DISEGNARE FIORI + GRANDI DEI RE
QUANDO GLI CHIESERO DA DOVE GLI FOSSE VENUTA L'IDEA DI
CREARE LA ESCUELA MODERNA FRANCISCO FERRER RISPOSE:
«SEMPLICEMENTE DALLA SCUOLA DELLA MIA INFANZIA,
FACENDO PERÒ ESATTAMENTE TUTTO IL CONTRARIO»
“L'autorità? Ecco il maestro manesco e pedante
soffocatore di intelligenze e sfornatore di anime con le
eccessive anticipazioni, con l’Ipse dixit, con le
catechetiche interrogazioni, con la scuola della
delazione e della finzione.”
Camillo Berneri
L’anarchismo mira alla critica e alla dissoluzione di ogni dominio e autorità intesi come
rapporto gerarchico e di subordinazione tra individui, non solo tra governati e governanti e tra
classi sociali diverse, ma in ogni situazione, dunque anche nella relazione pedagogica: questo è
il vero e unico elemento comune e unificante della tradizione libertaria e anarchica1.
La pedagogia è una delle tematiche ritenute più importanti in ambito libertario e spesso fonte
di discussione. Non di rado, la parola pedagogia è stata utilizzata per giustificare sistemi
educativi autoritari e repressivi, che impediscono al fanciullo di strutturare le proprie
conoscenze in funzione dei propri bisogni, desideri e delle proprie capacità fisiche ed
intellettive.
I libertari, al contrario, attribuiscono alla pedagogia una valenza positiva, soprattutto perché
i bambini, con le loro domande, tendono a mettere tutto in discussione (...cosa c’è di più
libertario che respingere verità preconfezionate e porsi in continuazione domande,
proprio come fanno i bambini?). Molte idee della tradizione libertaria, sono diventate parte
del tessuto del senso comune pedagogico, talvolta però perdendo le caratteristiche e le finalità
per cui si erano sviluppate; altre volte facendo da lievito a delle sperimentazioni educative. La
pedagogia libertaria, nelle sue diverse declinazioni, può arrivare a mettere in discussione la
questione dell’educazione e la stessa pedagogia. Se intendiamo per pedagogia una disciplina
che si occupa in specifico di teoria dell’educazione: la pedagogia libertaria vuole in primo
luogo sottrarre l’educazione agli esperti, rimuovere gli steccati disciplinari e proporre
modelli educativi che hanno una forte valenza, al tempo stesso sociale e politica,
radicalmente antigerarchica e rivoluzionaria .
LA PEDAGOGIA LIBERTARIA
La pedagogia libertaria muove dalla critica delle strutture di potere presenti sia nelle relazioni
macrosociali (L’ Autorità), che in quelle microsociali (un’autorità), per poi giungere a una
pratica
finalizzata al mutamento sociale in senso antiautoritario.
L’educazione libertaria è consapevolmente ed essenzialmente fallibilista e contingente.
Fallibilista perché vuol educare al dubbio, in primo luogo sull’educazione e sull’educatore stesso
e sui suoi metodi; poi perché sa che l’errore è una risorsa auto educativa straordinaria2.
Non vi è libertà se non vi è libertà di errore (Errico Malatesta).
La proposta è quella di un modello educativo aperto, autocritico e antidogmatico. Il fine è il
libero sviluppo dell’autonomia ( e di conseguenza dell’autoeducazione degli individui), di una coscienza critica che sappia analizzare le strutture di dominio e, last but not least, la
trasformazione sociale.
La pedagogia libertaria si orienta eminentemente secondo due modelli, espressione di due
differenti concezioni della “natura umana”:
· negativo (naturale): Compito precipuo dell’educatore è l’osservazione. L’intervento
dell’educatore è ridotto al minimo, in quanto si configurerebbe come elemento di
coercizione rispetto al libero sviluppo verso la libertà. → individualismo
↓
La natura umana ha carattere positivo ed è quindi “naturalmente” orientata alla
libertà.
· positivo (formativo-costruttivo): Compito precipuo dell’educatore è quello di essere
esempio, guida e sostegno. Importanza dell’influenza ambientale sullo sviluppo del
bambino, ruolo centrale della comunità educativa entro cui coltivare le potenzialità di un
individuo. → collettivismo
↓
La natura umana non ha in sé un carattere positivo/negativo, ma viene influenzata
dall’ambiente circostante.
QUALE SCUOLA?3
Vorrei cominciare parlando di scuola pubblica e scuola statale. Per me sono due concetti
completamente diversi anche se l'una e l'altra oggi, in buona parte, si sovrappongono e
nell'immaginario collettivo sono poi la stessa cosa. La scuola pubblica dovrebbe essere
l'insieme delle strutture, degli strumenti, delle iniziative, dell'organizzazione che una società di
liberi e di eguali, senza sfruttamento né oppressione, improntata su una giustizia sociale
assoluta, si dà per provvedere ad una parte dell'educazione e dell'istruzione dei propri membri,
di tutti i membri: bambini, ragazzi, adulti, maschi e femmine. Dico "provvedere a una parte"
perché è auspicabile e inevitabile che "istruzione e educazione" si costruiscano attraverso
numerosi canali. "Scuola pubblica" è pertanto un’espressione linguistica ricca di contenuti sulla
quale oggi si può e si deve ragionare, che va perseguita, ma la cui realizzazione e definizione
procederanno di pari passo con l'emergere e l'affermarsi di una società diversa dall'attuale. A
mio parere, sono evidenti almeno due cose: come sarà questa scuola lo potranno decidere
soltanto coloro che la utilizzeranno e, in secondo luogo, che si tratterà comunque di una
struttura e un'organizzazione molto articolate e in continua evoluzione.
La scuola di stato è evidentemente un'altra cosa, è quella che abbiamo conosciuto e
conosciamo. E' una parte della "istituzione stato", particolarmente deputata al
mantenimento del potere, dell'oppressione, dell'esistente, tutt'al più chiamata a farsi carico di cambiamenti che siano voluti dalle classi dominanti, che siano cioè
funzionali al mantenimento del potere: in quanto tale, va combattuta e demolita. […]
Si insegna non per far emergere in ciascuno quel che ciascuno ha di positivo dentro
di sé, ma per immettere idee precostituite nell'individuo, per fare ciascuno più o
meno uguale a tutti gli altri, piatto e smorto, pronto all'obbedienza e alla passività.
