qualunque tipo di società pos- saesistere dopo il decesso del sistema industriale è certo che la maggior parte delle persone vivrà vicino alla natura, perché in assenza di tecnologia avanzata non vi è altro modo in cui la gen- te possa vivere. Per alimentarsi dovranno tornare a essere conta- dini, pastori, pescatori, cacciatori, ecc. E, in generale, l'autono- mia locale dovrà tornare a svolgere un ruolo significativo perché la mancanza di una tecnologia avanzata e di comunicazioni rapi- de limiteranno la capacità dei governi o delle altre grandi orga- nizzazioni di controllare le comunità locali.
185. Relativamente alle conseguenze negative che potrebbero scaturire dall'eliminazione della società industriale beh, non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca. Per ottenereuna cosa si deve sacrificarne un'altra.
186. La maggior parte delle persone odiano i conflitti psicologi- ci. Per questa ragione evitano qualunque approfondimento sui difficili temi sociali e preferiscono che gli si presentino in termi- ni semplici, tipo bianco e nero. Questo è tutto positivo e questo è tutto negativo. L'ideologia rivoluzionaria dovrebbe quindi essere sviluppata su due livelli.
187. A un livello piÙ sofisticato, l'ideologia dovrebbe indirizzarsi alle persone intelligenti, ragionevoli e razionali. L'obiettivo dovrebbe essere quello di creare un nucleo che si opponga al siste- ma industriale su una base razionale, ponderata, con piena consa- pevolezza dei problemi e delle ambiguità presenti e del prezzo che deve essere pagato per liberarsi del sistema. È particolarmente importante attrarre gente di questo tipo, persone capaci e in grado di influenzarne altre. Questi individui dovrebbero essere indiriz- zati verso un livello il piÙ razionale possibile. I fatti non dovrebbe- ro mai essere intenzionalmente distorti e il linguaggio essere sem- pre molto controllato. Questo non significa che nessun richiamo possa essere fatto alle emozioni ma, nel fare tali richiami, si deve evitare di travisare la verità o di fare qualunque altra cosa che pos- sa distruggere la rispettabilità intellettuale dell'ideollogia.
188. A un secondo livello, l'ideologia dovrebbe essere propagata in una forma semplificata che permettesse alla maggioranza immatura di cogliere il conflitto tra tecnologia e natura con chia- rezza e senza ambiguità. Ma anche a questo secondo livello l'ideo- logia non dovrebbe essere espressa in un linguaggio approssimati- vo, violento o irrazionale, che aliena il tipo di persone ragionevoli e razionali. Una propaganda meschina e smodata alcune volte rag- guinge dei risultati di grande effetto a breve termine, però potrà essere piÙ vantaggioso nel lungo periodo mantenere la lealtà di un piccolo numero di persone impegnate con intelligenza piuttosto che suscitare passioni in una folla capricciosa e irriflessiva che cam- bierà il suo atteggiamento nel momento in cui qualcun altro arri- verà esibendo un trucco propagandistico piÙ efficace. Comunque, la propaganda che agita le masse popolari può essere necessaria quando il sistema è vicino al punto di collasso e vi sia una lotta fina le tra ideologie rivali per determinare quella che diverrà dominan- te quando la visione del vecchio mondo scomparirà.
189. Prima della lotta finale i rivoluzionari non dovrebbero aspet- tarsi di avere la maggioranza dalla loro parte. La storia è fatta da minoranze attive e determinate, non dalla maggioranza, che rara- mante ha una idea chiara e precisa di quello che realmente vuole. Nel tempo necessario per arrivare allo sforzo finale verso la rivolu- zione il compito dei rivoluzionari sarà quello di costituire un pic- colo nucleo di persone profondamente coinvolte piuttosto che cercare di guadagnarsi il favore della massa. Per quanto riguarda la maggioranza, sarà sufficiente renderla consapevole dell'esistenza della nuova ideologia e ricordargliela con frequenza: sebbene, naturalmente, sia desiderabile avere il sostegno dalla maggioranza fino al punto in cui questo possa essere ottenuto senza indebolire il nucleo delle persone seriamente coinvolte.
19O. Qualunque tipo di conflitto sociale contribuisce a destabi- lizzare il sistema ma bisogna fare attenione al tipo di conflitto che si incoraggia. La linea del conflitto dovrebbe essere tracciata tra la massa delle persone e l'élite detentrice del potere nella società industriale (politici, scienzianti, dirigenti di affari di livel- lo superiore, funzionari del governo, ecc.). Non dovrebbe essere tracciata tra i rivoluzionari e la massa delle persone. Per esempio, sarebbe una cattiva strategia per i rivoluzionari condannare gli americani per le loro abitudini consumistiche. L'americano medio dovrebbe essere invece ritratto come una vittima della industria del marketing e della pubblicità, che loha truffato facendogli comprare un muccio di rifiuti di cui non ha bisogno e che questo è un piccolo risarcimento rispetto alla sua perdita di libertà. Ogni opproccio deve essere supportato dai fatti. È solo una questione di atteggiamento: biasimare l'industria pubblici- taria per la sua manipolazione del pubblico o biasimare il pub- blico per essersi lasciato manipolare. Per una questione di strate- gia si dovrebbe evitare di biasimare il pubblico.
