Nonostante l'attualità delle motivazioni poste a base delle varie argomentazioni, queste teorie spiegano solo alcuni dei processi criminogeni, ma non riescono a rendere conto in modo adeguato delle trasformazioni e della grandezza dei fenomeni che oggi sono sotto gli occhi di tutti e che caratterizzano lo scenario dei rapporti tra migrazioni e criminalità.
Si avverte, infatti, l'esigenza di un modello di analisi più vivace e più aderente alla realtà, che sappia combinare le analisi ricordate con un'indagine capace di considerare la criminalità dell'immigrato come dipendente da una serie di fattori, tra cui un ruolo determinante assume l'ingresso delle organizzazioni criminali nel traffico dei migranti. La tesi è che una parte della criminalità commessa dagli stranieri, soprattutto se irregolari o clandestini, è in correlazione con le operazioni di traffico e con lo sfruttamento delle organizzazioni criminali che si dedicano alle migrazioni illegali.
Grazie ad una capace opera di ricerca e di individuazione delle zone economicamente depresse, la criminalità organizzata è riuscita a rendere altamente remunerativo il trasferimento di consistenti masse di persone, spinte dalla necessità della sopravvivenza, verso Paesi ad economia avanzata, estendendo la sua attività oltre il trasporto illegale ed orientando la destinazione dei soggetti interessati attraverso forme diversificate di pubblicità illusoria. In questo traffico, gli interessi degli immigrati, relativamente alla domanda ed all'offerta di trasporto, convergono con quelli delle grandi organizzazioni criminali, pronte a fornire servizi di carattere illegale. Infatti, la speranza di trovare lavoro e la possibilità di eludere la normativa o l'attività di controllo degli ingressi in un Paese, malgrado l'attuazione di una politica migratoria restrittiva, spinge questi soggetti a rivolgersi all'organizzazione criminale, la sola pronta a soddisfarne la domanda.
L'esistenza di queste compagini criminali di notevole spessore ed importanza che agiscono nello specifico settore, anche se coordinando in maniera diversificata le proprie attività, appare ormai certa ed evidenziata dai seguenti fattori:
- entità dei flussi migratori;
- diversa nazionalità delle vittime;
- violenza nella gestione;
- redditività finanziaria del business e suo reinvestimento in attività criminali ancor più redditizie.
Se non già prima, nella fase successiva all'ingresso scatta la morsa del controllo malavitoso, con i vari abusi, angherie e vessazioni che ne conseguono. Sottoponendo questi individui a condizioni di vita più disagiate e degradate di quelle che li hanno costretti ad affrontare i rischi dell'immigrazione clandestina, la criminalità organizzata riesce ad instaurare uno stato di perenne dipendenza che sfocia, sovente, in vere e proprie forme di schiavitù. L'asservimento al potere di queste compagini delinquenziali è totale ed incondizionato fino all'estinzione del debito contratto (42) (destinato ad ingigantirsi nel tempo).
I livelli e le modalità di sfruttamento sono vari e diversi, a seconda del genere e dell'età, ma tutti accumunati dalle diverse pratiche costrittive che vanno dal ricatto psicologico alla minaccia violenta, e spesso il dazio da pagare a chi sfrutta non è solo economico ma anche fisico, sessuale, psicologico. A sottolineare il livello disumano di costrizione vi è, poi, l'inammissibilità di deroghe alle imposizioni, pena l'applicazione di variegati sistemi di punizione che, non di rado, possono comprendere anche la soppressione del soggetto o interessare i prossimi congiunti.
D'altra parte, le condizioni di miseria, di precarietà e di subordinazione costituiscono le premesse sufficienti perché gli immigrati si trovino quasi automaticamente inseriti nei circuiti delle "opportunità" criminali. Per quanto paradossale possa sembrare, è in questo modo che si aprono ampie possibilità di realizzazione di un qualsiasi reddito e di inserimento lavorativo, sia pure saltuario e marginale. Gli immigrati si ritrovano, così, trasformati in un esercito illegale di forza-lavoro di riserva che la malavita può gestire secondo le proprie finalità: da una parte, avviandolo nel mercato del lavoro nero, dall'altra, spingendolo verso attività più propriamente illegali, quali la prostituzione, il traffico e lo spaccio di sostanze stupefacenti, l'accattonaggio, i furti e le rapine. Anche le attività più diffuse ed apparentemente innocue, come il commercio ambulante, spesse volte sono indirettamente gestite dalle organizzazioni criminali attraverso la fornitura della mercanzia, generalmente di contrabbando o provento di furto e rapine.
Insomma, gli immigrati, in virtù del traffico e del conseguente sfruttamento cui vengono sottoposti, costituiscono, per le èlite criminali dei Paesi di origine, terreno fertile per il reclutamento di manovalanza (fedele ed omertosa, se non altro per ragioni di solidarietà etnica), utilissima per espandere all'estero la propria influenza.
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