Basterebbe vedere quali sono i contenuti di discipline come storia, geografia, italiano per
rendersi conto di quanto il potere ci tenga a che siano veicolati nelle giovani generazioni
concetti e idee funzionali al dominio. Basterebbe scorrere la maggioranza dei libri di testo che
gran parte dei docenti segue pedissequamente, come e forse peggio di quanto si faceva
quarant'anni fa , identificando ancora il programma da svolgere con le trecento o le
cinquecento pagine del testo in adozione, per rendersi conto di quello che viene trasmesso ai
discenti. Non sono pochi, ad esempio, i libri di storia delle medie inferiori che tuttora rifilano la
tiritera dei sette re di Roma mal dissimulandone la natura leggendaria. Sono assai diffusi libri
che con immagini appropriate e apertamente, o subdolamente fra le righe, esaltano il
fascismo. Introvabili invece, ma può darsi che io sia male informato o tanto di parte da non
vedere bene, testi in cui la visione della storia non sia, non dico non eurocentrica, ma almeno
un po' meno cieca rispetto alle vicende dei popoli di altri continenti. Si trasmettono quindi
contenuti che rispecchiano la cultura dominante, ovviamente in una strutturazione
adeguata alla formazione di individui destinati ad essere dominati o sicuri anelli della
catena di trasmissione fra dominatori e subalterni. La questione dell'eurocentrismo cui
ho accennato basterebbe da sola a fare da esempio di quel che ho detto, attraversando fra
l'altro diverse discipline oggetto di insegnamento nella scuola. Ma si potrebbero citare anche le
idee che vengono trasmesse sulla questione ambientale, sull'inquinamento, sul razzismo, sulla
guerra, sul militarismo; le idee che vengono inculcate sulla struttura gerarchica della
società facendola apparire come inevitabile, indispensabile, in fondo il meglio che si
possa avere, anzi l'unica possibile; le idee sulla religione. Dico idee. Più esattamente
dovrei parlare di acquisizione di uno schema mentale in cui, alla fine dei conti, posto
per idee vere e proprie e senso critico, senza il quale, io credo, non si può parlare di
idee e di pensiero, ce n'è poco. Si fa questo anche se si dice di fare il contrario. Raramente
si trova un docente che non affermi l'uguaglianza degli individui e la necessità della solidarietà
quando poi, nella realtà, fomenta fra i propri alunni egoismo ed arrivismo attraverso voti ed
altri strumenti; in merito alla solidarietà la si confonde in pieno con la carità. Meno raramente
di quel che si creda, si trovano docenti per i quali mettere l'Europa e la nostra "civiltà" al
centro dell'attenzione è obbligatorio e indiscutibile. […]
Si può dire altro e lavorare con contenuti diametralmente opposti a quelli comunemente in
uso: in tutte le discipline, ma soprattutto in alcune, come storia, geografia, educazione civica,
letteratura, diritto, economia, storia dell'arte, musica, educazione fisica. Si possono dare al
lavoro di docente contenuti rivoluzionari anche dietro l'apparenza della normalità. In un corso
di storia, a qualunque livello di scuola, si può trattare delle condizioni di vita e del
pensiero delle classi subalterne. Delle genti dimenticate nella storia ufficiale
possiamo vedere il modo di nutrirsi, di vestire, le abitazioni, le credenze, la cultura, i
contrasti con le classi dominanti, le organizzazioni che si sono date, siano esse state
di resistenza, di lotta o d'altra natura. […]
Avete mai pensato a che cosa si potrebbe dire parlando delle città medioevali?
Le città medioevali ce le hanno sempre mostrate come città da favola: cattedrali, palazzi,
ricche vesti, corti signorili. Citando ancora Brecht: quanti operai morirono nella costruzione
della cattedrale di Santa Maria del Fiore, a Firenze?
Quanto le risorse e le energie spese per quell'opera avrebbero potuto essere impiegate
diversamente e alleviare le condizioni di vita dei poveri? Chi costruì i palazzi? A che età
morivano gli operai addetti alla tintura delle vesti, alla cardatura, alla follatura nelle botteghe
artigiane della Firenze del '300? Le città da favola non erano certo la realtà delle classi
subalterne (lo erano in quanto struttura opprimente), erano la realtà delle classi ricche, di una
minoranza. Avendo presenti anche correnti storiografiche di grande interesse, che hanno
messo in evidenza una storia fatta della vita concreta di ogni giorno evitando di privilegiare la
storia fatta studiando gli archivi diplomatici e basta, si può mostrare la città medioevale
nella sua realtà: la vita dei poveri, dei malati, degli emarginati, degli operai delle
botteghe artigiane, dei servi, dei contadini. Come si vestivano, che cosa mangiavano
e quanto mangiavano, come si divertivano, quanti bambini nascevano e quanti morivano di stenti, che ruolo aveva la donna. E poi i colori della città, la puzza, i rumori
(non erano quelli di oggi, forse erano meno dannosi), la sporcizia.
La città non aveva un aspetto da favola, ma era in buona parte un ammasso
maleodorante di vicoli (e forse meno disordinata ed opprimente delle città odierne).
Che svantaggi comportava questo assetto? E quali vantaggi in termini di "vicinanza",
solidarietà, amicizia, fraternità? Gli allievi si appassionano alla storia sviluppata così, piace loro
perché la vedono concreta, vera, avvincente. […]
Un alunno che per molte ore al giorno, per più anni, siede su un banco fra il chiuso di
quattro mura senza quasi potersi muovere, con poche possibilità di discutere, potrà
anche chiudere le proprie orecchie agli eventuali contenuti ma sarà comunque
marchiato e plasmato in un certo modo: sarà portato alla passività, sarà amorfo, avrà
in mente modelli chiusi e gerarchici, non sarà capace di trasgressioni e rotture in
positivo.
Nella scuola odierna l'autoritarismo è l'essenza, la gerarchia è imperante, la repressione
dell'iniziativa individuale e spontanea è all'ordine del giorno, spazi per la creatività non ve ne
sono. Si sta chiusi, si sta seduti, si ascolta, si parla poco, si ripete quando ci è richiesto, molto
spesso quando ci è richiesto di ragionare in realtà ci è richiesto di ripetere ragionamenti altrui,
"alzate di ingegno" sono accettabili soltanto se nell'ambito del codificato e del riconosciuto, si è
chiamati a partecipare solo formalmente e raramente la partecipazione assume i connotati
dell'attività realmente costruttiva basata su proprie idee e atteggiamenti. Credo che queste
cose tutti le conoscano, sia coloro che sono stati studenti, sia chi è genitore di studenti. Si va a
scuola in spazi ristretti, costretti da orari e meccanismi indiscutibili, normalmente il professore
spiega la lezione, poi fa ripetere, interroga, mette i voti o i giudizi, rispiega se è il caso; il
ruolo dello studente è di passività. Il professore, senza parlare dei presidi, è in una
posizione gerarchica superiore, che lo si voglia o no; sta dall'altra parte, spesso somiglia più a
un giudice che a un docente. Il senso della gerarchia e dell'arrivismo è spesso inculcato
fra gli studenti da quei docenti che soffiano sul fuoco della differenza, che puntano
sui più “bravi”, che li favoriscono, che li mettono al proprio fianco contro i "peggiori",
che creano una piccola élite all'interno della classe per governarla meglio. Sovente
poi i tentativi di cambiare metodologia sono più apparenti che reali. CORPI
La scuola imprigiona i bambini fisicamente,
intellettualmente e moralmente, per dirigere lo sviluppo
delle loro facoltà in una direzione prefissata. Essa li
priva del contatto con la natura per poterli meglio
modellare a suo piacimento (…) L’educazione
attualmente non è altro che un addestramento.
Francisco Ferrer y Guardia
“Che cosa ne è dei corpi a scuola? Che posto ha l’addestramento dei corpi nell’ambito
dell’educazione?
Ciò che si vuole ottenere, e si sa impossibile, è la completa immobilità, al limite del rigor
mortis. Che i corpi degli studenti possano diventare invisibili, affinché si possa liberamente
parlare alle loro giovani e duttili anime ed educarle. Potrebbero essere morti, ci si
accontenterebbe di fantasmi, purché studiosi e capaci di emettere deboli eco che si possano
udire e valutare.
Questa rigidità, questa limitazione dei movimenti, viene ottenuta attraverso un addestramento
dei corpi che dura anni.