191. Prima di incoraggare qualunque altro conflitto sociale ci si dovrebbe dedicare sollevare conflitti tra l'élite detentrice del potere (che possiede la tecnologia) e il pubblico generale (sul quale la tecnologia esercita il suo potere). Bisogna infatti consi- derare per prima cosa che troppi scontri tendono a distrarre l'at- tenzione dai conflitti importanti (tra l'élite del potere e la gente comune, tra la tecnologia e la natura); dall'altra parte nuovi con- trasti possono realmente incoraggiare la tecnologizzazione, per- ché ogni parte, in tale guerra, potrebbe voler usare il potere te- cnologico per guadagnare vantaggi sul suo avversario. Questo si vede chiaramente nelle rivalità tra nazioni e nelle lotte etniche all'interno di nazioni. Per esempio, in America molti leader neri sono ansiosi di ottenere potere per gli afro-americani facendo arri- vare individui neri nella élite del potere tecnologico. Vogliano che ci siano molti funzionari di governo neri, scienziati, dirigenti di grandi aziende e cosÍ via. In questo modo aiutano all'assorbi- mento della subcultura afro-americana da parte del sistema tec- nologico. In generale si dovrebbero incoraggiare solo quei con- flitti sociali che possono essere inseriti nella struttura della lotta tra l'élite di potere e la gente comune, la tecnologia e la natura.
192. Una difesa militante dei diritti delle minoranze non è la maniera per scoraggiare un conflitto etnico (vedi paragrafo 22, 29). Invece i rivoluzionari dovrebbero insistere sul fatto che, anche se le minoraze soffrono uno svantaggio piÙ o meno dan- noso, questo svantaggio è di significato marginale. Il nostro nemi- co vero è il sistema industriale-tecnologico e nella lotta contro il sistema le distinzioni etniche non hanno importanza.
193. Il tipo di rivoluzione che abbiamo in mente non implica necessariamente una ribellione armata contro il governo. Può o no implicare violenza fisica, ma non sarà mai una rivoluzione politica. Il suo epicentro sarà la tecnologia e le economie, non le politiche.
194. Probabilmente i rivoluzionari dovrebbero evitare persino di assumere il potere politico, sia con mezzi legali o illegali, fintan- to che il sistema industriale non sia talmente sotto pressione da giungere a un punto di un ritorno, dimostrando cosÍ di essere un fallimento agli occhi della maggioranza della gente. Suppo- niamo, per esempio, che un qualche partito "verde" ottenesse con una elezione il controllo del Congresso degli Stati Uniti. Per evi- tare di tradire o di annacquare la sua ideologia dovrebbe prende- re rigide misure per mutare la crescita economica in una contra- zione economica. All'uomo comune i risultati apparirebbero disastrosi: massicciadisoccupazione, penuria di comodità, ecc. Persino se fossero evitati gli effetti negativi piÙ evidenti, attra- verso una abile direzione sovra-umana la gente dovrebbe abban- donare i lussi da cui dipendeva. Crescerebbe l'insoddisfazione, il partito "verde" subirebbe un crollo di voti e i rivoluzionari subi- rebbero un duro rovescio. Per questa ragione i rivoluzionari non dovrebbero cercare di acquisire il potere politico fintanto che il sistema non sia arrivato a creare un tale disordine che qualunque privazione sarebbe vista come risultato dei fallimenti del sistema industriale stesso e non delle politiche dei rivoluzionari. La rivolu- zione contro la tecnologia con tutta probabilità sarà la rivoluzio- ne dal basso e non dall'alto.
195. La rivoluzione deve essere internazionale e planetaria. Non può essere condatta su base nazionale. Ogni qualvolta si sostie- ne che gli Stati Uniti, per esempio, dovrebbero rallentare il pro- gresso tecnologico o la crescita economica la gente diventa iste- rica e incomincia a urlare che se noi abbassassimo il livello tec- nologico i giapponesi ci supererebbero. Sacri Robor! Il mondo esce dalla sua orbita se il giapponese vende piÙ macchine di noi! (Il nazionalismo è il grande fautore della tecnologia.) PiÙ ragio- nevolmente si sostiene che se le nazioni relativamente democra- tiche abbassassero il proprio livello tecnologico mentre le disgru- stose nazioni dittatoriali, come la Cina, il Vietnam e la Corea del nord, contnuano a progredire, alla fine i dittatori protrebbero arrivare a dominare il mondo. Queesta è la ragione per la quale il sistema industriale dovrebbe essere attaccato in tutte le nazioni simultaneamente, per quanto possibile. È vero, non vi è certezza che il sistema industriale possa essere distrutto quasi nello stesso momento in tutto il mondo, ed è persino possibile che il tenta- tivo di rovesciare il sistema possa portare invece al dominio del sistema da parte dei dittatori. Questo è un rischio che deve esse- re preso in considerazione. E vale la pena considerarlo, visto che la differenza tra un sistema industriale "democratico" e uno con- trollato da dittatori è piccola, paragonata alla differenza tra un sistema industriale e uno non industriale. Si potrebbe persino s ostenere che un sistema industriale controllato da dittatori sareb- be preferibile, perché i sistemi controllati da dittatori normal- mente si sono dimostrati inefficienti, quindi è più probabile che crollerebbero spontaneamente. Vedi Cuba.