Il primo presupposto di fondo è che, crescendo, i corpi debbano rallentare, fermarsi e al limite
annullarsi affinchè si possano compiere operazioni intellettuali più sofisticate: dalla scuola di
infanzia fino all’università si può seguire il percorso dell’istruzione formale come un percorso
che progressivamente rinuncia al corpo come centro del nostro essere al mondo e come
strumento di
apprendimento.
Nella scuola attuale questo inchiodamento al banco ha raggiunto una soglia quantitativa
insuperabile: alcuni studenti restano a scuola per 38-40 ore la settimana, costretti a stare
seduti nei banchi. Ci sono patologie fisiche e funzionali che derivano da questa costrizione, ma
anche l’apprendimento di sistemi di scorporamento, scissione e fuga che parcellizzano l’unità
psicofisica umana e mutilano l’attività comunicativa interpersonale degli esseri umani.
Se il corpo è apertura al mondo, il trattamento disciplinare che esso subisce a scuola
è coerente con la chiusura della scuola rispetto al mondo: luogo separato dal mondo,
non ha bisogno di corpi, ma solo di menti docili.
La costrizione del corpo ha una molteplicità di conseguenze: la mortificazione sensoriale, che
rende incapaci di gustare in modo ricco l’ambiente in cui si vive; il ripiegamento su di sé, nel
senso di una riduzione delle capacità progettuali, dei progetti sul mondo; la limitazione
comunicativa nei rapporti interpersonali; la dissociazione funzionale, che specializza parti del
corpo piegandole alle esigenze sociali. […]
Sentirsi bene nel proprio corpo, sentire scorrere in sé liberamente l’energia vitale, è una
condizione essenziale per vivere pienamente, e proprio per questo le istituzioni pedagogiche
modellano i flussi energetici e li rendono funzionali a modelli stereotipati, omogenei e
controllabili.”
AUTORITÀ COERCITIVA E AUTORITÀ ANONIMA
L’autorità coercitiva è esercitata apertamente ed esplicitamente. Chi possiede l’autorità
comanda senza ambiguità su chi gli è soggetto: “Devi fare questo. Se non lo fai, nei tuoi
confronti verranno applicate certe sanzioni”.
L’autorità anonima invece tende a celare l’uso della forza, sostenendo che non vi è alcuna
autorità
e che ogni cosa viene fatta con il consenso dell’individuo. Mentre una volta l’insegnante diceva
all’allievo: “Tu devi fare questo. Altrimenti sarai punito”, oggi dice: “Sono certo che ti
piacerà farlo”.
In questo caso la vera sanzione non è la punizione corporale, ma l’espressione dispiaciuta dei
genitori, o peggio ancora la convinzione di essere considerati estranei o di non agire come la
maggioranza. Nel primo caso s’impiega la forza, nel secondo la manipolazione
psichica.
Il passaggio da un’autorità coercitiva, in voga nel secolo scorso, all’autorità anonima
del secolo attuale è dovuta alle necessità organizzative della società industriale
moderna. L’accumulazione del capitale ha determinato la formazione di imprese giganti
dirette da burocrazie organizzate gerarchicamente. Grandi masse di operai ed impiegati
lavorano insieme, e ogni individuo è parte di una macchina produttiva organizzata in ogni
dettaglio che per funzionare deve scorrere liscia e senza intralci. L’operaio è solo un
ingranaggio della macchina. In una organizzazione di questo tipo l’individuo viene
costantemente diretto e manipolato.
Anche la sfera dei consumi (nella quale l’individuo esprime la sua libera scelta) viene
controllata, diretta e manipolata in maniera analoga. In ogni acquisto, si tratti di cibo, abiti,
liquori, sigarette, si è sottoposti all’azione di un poderoso apparato di suggestione che agisce
con due scopi: da una parte, far sorgere continuamente nuovi bisogni nell’individuo e dall’altra
indirizzare questi bisogni nei canali che offrono all’industria i profitti più elevati.
L’uomo viene trasformato in consumatore, in un eterno lattante, il cui unico desiderio è di
consumare una maggiore quantità di cose “migliori”.[…]
L’autorità non è scomparsa, né ha perso alcunché della sua forza, ma si è
trasformata nell’autorità anonima della persuasione e della suggestione.
In altre parole per adattarsi l’uomo moderno ha bisogno di illudersi che tutto venga fatto con il
suo consenso e di non rendersi conto di come il consenso gli venga strappato con un sottile
processo di manipolazione. Il consenso gli viene estorto a livello inconscio, dietro le sue spalle.
Nell’educazione progressista impiegano gli stessi artifici. Il fanciullo è costretto ad inghiottire la
pillola, ma stavolta ricoperta da un sottile strato di zucchero. I genitori e gli educatori
hanno confuso l’autentica educazione non autoritaria con l’educazione mediante la
persuasione e la coercizione occulta. L’educazione progressista viene così svuotata di
significato. Fallisce nel suo scopo, non essendo mai riuscita a diventare quel che voleva essere
e non essendo mai giunta al punto dove voleva giungere
PEDAGOGIA NERA
La violenza nell’educazione non è ancora considerata
propriamente come un maltrattamento del bambino,
perché ancora per lo più si nega la sofferenza del
bambino “picchiato per il suo bene”. Si negano le
conseguenze gravi di questi maltrattamenti. Si parla
piuttosto di una correzione che ci ha rafforzato
[…]Oggi non conosco nessuno che mi direbbe che
bisogna maltrattare i bambini. Tuttavia mi si dice,
quasi ovunque, che le sculacciate sono necessarie.
Alice Miller
L’espressione pedagogia nera (poisonous pedagogy) è stata introdotta dalla psicoterapeuta
Alice Miller per indicare una serie di teorie e pratiche implicite ed esplicite assai diffuse che si
basano sulla violenza e sulla sofferenza del bambino come strumenti essenziali della sua
educazione e della sua crescita. Pedagogia nera è la pedagogia della violenza, che
produce e perpetua violenza.
Alcuni dei principi impliciti della pedagogia nera:
· gli adulti sono padroni dei bambini che da loro dipendono
· gli adulti decidono cosa sia giusto/ingiusto senza consultare il bambino
· i genitori vanno sempre difesi
· i genitori, in quanto tali, meritano rispetto a priori
· l’obbedienza fortifica
· la tenerezza è dannosa
· la severità e la freddezza costituiscono una adeguata preparazione per la vita
Questi atteggiamenti e condotte producono nel bambino annullamento e disprezzo di se
stesso, e mancanza di autonomia. Il bambino impara presto che deve ammaestrare e poi
negare i suoi desideri, bisogni, sentimenti, pulsioni, in cambio dell’assenso degli adulti.
PUEROCENTRISMO
L’educazione libertaria è puerocentrica: centrale è il bambino, non l’adulto (né la visione
che l’adulto ha del bambino!). Nodi fondamentali e imprescindibili sono il rispetto e la dignità
del bambino e il rispetto e la dignità delle differenze.
In una metodologia di questo tipo, non trovano spazio: punizioni, autoritarismo, coercizione,
paternalismo, unilateralità, gerontocrazia!
“Per imparare a curare diversamente i bambini, è necessario innanzi tutto che gli adulti
cambino. È l’adulto egocentrico quello che vede tutta la vita del bambino in rapporto a se
stesso, che considera il bambino un essere vuoto da riempire.”6
SCUOLACENTRISMO E DESCOLARIZZAZIONE
Considerare la pedagogia libertaria nell’ambito ristretto
della scuola è senza dubbio un’imperdonabile
limitazione dell’orizzonte.” Una “educazione libertaria
potrebbe essere vista anche come una proposta di esodo
dalla scuola.
Filippo Trasatti
Descolarizzazione è un termine utilizzato da Ivan Illich, che con esso intendeva lo
smantellamento del sistema d’istruzione statale e l'eliminazione dalla società di ogni tipo di
educazione formale.
La scuola, nell'opinione di Illich, è al servizio di interessi particolaristici (soprattutto
economici) ed svolge funzioni di controllo sociale. In quanto istituzione che ha
eminentemente compiti di selezione sociale e di custodia, finisce con l'essere essenzialmente
antieducativa e produce una serie di mali quali l'indottrinamento, la competizione, il rispetto
delle apparenze e dei rituali.
Illich, quindi, propone di sostituire il sistema scolastico con una rete di risorse e di personale
educativo, cui gli individui possano rivolgersi liberamente in relazione ai propri bisogni e
interessi. La descolarizzazione non è, dunque, la mera proposta di abolire tout-court la scuola,
ma piuttosto di una radicale de-istituzionalizzazione dell’educazione.
Pur nella molteplicità delle sue manifestazioni, la scuola ha una forma (“La forma scuola”),
una serie di caratteristiche che la rendono ovunque simile. Nella sua fenomenologia della
scuola, Illich propone di considerarla come un’istituzione che si basa principalmente su 3
fattori:
· la segregazione in base all’età dei discenti
· l’assoggettamento dei discenti a professionisti che detengono il monopolio
dell’educazione
· la frequenza obbligatoria
Ci sono inoltre alcuni dogmi su cui si fonda la scolarizzazione:
· che il vero apprendimento si abbia all’interno della scuolache i migliori trasmettitori di
conoscenze siano gli insegnanti con adeguati titoli professionali
· che il sapere consista in una serie di contenuti graduati secondo le indicazioni degli
esperti delle discipline
· che la scuola fornisca un sapere critico
· che la scuola sia uno strumento di liberazione degli oppressi
· che essa sia una microsocietà che consente di prepararsi alla vita sociale
Contro questi dogmi, Ivan Illich sostiene che, al contrario:
· il vero apprendimento significativo è quello informale, incidentale, casuale, che
suscita sorpresa
· il monopolio del sapere detenuto dagli insegnanti e dalle scuole non serve a
migliorare la trasmissione del sapere, ma a garantire i privilegi di una casta e
il sistema gerarchico di potere
· se si vogliono educare gli individui alla critica bisogna che possano scegliere ciò che li
interessa e che desiderano studiare
· investimenti significativi nei Paesi ricchi non hanno portato a significativi mutamenti
sociali, ma hanno riprodotto la struttura sociale, creando anzi una nuova povertà
legata all’assenza di istruzione certificata
· la scuola è sì una preparazione alla società, ma nel senso di una
predisposizione a una cittadinanza passiva di consumatori disciplinati,
ingannati dal mito dello sviluppo illimitato.
Al di là delle intenzioni anche buone di educatori e riformatori, la scuola obbligatoria, come
altre istituzioni totali, produce sempre alcuni importanti effetti negativi che hanno come
risultato la riproduzione del sistema sociale: insegna a misurare e a quantificare, non solo
il sapere, ma anche se stessi, sulla base di parametri burocratici; produce non il
bisogno di sapere, ma di altra scuola; insegna a integrarsi nel sistema mercantile; insegna a
subordinarsi agli esperti e alla pianificazione istituzionale; prepara l’uomo per un mondo
programmato. La scuola insomma sarebbe il principale meccanismo di conservazione
sociale e di riproduzione della società mercantile.
La descolarizzazione va compresa come tramite per un radicale mutamento sociale che
trasformi le istituzioni manipolatrici in istituzioni conviviali. Sfondo di questo mutamento è la
creazione di un nuovo tipo di rapporto creativo tra l’uomo e il suo ambiente: liberare
l’apprendimento dalla scuola significa moltiplicare le occasioni di apprendimento nel
rapporto con le cose, con la città, con le altre persone, creare quelle che Illich chiama le
“trame dell’apprendimento
Perché questo possa avvenire devono cambiare contemporaneamente la struttura e
la qualità della vita quotidiana, il rapporto tra lavoro e tempo libero, ma anche il
sistema di produzione e consumo. Insomma la proposta di Illich non può essere
banalmente ridotta alla chiusura delle scuole, ma indica un processo complessivo di
trasformazione sociale in direzione della convivialità nel quale è essenziale il processo auto
educativo della comunità, contro ogni tentativo di imporre dall’alto metodi, finalità, strutture
coatte dell’educazione.7
Molti studenti, specie se poveri, sanno per istinto che cosa fa per loro la scuola: gli insegna a
confondere processo e sostanza. Una volta confusi questi due momenti, acquista validità una
nuova logica: quanto maggiore è l'applicazione, tanto migliori sono i risultati; in altre parole,
l'escalation porta al successo. In questo modo si «scolarizza» l'allievo a confondere
insegnamento e apprendimento, promozione e istruzione, diploma e competenza, facilità di
parola e capacità di dire qualcosa di nuovo. Si «scolarizza» la sua immaginazione ad accettare
il servizio al posto del valore
DALLA TEORIA ALLA PRATICA
Jasnaja Polyana
L’unico metodo di istruzione è nell’esperimento e l’unico
criterio pedagogico è la libertà L. Tolstoj
Ogni studio deve rappresentare solo una risposta alle
domande suscitate dalla vita. La scuola però non solo
non stimola le domande, ma non risponde neppure a
quelle sollevate spontaneamente. La scuola risponde
continuamente alle stesse domande, poste alcuni secoli
fa all’umanità e con le quali il fanciullo non ha niente a
che fare.L. Tolstoj
Lo scrittore russo Lev Tolstoj nel 1859 dà vita all’esperienza di Jasnaja Polyana (“radura
chiara e serena”), una scuola di campagna gratuita per i figli dei contadini, in cui lo
scrittore anarchico si cimenta in prima persona come maestro.
In seguito all’osservazione delle esperienze scolastiche tradizionali e della “tristezza
generale degli alunni” (!), sviluppa una riflessione che lo porta a ritenere la scuola uno
strumento che uccide la vita, e con essa le domande fondamentali che suscitano il bisogno
dell’educazione. Nelle istituzioni scolastiche, al contrario, si attua un’opera di repressione
delle facoltà umane più elevate al fine di sviluppare unicamente l’ordine scolastico, il
terrore, lo sforzo della memoria e l’attenzione. Fino a che questi obiettivi non siano stati
perfettamente raggiunti, ogni alunno costituisce un’anomalia da correggere (=da
scolarizzare).
Caratteristiche principali della pratica pedagogica di Jasnaja Polyana:
· diritti dei bambini
· ascolto delle esigenze del discente
· parità maestro/studenti
· assenza di coercizione
· assenza di programmi
· assenza di orari
· niente esami
· assenza di obbligo scolastico
· nessuna divisione dei bambini in fasce d’età
· importanza del ruolo dell’insegnante come facilitatore dei processi di
apprendimento (processi che comunque rispondono all’interesse e alle
motivazioni del singolo allievo)
Breve catechismo per i maestri (!) di Lev Tolstoj diffondila!!!