196. I rivoluzionari dovrebbero favorire misure tendono a legare l'economia del modo in un meccanismo unico. Trattati di libero commercio come Nafta e il Gatt sono probabilmente dannosi per l'ambiente nel breve periodo, ma nel lungo periodo possono forse essere vantaggiosi perché incoraggano l'interdi- pendenza economica tra le nazioni. Sarà piÙ facile distruggere il sistema industriale su base planetaria se l'economia del mondo è cosÍ unita che il collasso in una delle sue maggiori nazioni pro- voca il crollo delle altre nazioni industrializzate.
197. Alcune persone ritengono che l'uomo moderno abbia trop- po potere, troppo controllo sulla natura; sostengono un atteg- giamento piÙ passivo da parte della razza umana. Il minimo che si possa dire è che queste persone non si esprimono chiaramen- te, perché non riescono a distinguere tra potere di grandi orga- nizzazioni e potere di individui e piccoli gruppi. È un errore soste- nere l'impotenza e la passività perché la gente ha bisogno del pote- re. L'uomo moderno come una entità collettivi - cioè il sistema industriale - ha un immenso potere sulla natura e noi conside- riamo ciò negativo. Ma gli individui e i piccoli gruppi di indivi- dui hanno molto meno potere degli uomini primitivi. In gene- rale, l'ampio potere dell'"uomo moderno" sulla natura è eserci- tato non dagli individui o piccoli gruppi ma da grandi organiz- zazioni. Fino al punto che l'individuo moderno può dominare il potere della tecnologia ma ciò gli viene permesso solo entro stret- ti limiti e solo la supervisione e il controllo del sistema (hai bisogno di una patente per qualunque cosa e con la patente arri- vano le regole e i regolamenti). L'individuo riceve solo quei pote- ri tecnologici che il sistema sceglie di concedergli. Il suo potere personale sulla natura è minimo.
198. Gli individi primitivi e i piccoli gruppi in realtà avevano un considerevole potere sulla natura, o forse sarebbe meglio dire potere dentro la natura. Quando l'uomo primitivo aveva bisogno di cibo sapeva come trovarlo e si nutriva di radici commestibili, sepeva come seguire le tracce e come preparare armi rudimenta- li. Conosceva il modo di proteggersi dal caldo, dal freddo, dalla pioggia, dagli animali e dai pericoli ecc. Ma l'uomo primitivo danneggiava la natura relativamente poco perché il otere collet- tivo della società primitiva era insignificante in confronto al pote- re collettivo della società industriale.
199. Invece di sostenere l'impotenza e la passività si dovrebbe sostenere che il potere del sistema industriale dovrebbe essere abbattuto, e che ciò aumenterebbe grandemente il potere e la libertà degli individui e dei piccoli gruppi.
2OO. Fino a che il sistema industeriale non sarà distrutto comple- tamente la distruzione di quel sistema deve essere l'inico obietti- vo dei rivoluzionari. Altri obiettivi distrarrebbeo l'attenzione e l'enegia dall'obiettivo principale. Cosa ancora piÙ importante, se i rivoluzionari acconsentono a spostare la loro attenzione ver- so un obiettivo diverso dalla distruzione della tecnologia, saran- no tentati di usare la tecnologia come uno strumento per rag- giungere l'altro obiettivpo. Se essi accettano questa tentazione rica- dono giusto nella trppola tecnologia, perché la tecnologia moderna è un sistema unico, ermeticamente organizzato, cosÍ che per conservare qualche tecnologia ci si trova obbligati a conser- vare la maggior parte della tecnologia, quindi si finisce col sacri- ficare solo quantità simboliche di tecnologia.
2O1. Supponiamo per esempio che i rivoluzionari prendano come obiettivo la "giustizia sociale". Essendo la natura dell'esse- re umano quella che è, lagiustizia sociale non si instaurerebbe spontaneamente; dovrebbero essere sostenuta. Per sostenerla i rivo- luzionari dovrebbero conservare l'organizzazione centrale e il controllo. Per questo avrebbero bisogno di trasporti rapidi a lun- ga distanza e di comunicazioni, e quindi di tutta la tecnologia richiesta per mantenere i sistemi di comunicazione e di traspor- to. Per nutrire e vestire la povera gente dovrebbero usare la tec- nologia agricola e manufatturiera. E così via. CosÍ il tentativo di assicurare la giustizia sociale li fozerebbe a conservare la maggior parte del sistema tecnologico. Non che abbiamo qualcosa contro la giustizia sociale, ma non si può permettere che interferisca con il tentativo di liberarsi dal sistema tecnologico.
2O2. Sarebbe ingenuo per i rivoluzionari attaccare il sistema sen- za usare qualche tecnologia moderna. Se non altro perché occor- rono i mezzi di comunicazione per diffondere il messaggio. Ma dovrebbero usare la tecnogia moderna solo per uno scopo: attaccare il sistema tecnologico.
2O3. Immaginiamo un alcolizzato seduto di fronte a una botte di vino. Immaginiamo che egli comici col dire a sé stesso: “Il vino non ti fa danno se usato con moderazione. Perché, dicono, le piccole dosi di vino ti fanno persino bene! Non mi farà alcun male sorseggiarne un pò”. Sappiamo bene come va a finire. Non dimenticare che la razza umana rispetto alla tecnologia è un alco- llzzato di fronte a botte di vino.