1. È necessaria per insegnare l’adesione volontaria dell’allievo? Sì e per far questo è necessario
suscitare l’interesse vivo dell’allievo, guadagnarlo cioè a ciò che si ha da dire.
2. Come e che cosa si deve insegnare? Tutto può essere insegnato, ma al centro
dell’insegnamento sta l’allievo con i suoi bisogni, i suoi ritmi e le sue capacità.
3. Maestro non è colui che sa, ma colui che ama ciò che fa con i suoi allievi.
Summerhill
Scuola fondata da Alexander Neill a Suffolk (Inghilterra) nel 1924 (e tuttora attiva). Neill parte
dall’idea che l’aggressività, l’infelicità e il dolore del bambino siano frutto dell’educazione
autoritaria e repressiva. Al fine di dirigere l’educazione verso una socialità responsabile, è
dunque fondamentale che il bambino sia inserito in una società-comunità basata sul
principio dell’autodeterminazione.
Alcune delle pratiche educative messe in atto a Summerhill:
· lasciare, all’interno della comunità protetta della scuola, che il bambino sperimenti
la libertà (di movimento, di giocare, di dare ascolto o meno ai consigli degli adulti, di
seguire o meno il programma di studi proposto dalla scuola)
· far sì che i bambini comprendano l’importanza della responsabilità, senza che a tal fine
vengano però predisposti punizioni, interventi censori o coercitivi da parte degli adulti
· organi decisionali collettivi (Tribunale e Assemblea generale) formati da adulti e
bambini, con procedure paritarie
· assenza di interventi coercitivi e impositivi sui bambini da parte degli adulti
· assenza dell’obbligo di frequenza
· non giudizio
Sito web della Summerhill School: http://www.summerhillschool.co.uk/
Il Liceo Sperimentale di Saint-Nazaire
Esperienza scolastica che nasce in Francia nel 1982, a opera di studenti e professori, mossi
dall’idea che la scuola debba essere finalizzata alla libertà degli studenti, e non alla
loro reclusione.
Principi fondamentali e pratiche del Liceo sono:
· autodeterminazione di ogni studente relativamente alla propria formazione
· continua pratica di confronto e di mutuo sostegno della comunità scolastica
· riconoscimento del principio dell’educabilità (possibilità di trasformazione attraverso il
confronto)
· diritto di ciascuno all’esperienza e dunque al poter procedere per tentativi ed
errori
· responsabilità e autonomia di ognuno
· riconoscimento delle potenzialità di ognuno (non solo nei campi in cui abitualmente
viene relegato l’ambito del sapere scolastico)
· diritto di ciascuno a costruire il proprio cammino (l’importante non è tanto
l’obiettivo quanto il percorso)
· cogestione: tutte le questioni politiche, economiche e amministrative sono discusse
all’interno di due assemblee (quella degli studenti e quella degli insegnanti) e poi portate al Consiglio di Istituto. Le decisioni vengono solitamente prese all’unanimità. I
delegati delle due assemblee cambiano ogni anno. La popolazione del liceo viene divisa
in sei gruppi (composti da 20/30 studenti e 3/4 educatori). Ciascun gruppo gestisce il
liceo (contabilità, segreteria, igiene, manutenzione, preparazione pasti, agibilità dei
laboratori) a turno per 15 giorni.
· cogestione pedagogica: la scelta degli argomenti da trattare e dei metodi da
impiegare viene maturata all’interno del gruppo. In un secondo momento ci si divide in
sottogruppi, a seconda dell’argomento prescelto, e in questi gruppi di livello si
definiscono le pratiche concrete.
Chi desidera venirci a trovare per un’ora, un giorno, una settimana, un mese, insomma chi
vuol visitare il nostro strano liceo può contattare il comitato di gestione al numero
telefonico 0033240667852, oppure scriverci a questo indirizzo Lycée expérimental de
Saint-Nazaire, 17 boulevard René Coty, BP 272,44606 Saint-Nazaire Cedex, Francia
Sito web del Lycée Expérimental de Saint-Nazaire:
http://lycee.experimental.pagesperso-orange.fr/
Bonaventure: una esperienza educativa autogestita in Francia
Bonaventure, che cosa è? E' una esperienza educativa autogestita.
Bonaventure è un progetto nato da una rivolta, da un rigetto. Rivolta contro la scuola
ordinaria e contro il sistema […]
Rivolta contro la fatalità e l'ordine delle cose: - fatalità della scuola che in Francia
come altrove addestra i bambini, essendo la sottomissione al maestro e al professore
l'obiettivo permanente (premessa della sottomissione al marito per le ragazze, ai
gradi militari per i ragazzi, al padrone per tutti....). – fatalità di una scuola,
strumento dello stato, che riproduce le classi sociali, producendo l'insuccesso
scolastico mentre proclama l'eguaglianza delle possibilità.
Secondo il sociologo Robert Baillon: "Le possibilità di ottenere un diploma sono tanto più
elevate quanto più alta è la classe sociale di appartenenza; un bambino del ceto superiore ha
probabilità cinque volte maggiori di ottenere un diploma rispetto a quelle del figlio di un
operaio".
Per il solo fatto della standardizzazione della lingua (nella scuola francese capitalista è la lingua
borghese ad essere il mezzo di comunicazione esclusivo in opposizione alla lingua popolare
molteplice) che legittima una certa cultura e un certo linguaggio, la scuola capitalista favorisce
certi bambini: quelli della borghesia finanziaria e culturale. E non soltanto essa favorisce certi
bambini, ma per di più essa riesce a persuadere quelli non provenienti dal ceto borghese che la
loro incapacità a parlare come Voltaire rivela una intelligenza minore e li destina naturalmente
ad occupare un posto nella società che sarà meno considerato e meno remunerato.
Bonaventure si pone dunque come una alternativa educativa e scolastica (in mezzo ad
altre esperienze, certo: in Francia esistono anche scuole basate sul metodo Freinet9, almeno
due licei autogestiti....).. Bonaventure si pone chiaramente come membro attivo di un
movimento sociale libertario. A riprova di quel che stiamo dicendo, Bonaventure
applica nel suo quotidiano la gratuità (la scuola è gratuita), la proprietà collettiva (i
beni mobili e immobili appartengono tutti agli aderenti al progetto), un
finanziamento sociale (sotto forma di sottoscrizione e autofinanziamento: libri,
audiocassette, videocassette, manifesti.....). D'altronde, è il logico coronamento a
quel che vado dicendo, Bonaventure non è la scuola del partito, è anarchica.
Essa scolarizza bambini di famiglie di vedute molto diverse, non necessariamente anarchiche,
che hanno tutte trovato il loro posto e assunto delle responsabilità. Bonaventure è dunque un
centro educativo libertario. Per noi, ciò vuol dire uno spazio di apprendimento: -
apprendimento sociale.
Perché la libertà, l'eguaglianza, l'autogestione, la cittadinanza o la solidarietà non
sono principi che si decretano o pratiche innate. Queste cose si apprendono,
soprattutto facendole, per i bambini come per gli adulti.10
La escuela Paideia di Merida
"Attenti al presente che create, perché potrebbe
assomigliare al futuro che sognate"
Mujeres Creando (gruppo boliviano di anarcofemministe
di strada).