2O4. I rivoluzionari dovrebbero avere piÙ bambini possibili. È provato con sufficiente scientificità che le attitudini sociali sono, per gran parte, ereditarie. Nessuno sostiene chel'attitudine socia- le è un esito diretto della costituzione genetica di una persona ma sembra che le caratteristiche della personalità tendano, dentro il contesto della nostra società, a rendere più probabile che una per- sona assuma un determinato atteggiamento sociale. Obiezioni a queste conclusioni sono state mosse, ma sono deboli e sembrano essere motivate ideologicamente. In ogni caso, nessuno nega, in genere, diavere atteggiamenti sociali simili a quelli dei suoi geni- tori. Dal nostro punto di vista non importa troppo se le attitu- dini siano trasmesse geneticamente o attraverso l'educazione. In entrambi i casi esse vengono trasmesse.
2O5. Il problema è che molti di coloro che sono inclini a ribel- larsi contro il sistema industriale sono interessati anche ai pro- blemi della popolazione, quindi sono inclini ad avere pochi o nes- sun bambino. In questo modo essi consegnano il mondo a colo- ro che sostengono o almeno accettano il sistema industriale. Per assicurare la forza della prossima generazione di rivoluzionari la generazione attuale deve riprodursi abbondantemente. Ciò peg- giorerà il problema della popolazione solo leggermente, e la cosa più importante è liberarsi del sistema industriale perché, una vol- ta distrutto, la popolazione del mondo necessariamente decre- scerà (vedi il paragrafo 166). Al contrario, se il sistema industriale sopravvive continuerà a sviluppora nuove tecniche di produzio- ne di cibo che potranno permettere alla popolazione del mondo di continuare a crescere in modo del tutto incalcolabile.
2O6. Riguardo alla strategia rivoluzionaria l'unico punto su cui insistiamo molto è che l'obiettivo primario deve essere l'elimina- zione della tecnologia moderna e nessun altro obiettivo può com- petere con questo. Per il resto, i rivoluzionari dovrebbero avere un approccio empirico. Se l'esperienza indica che alcune racco- mandazioni dei paragrafi precedenti non danno buoni risultati, allora quelle stesse raccomandazioni dovrebbero essere scartate.

LA SOCIETÀ INDUSTRIALE E IL SUO FUTURO (parte 4)

Controllo del comportamento umano
143. Sin dall'inizio della civiltà le società organizzate hanno imposto dei condizionamenti agli essere umani a vantaggio del funzionamento dell'organismo sociale. I tipi di condizionamen- ti variano grandemente da una società all'altra. Alcuni sono fisi- ci (dieta povera, lavoro eccessivo, inquinamento ambientale), alcuni psicologici (rumore, affollamento, obbligo di adattare il proprio comportamento al modello che la società richiede). Nel passato la natura umana è stata molto stabile o, in ogni caso, poco mutevole. Di conseguenza, le società sono state capaci di condi- zionare la gente solo entro certi limiti. Quando il limite della sop- portazione umana viene oltrepassato ecco comparire gli aspetti negativi: ribellione, crimine, corruzione, assenteismo, depressio- ne e altri disturbi mentali, un elevato indice di mortalità, un indi- ce di natalità basso o altro ancora, cosÍ che la socità o crolla o il suo funzionamento perde di efficienza ed essa è sostituita (velo- cemente o gradulmente, attraverso la conquista, il logoramento o l'evoluzione) da una forma di società piÙ valida.
144. CosÍ la natura umana, in passato, ha posto alcuni confini allo sviluppo delle società. La gente poteva essere spinta verso schermi comportamentali prefissati solo entro certi limiti. Ma oggi protrebbe avvenire un cambiamento perché la tecnologia moder- na sta sviluppando delle misure per modificare gli esseri umani.
145. Immaggina una società che costringe a vivere in con- dizioni di grande infelicità cosÍ da fornire le droghe per scacciar via questa condizione. Fantascienza? In un certo qual modo ciò sta realmente accadendonella nostra società. È noto quanto sia ampiamente aumetato l'indice della depressione clinica negli ultimi decenni. Noi crediamo che questo sia dovuto alla disgre- gazione del processo del potere, come spiegato nei paragrafi 59- Ma persino se fossimo in errore l'aumentato indice della depressione è certamente il risultato di alcune condizioni presen- ti nella società di oggi. Invece di rimuovere le condizioni che ren- dono la gente depressa la società moderna fornisce droghe anti- depressive. In effetti gli antidepressivi sono un mezzo per modi- ficare l'interiorità dell'individuo in modo da permettergli di tol- lerare condizioni sociali altrimenti insopportabili. (Naturalmen- tesappiamo che la depressione è spesso di origine puramente genetica. Noi ci stiamo riferendo qui a quei casi nei quali l'am- biente gioca il ruolo predominante).
146. Le droghe che condizionano la mente sono solo uno dei mezzi di controllo del comportamento umano che la società moderna sta sviluppando. Guardiamone qualche altro.