Merida, una delle più importanti città dell'impero romano, è letteralmente costruita sulle
rovine, e si estende nell'arido confine a sud-ovest della penisola iberica. Molti dei suoi moderni
edifici si innalzano dalle macerie in esposizione, a volte incorporandole nelle loro stesse
strutture. Il calcestruzzo levigato e il vetro sono giustapposti a macerie ruvide e antiche.
Per 29 anni questa città ha ospitato una delle più durature Scuole Anarchiche - Paideia.
Il nome viene dal concetto ateniese di costruzione del carattere, qualcosa che era
visto come il processo educativo chiave della democrazia diretta nella polis. La
scuola è uno straordinario laboratorio di cittadinanza radicale.
La Paideia è una scuola alternativa (nata nel 1978) a quella classica, qui convivono, durante
tutto il giorno, bambini tra i 18 mesi e i 16 anni d’età, educatori, collaboratori, e osservatori.
Gli alunni organizzano il tempo e la convivenza in collaborazione con gli educatori,
autogestendosi in forma assembleare e mediante commissioni composte da ragazzi\e di
diversà età.
La scuola cerca inoltre di incentivare la cooperazione e la critica alla società in una prospettiva
anarchica, attraverso il rispetto di alcuni principi: negazione dell’autorità, lotta contro la
violenza, la competitività e il consumismo. Un mondo sottosopra - una scuola senza
campanelle, dove i bambini sono in cattedra e dove il programma è incentrato sui
valori anarchici .
Situata in una vecchia fattoria a due piani, colorata di un giallo pastello, su quelli che erano un
tempo i confini della città, fino all'anno scorso Paideia era circondata da lussureggianti oliveti
verdi a perdita d'occhio. Quest'anno11 ogni singolo alberello è stato abbattuto dai bulldozer e
ora la scuola giace in un mare di fango solcato da ruote e strade parzialmente costruite. Un
tempo era una scuola libera nella campagna, adesso è un'oasi paralizzata nel mezzo di un
inferno di sprawl urbano. Enormi bulldozer le vagano attorno, emettendo rumorose vibrazioni
che attraversano i muri e i pavimenti in pietra. Il prossimo anno sarà circondata da 1.500
identiche case suburbane, un altro sviluppo speculativo della Spagna, il cui motto aziendale è
orgogliosamente presentato sugli annunci sopra la devastazione, che ricorda la Somma
francese: "Stiamo creando il futuro".[…]Pepa, una corpulenta sessantenne, è tra i fondatori
della scuola. Nonostante i suoi brillanti capelli tinti di rosso sembra ancora la più normale
insegnante scolastica possibile, allo stesso modo delle altre sette donne e dell'unico uomo che
siedono attorno al tavolo con noi. Ci spiega che le prime settimane dopo l'estate sono sempre
differenti dal modo in cui funziona regolarmente la scuola. "Ritornare dalla vacanze estive è sempre un problema", dice, "per due mesi i ragazzi vivono con i loro genitori e nonni, che
iniziano a fare tutto per loro, così perdono la propria autonomia".
Al cuore della filosofia della scuola c'è l'autonomia e l'auto-gestione. Ogni aspetto
della scuola è gestito mediante assemblee, dal decidere il menu del pranzo agli orari,
dai conflitti personali a quali materie didattiche scegliere. Tutto è discusso e deciso
collettivamente senza gerarchia e imposizione da parte dello staff. Gli studenti dai 18
mesi ai 16 anni auto-gestiscono la scuola insieme. Cucinano, puliscono e prendono le
decisioni sulla gestione.
A Paideia una delle molte cose che ho imparato è questa: essere liberi riguarda
fondamentalmente il prendersi delle responsabilità individuali ed essere in grado di
collaborare fluidamente in una comunità collettiva. In seguito ho cercato di spiegarlo per
telefono al mio figlio dodicenne, Jack, che si trova a Londra. Il motto della sua scuola è
"Servire ed Obbedire", risplendente lungo l'araldico frontone di pietra sopra l'entrata. "Nella
scuola anarchica sei nei guai se chiedi ad un insegnante il permesso di fare qualcosa piuttosto
che darti da fare e farla da solo". Il suo confuso silenzio mostrava lo sforzo contro-intuitivo che
abbiamo avuto tutti una volta realizzato cosa significava. Nella maggior parte delle scuole
se non fai quello che ti viene detto sei nel torto. Qui sei nel torto se ti aspetti che ti
venga detto cosa fare.
martedì 31 luglio 2012
sabato 7 luglio 2012
NUOVO MANIFESTO STRAIGHT-EDGE ANTIFASCISTA
xLOBOx
Questo documento nasce come risposta e ampliamento da un differente punto di vista dell' "Antifa Straight Edge", manifesto scritto da XsaraqaelX e pubblicato, nel 2001, dall'Alpine Anarchist Production; opera che chiariva la posizione strettamente personale dell'autore sulla visione libertaria della sobrietà. Al di fuori quindi dello spirito di documento di indicazione e/o programmatico, anche questo "Nuovo Manifesto dello Straight Edge Antifascista" esce nell'intento di chiarire la mia idea singola dell'essere edge e antifascista; distante quindi dall'intenzione di creare nuove frammentazioni all'interno del movimento o ideologie dottrinali.
COSA SI INTENDE CON SOBRIETÀ E STRAIGHT EDGE
Con sobrietà intendo definire quella gamma di comportamenti che permettono all’individuo di mantenere la mente lucida, la coscienza attiva ed una totale consapevolezza di sé; un essere umano, quindi, pronto a reagire agli stimoli e ai problemi che gli vengono posti, un atteggiamento totalmente contrario a quello propagandato nelle moderne società e nel sistema mondiale che porta avanti una campagna di annullamento delle capacità individuali di pensiero e concetto, al fine di renderlo più docile.
Comportamenti sobri (e quindi straight edge), sono quindi l’astensione dagli alcolici, dal fumo, dall’uso di droghe (leggere e pesanti senza distinzione), dai farmaci (ove possibile) e dal sesso occasionale (punto controverso che approfondirò più avanti). Questo non contrassegna i limiti necessari dello sXe, in quanto nelle sue numerose varianti vediamo che in alcune è previsto l’assunzione di moderate quantità di alcool, mentre in altre il rifiuto più rigoroso viene esteso anche a tutte le sostanze psicoattive senza distinzione alcune, includendo quindi anche caffeina e teina; l’astensione da tale gamma di prodotti è da me intesa come la base necessaria per la condotta positiva, e rappresenta quindi un punto di vista personale ed ampliabile.
Si configura quindi una visione dello straight edger come la visione di un uomo libero dalla gabbia dell’esistenza artificiale che gli viene costruita intorno, che non accetta le catene che gli vengono proposte, anzi le combatte. Perché la differenza che può esserci tra un sobrio astemio e uno sXe è proprio in questo: da parte del secondo vi è un rifiuto attivo, basato sull’essere stesso della persona e su tutte le basi della sua morale, vi è, in definitiva una lotta contro la sostanza psicoattiva offertagli; la pulizia non è quindi fine a sé stessa, ma è sensata se ha un obbiettivo, se è il mezzo attraverso cui giungere ad una nuova condizione, migliore per lui e per gli altri; non è più individualismo, ricerca interiorire, ma diventa un arma attraverso cui combattere. Lo straight edger fa di sé stesso un arma, funzionante al meglio.