147. Per cominciare, vi sono le tecniche di sorveglianza. Attual- mente videocamere nascoste sono usate nella maggior parte dei negozi e in molti altri posti; i computer sono usati per raccoglie- re e elaborare grandi quantità di informazioni sugli individui. I dati cosÍ ottenuti aumentano l'efficaccia della coercizione fisica (esempio: rafforzamento delle leggi). Quindi vi sono i metodi della propaganda, ai quali i mezzi di comunicazione di massa for- niscono un veicolo efficace. Tecniche efficaci sono state svilup- pate per vincere le elezioni, vendere prodotti, influenzare l'opi- nione pubblica. L'industria dell'intrattenimento serve come importante strumento psicologico del sistema persino quando scodella grandi quantità di esso e violenza. L'intrattenimento fornisce all'uomo moderno mezzi indispensabili di fuga. Assor- bito dalla televisione, video ecc., egli può dimenticare lo stress, l'ansia, la frustrazione, l'insoddisfazione. Molte persone "non civilizzate" quando non devono lavorare sono contente di sedere per ore non facendo nulla perché sono in pace con sé stesse e con il mondo. Ma la maggior parte delle persone moderne devono essere costantemente occupate o intrattenute sennò si "annoia- no", diventano inquiete, agitate, irritabili.
148. Altre tecniche agiscono in modo piÙ sotterraneo di quelle menzionate. L'educazione non è piÙ il semplice compito di puni- re bambino quando non conosce la lezione e di congratular- sicon lui quando la sa. L'educazione sta diventanto una tecnica scientifica destinata a controllare lo sviluppo del bambino. Il Centro di apprendimento Sylvan, per esempi, ha avuto un gran- de successo nel motivare i bambini allo studio, e, allo stesso modo, tecniche psicologiche sono usate con piÙ o meno succes- so in molte scuole convenzionali. Tecniche insegnate "ai genito- ri" servono a far sÍ che i bambini accettino i valori fondamentali del sistema e a farli comportarenel modo che il sistema trova desi- derabile. Programmi di salute mentale, tecniche di "intervento", la psicoterapia e cosÍ via sono apparentemente destinate al benes- sere degli individui, ma in pratica servono, di solito, come meto- di per indurli a pensare ea comportarsi come il sistema richiede. (Non vi è alcuna contraddizione. Un individuo che, a causa del proprio atteggiamento o comportamento, si trovi in conflitto con il sistema è destinato a fronteggiare una forza potente che non è capace di sottomettere o di sfuggire, quindi è probabile che sof- fra di stress, frustrazione, sconfitta. La sua strada sarà molto piÙ facile se pensa e si comporta come il sistema vuole. In questo sen- so, il sistema si muove per il bene dell'individuo quando gli fa il lavaggio del cervello e lo induce al cnformismo). L'abuso di bam- bini nelle sue forme piÙ rozze e ovvie è disapprovato in quasi tut- te le culture. Tormentare un bambino per una ragione futile o per nessuna ragione è qualcosa che terrorizza quasi tutti. Ma molti psicologi interpretano il concetto di abuso in una misura molto piÙ ampia. Lo sculacciare, quando usato come parte di un siste- ma razionale e esauriente di disciplina, può essere una forma di abuso? La questione sarà alla fine decisa dal sapere se le sculac- ciate tendono a produrre un comportamento che faciliterà l'in- serimento della persona nel sistema esistente di sociatà. In prati- ca, la parola "abuso" tende a inclure qualsiasi metodo di edu- cazione dei bambini che produca comportamenti sconvenienti per il sistema. CosÍ, quando vanno al di là della prevenzione del- la ovvia crudeltà insesata, i programmi per prevenire "abuso sui bambini" sono diretti verso il controllo del comportamento umano da parte del sistema.
149. Presumibilmente la ricerca cercherà di aumentare l'effica- cia delle tecniche psicologiche nel controllo del comportamento umano. Ma noi pensiamo che sia improbabile che le tecniche psi- cologiche da sole possano essere sufficienti a far adattare gli esse- ri umani al tipo di società che la tecnologia sta creando. Si dovrà ricorrere probabilmente a metodi biologici. Abbiamo già parlato dell'uso delle droghe in relazione a questo. La neurologia potreb- be fornire altre strade per modificare laq mente umana. L'inge- gneria genetica degli esseri umani è già all'opera nella forma di "terapia dei geni" e non vi è alcuna ragione per ritenere che tali metodi non saranno alla fine usati per modificare quegli aspetti del corpo che condizionano il funzionamento mentale.
15O. Come abbiamo detto nel paragrafo 133 sembra che la società industriale stia entrando inun periodo di pesante crisi, dovuto in parte ai problemi del comportamento umano e in parte ai problemi economici e dell'ambiente. E una considere- vole proporzione dei problemi economici e ambientali del siste- ma deriva dal modo in cui gli esseri umani si comportano. Alie- nazione, bassa autostima, dpressione, ostilità, ribellione, bam- bini che non vogliono studiare, gang di giovani, uso di droghe illegali, abuso di bambini, altri crimini, sesso insicuro, gravi- danze di bambine, crescita della popolazione, corruzione politi- ca, odio tra razze, rivalità etnica, conflitti ideologici aspri (per esempio gli abortisti "per la scelta" contro gli antiabortisti "per la vita"), l'estremismo politico, il terrorismo, il sabotaggio, i gruppi antigoverno, i gruppi di odio. Tutto questo minaccia la reale sopravvivenza del sistema. Il sistemasi vedrà obbligato a usare qualunque mezzo pratico per controllare il comporta- mento umano.
151. La disgregazione sociale che noi oggi vediamo non è certa- mente il risultato di un caso. Esso può essere solo il risultato delle condizioni di vita che il sistema impone alla gente. Noi abbiiamo sostenuto che la piÙ importante di questecondizioni è la disgrega- zione del processo del potere. Se il sistema ha buon esito nell'im- porre un controllo sufficiente sul comportamento umano per assi- curare la sua propria sopravvivenza, un nuovo spartiacque nella storia umana sarà oltrepassato. Dove in passato i limiti della resi- stenza umana hanno imposto limiti allo sviluppo delle società (come abbiamo spiegato nei paragrafi 143 e 144) la società indu- striale-tecnologica sarà capace di oltrepassare questi limiti modifi- cando gli esseri umani, sia con metodi psicologici che con metodi biologici o con entrambi. Nel futuro i sistemi sociali non dovran- no adattarsi alla richiesta dei bisogni degli esseri umani. Invece l'essere umano si adatterà alla richiesta dei bisogni del sistema.
152. In generale, il controllo tecnologico sul comportamento umano probabilmente non sarà introdotto con una intenzione totalitaria o col desiderio conscio di restringere la libertà uma- na. Ogni nuovo passo nella diffusione del controllo sulla men- te umana sarà conderato come una risposta razionale al proble- ma che l'umanità affronta in quel momento: come curare l'al- coolismo, ridurre l'indice della criminalità o indurre la gioventÙ a studiare la scienza e l'ingegneria. In molti casi, vi sarà una giu- stificazione umanitaria. Per esempio, quando uno psichiatra pre- scrive un antidepressivo a un paziente, egli sta sicuramente facen- do un favore a quell'individuo. Dovrebbe essere considerato inu- mano negare la droga a qualcuno che ne ha bisogno. Quando i genitori inviano i loro bambini al Centro di apprendimento Syl- van per far sÍ che siano manipolati al punto di essere entusiasti dei loro studi lo fanno per interesse verso il benessere dei loro bambini. Potrebbe accadere che alcuni genitori, però, pensino che non si debba avere un educazione specializzata per avere un lavoro e che i loro bambini non debbano subire il lavaggio del cervello per poi rincretinire di fronte al computer. Ma cosa pos- sono fare? Non possono cambiare la società e il loro bambino potrebbe non avere un futuro lavorativo se nonha determinate capacità. CosÍ lo mandano alla Sylvan.
153. Così il controllo sul comportamento umano sarà intrpdot- to non da una decisione calcolata delle autorità ma attraverso un processo di evoluzione sociale (comunque una rapida evoluzio- ne). Sarà impossibile resistere a questo processo perché ogni avan- zamento considerato in sé apparirà vantaggioso o, al limite, il male che ne deriva sembrerà minore del danno provocato dalla sua non attuazione (vedere paragrafo 127). La propaganda, per esempio, è usata per molti buoni motivi, come scoraggare l'a- buso sui bambini o l'odio di razza (vedi nota 14). L'educazione sussule è ovviamente utile, tuttavia l'effetto dell'educazione ses- suale (laddove ha successo) è di togliere alla famiglia il modella- mento degli atteggiamenti sessuali ponendolo nelle mani dello Stato tramite il sistema pubblico della scuola.
154. Supponiamo che venga scoperta una caratteristica biologi- ca che aumenti la probabilità che un bambino possa divenire un criminale e supponiamo qualche sorta di terapia genetica che pos- sa rimuovere questo ratto. Di sicuro la maggiorparte dei geni- tori i cui bambini possiedono questa caratteristica li sottopor- ranno a terapia. Sarebbe inumano comportarsi altrimenti, visto che il bambino probabilmente avrebbe una vita miserabile se divenisse un criminale. Ma molte, o probabilmente la maggior parte, delle società primitive hanno un indice limitato di crimi- nalità in confronto a quello della nostra società, non avendo né metodi ad alta tecnologia per l'educazione dei bambini né siste- mi duri di punizione. Visto che non è ragione di supporre che gli uomini moderni abbiano tendenze innate predatorie maggio- ri degli uomini primitivi, l'alto indice di criminalità della nostra società è probabilmente dovuto alle pressioni che le condizioni moderne impongono alla gente, alle quali molti non possono o non vogliono conformarsi. CosÍ un trattamento programmato a rimuovere le tendenze criminali potenziali è anche in parte un modo di ri-costruire la gente in modo da soddisfare le richieste del sistema.
155. La nostra società tende a considerare "malattie" qualsiasi opinione o comportamento scomodo per il sistema e questo è plausibile perche, quando un individuo non si adatta al sistema, egli viene colpito da qualche patologia creando, in tal modo, pro- blemi anche al sistema. Pertanto la manipolazione di un indivi- duo per adattarlo al sistema è vista come "cura" di una "malattia" e quindi come cosa positiva.