PERCHÈ STRAIGHT EDGE E ANTIFASCISMO UNITI
Chiarito quindi che il movimento straight edge è di per sua stessa natura un movimento di rottura, che implica militanza e coinvolgimento, rimane il collegamento con l’antifascismo. L’antifascismo non è solo un sistema di pensiero “contro”, in quanto l’antifascismo implica, nella sua vera accezione, ripulita dai ricami effettuati dalle democrazie autoritarie, una spinta libertaria, il rifiuto di ogni potere arbitrario e imposto dall’altro, il rispetto delle libertà individuali e delle comunità, la creazione di un nuovo mondo sulle base dell’uguaglianza tra individui, la cessazione dei rapporti di oppressione tra istituzioni e persone. Il sistema capitalistico è fascista di per sé stesso, in quanto esige la completa omologazione e omogeneità rispetto al suo ordine ideologico, schiaccia il debole per favorire il forte e non permette la creazione di una propria individualità; quindi lo straight edge, come rifiuto della sua emanazione più letale, il consumismo, diventa quasi automaticamente antifascista: lo sXe ripudia le catene dell’uomo, attraverso l’astensione simbolica e pratica dal consumo di prodotti e alimenti che vengono ritenuti dannosi per la vita stessa e prodotti per la prosperità di un sistema che lucra sulla distruzione.
Per la sua stessa natura si coniuga alla perfezione con l’antifascismo quindi, di cui diviene una delle metodiche di lotta (sottolineo che l’antifascismo non è necessariamente sXe, mentre lo sXe è spesso degenerato in forme religiose e/o conservatrici che l’hanno trasformato da movimento d’impatto e cambiamento in semplice strumento di continuità per il sistema che era nato per contrastare), forse quella che più intrinsecamente lega l’interiorità dell’uomo, oppresso e represso, con le sue azioni: il gesto del rifiuto di ciò che può indebolire è il rifiuto di ogni compromesso, di ogni pausa nell’attività di lotta, di ogni momento di riposo rispetto alla vita di chi combatte. In quanto oggi l’uomo viene tenuto sotto controllo ogni singolo istante della sua vita, attraverso la televisione, la sorveglianza poliziesca e l’uso di sostanze che ne droghino il cervello e lo intontiscano; affermare la propria individualità e vitalità, la propria facoltà di scelta di fronte ad un polo di potere che prevede tale facoltà solo all’interno di un ambito predisposto di offerta come la pubblicità, è già rivolta, è già tornare umani.
Antifascismo e straight edge sono quindi indissolubilmente legati perché il gesto consapevole del rispetto di sé stessi, del rispetto dell’altro, è la base di uno cambiamento radicale in senso libertario dell’attuale sistema, che avvelena l’uomo per trarne profitto. Non vi è più la considerazione della rivolta come atto di autodistruzione dell’individuo (come si è visto nella scena punk), la rivolta diviene la lucidità costante, l’essere sempre pronti ad agire, reagire allo stimolo ed all’opportunità; essere quindi un pericolo reale e reattivo per un meccanismo che vive dell’apatia che riesce a instillare nella popolazione.
IL SESSO, L'EMANCIPAZIONE FEMMINILE E L'OMOSESSUALITÀ
Dagli anni '90 in poi il movimento straight edge ha preso una piega purista, misogina ed omofoba, soprattutto grazie alla propaganda attiva portata avanti da gruppi parafascisti come i Vegan Reich e all'approccio dottrinale di troppi kids che cercavano nella sobrietà un nuovo modo per annientare la propria personalità e inquadrarsi. Una tendenza combattuta dai movimenti di emancipazione femminile, queer core e dai tanti kids che rimanevano fedeli ad un etica libertaria ed egalitaria dell'essere positivo. In questo capitolo stenderò una linea di demarcazione che ritengo piuttosto netta tra ciò che ritengo la vera anima dello sxe e le sue degenerazioni, chiarendo quindi le posizioni sull'atteggiamento sessuale, il progresso sociale della donna e la tematica dell'omosessualità
-Sesso
E' necessario, innanzitutto, chiarire bene che il sesso in sé non è un male dell'uomo, non porta alla perdizione, non deve andare incontro a condanne morali e dev'essere svolto nell'ambito di consapevolezza, consensualità e piacere reciproco. Il rifiuto dello straight edger quindi non è rivolto verso l'atto sessuale di per sè (come invece accade nel caso dell'hard liner, sfociando poi in un atteggiamento che diventa tutt'uno con la religiosità cristiana o comunque astensionista) ma verso un atto sessuale che impone con la forza il piacere di uno a scapito dell'altro; troppo spesso il sesso è ricerca di puro piacere, oggettivazione del partner che perde individualità e personalità e diventa un giocattolo per gli istinti più bassi di chi porta avanti la "conquista", una tacca in più da segnare sulla testata del letto. In questo contesto il rifiuto del sesso così inteso è una conseguenza quasi ovvia dello stile di vita sXe, in quanto si basa sul rispetto della libertà e dei sentimenti e della vita dell'altro, componenti che lo stupro e la creazione di soggetti del piacere compromettono irrimediabilmente.
Non dev'esserci, d'altro canto, l'astensione fanatica dall'atto fino al matrimonio, in quanto il sesso può divenire atto consapevole di conoscenza e, anche, di rispetto della persona, concepita quindi come soggetto alla pari e non preda da cacciare e sottomettere. In tal senso, quindi, la condotta sessuale responsabile, cosciente delle percezioni dell'individuo con cui ci rapportiamo, non ha nulla di moralmente errato, in quanto costituisce un punto importante e che può dare inizio ad una sempre maggiore intimità e benessere, delle relazioni sentimentali profonde tra esseri umani.
-Emancipazione della donna
Ribadendo ancora come straight edge e pensiero libertario siano profondamente legati, ritengo utile dedicare un sottocapitolo all'emancipazione di genere, tema che è stato volutamente ignorato, quando non osteggiato, dalle frange di hard-liner, hate edgers e puristi vari. La donna ha diritto ad una totale uguaglianze, sia formale (che si traduce, quindi, in un accesso parificato a servizi e posti di lavoro) che sociale (parlando della visione distorsiva della "femmina da proteggere", inabile agli sforzi fisici, necessariamente delicata e stupida), e la lotta per questa uguaglianza dev'essere perpetrata a maggior ragione in un movimento come quello sXe, bandendo gli atteggiamenti machisti, da though guy e misogini che hanno relegato le donne negli angoli dei concerti e dei centri sociali, trasformando la scena in uno specchio dei lati peggiori della società che, a parole, si combatte. Un concerto dev’essere un occasione per tutti per relazionarsi al di fuori degli schemi fissi che vengono imposti tutti i giorni, ed è per questo inaccettabile che siano rovinati dal testosterone di repressi che cercano una visibilità e un predominio con il mosh ultra violento, quindi fatto col deliberato scopo di far male, e provano a risalire le gerarchie maschili deprezzando una minor forza fisica femminile.
Vi dev'essere un opposizione attiva al maschilismo latente (e nel peggiore dei casi, scoperto ed evidente) che inquina il movimento, la libertà è definibile come tale solo se vi è libertà per tutti, e non vi è libertà senza uguaglianza. L'astensione da droghe e da forme di sesso che relegano la donna a mero contenitore di sperma, serve a inquadrare lucidamente la situazione di disparità tra sessi in cui si vive e ad avere rapporti con le donne che siano veramente consapevoli e personali, che permettano (perché, per quanto sembri assurdo succede spesso il contrario) di vedere la "femmina" come persona vera, con cui relazionarsi sulla base del rispetto, della coscienza degli atti, propri ed altrui, e della volontà di liberazione che deve muovere tutte le azioni.