156. Nel paragrafo 128 abbiamo sottolineato come l'uso di un nuovo prodotto tecnologico è inizialmente facoltativo, ma non rimane in seguito necessariamente tale perchè la nuova tecnolo- gia tende a cambiare la società e diviene difficile o impossibile per chiunque operare senza farvi ricorso. Questo si applica anche alla tecnologia del comportamento umano. In un modo nel quale la maggior parte dei bambini è immessa in un programma che li rende entusiasti per lo studio, un genitore si sentirà obblicato a inserire suo figlio in questo programma perchéaltrimenti il bam- bino diventerebbe, in confronto agli altri, un ignorante e quindi non utilizzabile. Oppure supponiamo che venga scoperto un trat- tamento biologico che, senzagli indesiderabili effetti collaterali, riduca di gran lunga lo stress psicologico di cui cosÍ tante perso- ne soffrono nella nostra società. Se un gran numero di persone scegliesse di sottoporsi al trattamento, allora il livello generale di stress nella società si ridurrebbe e renderebbe possibile al sistema aumentare la pressione produttrice di stress. Infatti, qualcosa di simile sembra essere già accaduto con uno dei piÙ importanti strumenti psicologici della nostra società, che permette alla gen- te di ridurre (o almeno fuggire temporaneamente) lo stress, vale a dire l'intrattenimento di massa (vedi paragrafo 147). Il nostro uso dell'intrattenimento di massa è "facoltativo". Nessuna legge ci impone di vedere la televisione, ascoltare la radio, leggere rivi- ste. Tuttavia l'intrattenimento di massa è un mezzo di fuga e di riduzione dello stress di cui la maggiore parte di noi è divenuta dipendente. Tutti si lamentano di una televisione priva di valori, ma quasi tutti la guardiamo. Pochi hanno abbandonato l'uso del- la televisione e sarebbe una persona eccezionale quella che oggi potrebbe tirare avanti senza usare qualche forma di intratteni- mento di massa (tuttavia, fino a poco tempo fa, nella storia del- l'umanità la maggior parte degli individui tirava avanti piacevol- mente senza alcun intrattenimento di massa, a parte quello che ogni comunità locale creava per sé). Senza l'industria dell'intrat- tenimento il sistema probabilmente non sarebbe stato capace di imporci una cosÍ pesante pressione produttrice di stress.
157. Presumendo che la società industriale sopravviva, è proba- bile che la tecnologia, alla fine, acquisisca un qualcosa che si avvi- cini al controllo completo del comportamento umano. È stato stabilito al di là di ogni ragionevole dubbio che il pensiero uma- no e il comportamento hanno una larga base biologica. Gli scien- ziati hanno dimostrato che sensazioni come la fame, il piacere, la rabbia e la paura possono essere provocate o eliminate da una sti- molazione elettrica a determinate parti del cervello. La memoria può essere distrutta da danni cerebrali o può essere portata alla superficie attraverso la stimolazione elettrica. Possono essere indotte allucinazioni e i sentimenti possono essere alterati dalle droghe. Ci può essere o no un'anima umana immateriale, ma, se esistesse, essa sarebbe sicuramente meno potente dei meccanismi biologici del comportamento umano. Perché se cosÍ non fosse allora i ricercatori non sarebbero capaci di manipolare tanto facil- mente le sensazioni e i comportamenti umani con droghe e cor- renti elettriche.
158. Probabilmente non sarebbe pratico impiantare nella testa degli individui elettrodi che ne permettano il controlllo da parte delle autorità. Ma il fatto che i pensieri e le sensazioni umane sia- no cosÍ aperti all'intervento biologico dimostra che il problema di questo genere di controllo è principalmente un problema tec- nico: un problema di neuroni, e molecole complesse; il tipo di problema che è aperto all'attacco scientifico. Dato il con- siderevole primato della nostra società di risolvere problemi tec- nici, è probabile che grandi progressi saranno compiuti nel con- trollo del comportamento umano.
159. La resistenza pubblica impodirà l'introduzione del control- lo tecnologico del comportamento umano? Certamente potreb- be tentare di impedirlo qualora ci fosse il tentativo di imporre tale controllo improvvisamente e in un sol colpo. Visto però che il controllo tecnologico sarà introdotto attraverso una lunga sequela di piccoli passi, non vi sarà una resistenza pubblica razio- nale ed efficace (vedi i paragrafi 127,133,153.).
16O. A coloro che pensano che tutto questo sappia di fanta- scienza, noi mostriamo come la fantascienza di ieri sia il nostro presente. La rivoluzione industriale ha alterato radicalmente l'ambiente dell'uomo e il suo modo di vita e, visto che la tecno- logia è sempre piÙ applicata al corpo umano e alla mente, ci si deve solo aspettare che l'uomo stesso sia alterato radicalmente come lo sono stati il suo ambiente e il suo modo di vita.
La razza umana a un bivio
161. Ma siamo andati avanti troppo in fretta rispetto alla nostra storia. Una cosa è sviluppare in laboratorio una serie di tecniche psicologiche o biologiche per la manipolazione del comporta- mento umano e un'altra è integrare queste tecniche in un siste- ma sociale funzionante. La seconda è di gran lunga la piÙ diffi- cile. Per esempio, mentre le tecniche di psicologia educativa ope- rano con profitto nelle "scuole laboratorio", dove vengono svi- luppare e messe in pratica, non possono essere applicate con altrettanta efficacia in tutto il nostro sistema educativo. Le nostre scuole sono, in generale, simili tra loro. I maestri sono troppo impegnati a togliere coltelli e fucili ai ragazzi piuttosto che assog- gettarli alle piÙ innovative tecniche che li rendano dei cretini del computer. CosÍ, a dispetto di tutti i progressi tecnici relativi al comportamento umano, il sistema sino ad oggi non è riuscito con successo a controllare gli esseri umani.Le persone il cui com- portamento è considerato discretamente buono dal sistema sono quelle che potremmo definire "borghesi". Ma sempre piÙ nume- rosi sono quelli che, in un modo o nell'altro si ribellano al siste- ma: i membri delle gang giovanili, i satanisti, i nazi, i radicali, gli ambientalisti, gli uomini delle milizie ecc.
162. Il sistema è attualmente impegnato in una lotta disperata per superare certi problemi cheminacciano la sua sopravvivenza e i problemi del comportamento umano sono i piÙ importanti. Se il sistema riesce ad acquisire in fretta un sufficiente controllo sul comportamento umano probabilmente sopravviverà. Altri- menti crollerà. Noi pensiamo che la questione sarà probabil- mente risolta entro i prossimi decenni, diciamo da 4O a 1OO anni.
163. Supponiamo che il sistema sopravviva alla crisi futura. A quel punto dovrà aver risolto, o almeno aver messo sotto controllo, i problemi principali con cui si deve confrontare, in particolare quello della "socializzazione" degli esseri umani: rendere cioè la gente sufficientemente docile cosÍ che il loro comportamento non minacci piÙ il sistema. Avendo raggiunto ciò, non dovrebbe esser- ci alcun ulteriore ostacolo allo sviluppo della tecnologia ed essa probabilmente avanzerebbe verso la sua logica conclusione, che è il controllo completo di ogni cosa sulla Terra, inclusi gli esseri umani e tutti gli altri importanti organismi. Il sistema potrebbe divenire una organizzazione unitaria, monolitica, o potrebbe esse- re piÙ o meno frammentato e consistere di una serie di organizza- zioni coesistenti in una relazione che include elementi sia di coo- perazione che di competizione, cosÍ come oggi il governo, le gran- di imprese ed altre grandi organizzazioni cooperano e competono allo stesso tempo una con l'altra. La libertà umana svanirà, perché gli individui e i piccoli gruppi saranno impotenti contro le orga- nizzazioni armate con la supertecnologia e un arsenale di avanzati strumenti psicologici e biologici per la manipolazione degli esseri umani, oltre a strumenti di sorveglianza e di coercizione fisica. Solo un piccolonumero di gente avrà un reale potere, e persino questi, probabilmente, avranno solamente una libertà limitata perché anche il loro comportamento sarà regolato; cosÍ come oggi i nostri politici e i dirigenti delle grandi imprese possono conser- vare le loro posizioni di potere solo finché il loro comportamento rimane entro certi limiti discretamente circoscritti.
164. Non immaginare che, volta superata la crisi dei prossi- mi decenni i sistemi porranno termine allo sviluppo di ulteriori tecniche di controllo degli esseri umani e della natura, e che per la sopravvivenza del sistema non sia piÙ necessario aumentare il controllo. Al contrario, una volta che il peggio sarà superato, il sistema aumenterà il controllo sulle persone e sulla natura piÙ velocemente, perché non sarà piÙ ostacolato dalle difficoltà che attualmente incontra. La sopravvivenza non è il motivo princi- pale per estendere il controllo.Come abbiamo spiegato nei para- grafi 87-9O, i tecnici e gli scienziati portano avanti il loro lavoro essenzialmente come una attività sostitutiva; cioè essi soddisfano il loro bisogno di potere risolvendo problemi tecnici. Essi conti- nueranno a far ciò con inesauribile entusiasmo, e i problemi piÙ interessanti che si imporranno alla loro attenzione saranno com- prendere il corpo umano e la mente e intervenire nel loro svi- luppo. Per "il bene dell'umanità", naturalmente.
165. Ma supponiamo, al contrario, che le tensioni future si dimostrino eccessive per il sistema. Se il sistema crolla vi potreb- be essere un periodo di caos, un "periodo di difficoltà", quali la storia ha registrato durante varie epoche nel passato. È impossi- bile predire cosa emergerà da tale periodo, ma ad ogni modo dovrebbe essere concessa alla razza umana una nuova possibilità. Il periodo piÙ grande è che la società industriale cominci a rico- stituirsi entro i primi anni dopo il collasso. Certamente vi saran- no molte persone (specialmente gli affamati di potere) ansiose di riavere al piÙ presto le fabbriche riaperte.
166. Quindi due compiti si presentano di fronte a coloro che odiano la servitÙ alla quale il sistema industriale sta riducendo la razza umana. Primo, dobbiamo lavorare per innalzare le tensio- ni sociali all'interno del sistema, cosÍ da aumentare la probabilità del crollo o di un indebolimento tale da rendere possibile una rivoluzione. Secondo, è necessario sviluppare e propagare un'i- deologia che si opponga alla tecnologia e alla società industriale, se e quando il sistema si mostrerà sufficientemente indebolito. E tale ideologia ci aiuterà ad assicurare che, se e quando la società industriale crollerà, i suoi resti saranno fatti a pezzi senza possi- bilità che possano essere rimessi insieme, cosÍ che il sistema non potrà essere piÙ ricostituito. Le fabbriche devono essere distrut- te, manualibruciati, ecc.