-Omosessualità
“They shall live at one with the laws of nature, and not forsake them for the desire of pleasure, from deviant sexual acts and/or abortion” (“Vivranno secondo le leggi della natura e non le tradiranno per il desiderio di piacere, come atti sessuali deviate e/o l’aborto” ndr); questa frase è tratta dal “Manifesto dell’hard line”, un testo che fu redatto e distribuito dai Vegan Reich, insieme al loro EP d’esordio. Si sente chiaramente la vena omofoba che ha ispirato la stesura di tale opera, la stessa omofobia che ha alimentato il movimento parafascista in tutto il suo sviluppo, che ha portato al pestaggio degli attivisti queer ed al bigottismo fanatico che sono diventati il marchio di fabbrica di suddetto movimento.
Come straight edgers antifascisti è necessaria una presa di posizione chiara ed inequivocabile: l’orientamento sessuale non è di per sé una discriminante, ed il comportamento spesso disinibito o “troppo liberale” di molti omosessuali non può essere fonte di giudizio (su questo tornerò successivamente), e, come indicato da molti attivisti queer, è frutto anche di una repressione morale e sociale nei confronti dell’essere gay (o lesbo, bisex, pansex, transgender ecc. ecc.) che porta l’individuo a sfogare ciò che nasconde ed è portato a sentire come un peso in ambienti dove l’alcool diviene uno dei principali strumenti per il rapporto interpersonale, ambienti che degradano le realtà che si possono costruire al loro interno e influiscono in maniera fondamentale sullo stile di vita di chi li frequenta.
Ribadendo ancora una volta che straight edge è antifascismo, e quindi rispetto delle libertà altrui, il compito che si prefissa è quello di creare una cultura dove non vi sia bisogno di particolari precauzioni per manifestare il proprio carattere sessuale; lo sXe, quindi l’opporsi alle gabbie che imprigionano l’uomo, deve combattere contro l’ignoranza che schiaccia ogni giorno milioni di individui, liberarli dalla morsa che esercita il pregiudizio e l’incomprensione.
LA LIBERAZIONE ANIMALE E DELLA TERRA
Sono ormai anni che la lotta per la liberazione animale e della terra è un tema caldo all’interno della scena hardcore, e col tempo, in molte zone, si è fatta tutt’uno col movimento straight edge. Esso infatti predica la liberazione dell’uomo, l’uguaglianza e un periodo che sia privo del sangue sparso da un sistema vorace e della violenza nata dal denaro e dall’ingordigia, e per fare questo è necessario, secondo gli animalisti appartenenti al movimento, che anche la vita animale sia rispettata, così come il delicato sistema naturale in cui siamo immersi.
Vivere in una società dove molto del cibo che viene servito è frutto della violenza e della morte, rimane un grosso problema che non può essere evitato, posticipando ad un eventuale domani la risoluzione di tale domani. Gli allevamenti intensivi di bestiame costituiscono, da soli, la causa di circa il 20% delle emissioni complessive di gas serra a livello mondiale, senza contare l’impatto che essi hanno sull’ambiente in cui vengono creati, il prezzo umano che bisogna pagare per lo spazio che viene sottratto alle coltivazioni, quindi il cibo a basso prezzo, nutriente ed abbondante che potrebbe essere distribuito alle regioni sottosviluppato del mondo, a cui viene invece preferita la carne, bene di lusso che viene consumata quasi esclusivamente nelle zone industrializzate e con popolazione che può permettersi una tale dieta.
Se straight edge significa dunque libertà e, ovviamente, tutela delle condizioni di tale libertà, il boicottaggio del meccanismo capitalista, dei suoi prodotti e della sua deriva consumistica s’impone tra i primi obbiettivi cui tendere come pensatori (e militanti) libertari; e conseguentemente il rifiuto di un alimento che è simbolo di tale sistema, innecessario all’alimentazione umana di base e tra le causali di una miseria e una sofferenza che non possono essere giustificate, può essere soltanto una scelta positiva e coerente, da incoraggiare, come tutti gli atteggiamenti che vanno a scalfire e intaccare il meccanismo di morte in cui l’uomo moderno si trova costretto a vivere.
Chiarisco che il vegetarianesimo (o il veganismo) non è una scelta necessaria dell’antifascista militante, così come non lo è lo straight edge di per sé, ma rimane una scelta consapevole, che può aiutare l’ambiente e l’uomo stesso, disturbare la catena del consumismo sotto uno dei suoi aspetti principali e costituire un passo avanti nella presa di coscienza del peso che l’umanità, il suo progresso e i suoi vizi hanno sulla Terra e sulla vita in generale.
-la problematica della precedenza tra uomo e animale
Dopo aver sottolineato l’importanza per la liberazione degli animali, va ricordato che essa non dev’essere anteposta alla lotta per la libertà umana, ma che dalla seconda scaturisce la prima. È inutile la critica a priori di qualsiasi alimentazione che comprenda la carne, oltre che inutile è figlia dell’ignoranza che appiattisce le differenze e le trasforma in errori altrui: per questo le culture (e le singole persone) che includono la carne nella loro dieta, spesso anche per necessità (le tribù di pastori africani e asiatici, i pescatori in sud America), non vanno escluse da un processo di lotta o di cambiamento, vanno poste nella condizione di rinunciare ad eventuali atteggiamenti ritenuti sbagliati attraverso la conoscenza più approfondita, multilaterale e informata della tematica stessa. Non va per questo assunto l’atteggiamento dell’educatore civilizzato che salva i “poveri selvaggi”, bensì quello di essere umano alla pari che propone un punto di vista differente e che vede personalmente come più corretto.
Questo è inutile se chi riceve queste informazioni non è in grado di cambiare la propria alimentazione o, più in generale, il proprio modus vivendi, per motivi di sopravvivenza, quindi la liberazione animale è una necessaria conseguenza della liberazione umana dalle pastoie dell’ignoranza e dell’egoismo, endemici nei paesi sviluppati, e dalla cieca necessità di sopravvivenza per gli abitanti dei paesi in via di sviluppo o sottosviluppati.
IL SISTEMA MORALE
Lo stile di vita straight edge costituisce di certo una particolarità, in quanto fonde un forte senso del pragmatismo e dell’utilità delle proprie azioni con una morale che lo giustifica ma non diventa per questo un ideologia, una dottrina o un purismo, se non nelle sue degenerazioni. In “The Antifa Straight Edge”, XsaraqaelX dichiara la sua appartenenza allo straighe edge sulla base del vantaggio esclusivamente materiale che deriva dal seguire tale corrente: “Seen this way, being sXe is purely pragmatic. I’m sXe, because I think it helps me being an antifascist and allows me to make an antifascist statement, and because of no other reason. If I felt being sXe wouldn’t support antifascist action, I wouldn’t give a shit about it.” (“Guardandola in questo modo, essere sXe è puro pragmatism. Sono sXe perchè penso che mi aiuti ad essere anfiascista e mi permetta di creare un sistema antifascista e non per altro ragioni. Se sentissi che l’essere sXe non supporta l’azione antifascista, non me ne fregherebbe più un cazzo” ndr), ma ritengo che questa sia un eccesso sul lato opposto a quello dove hanno ecceduto i vari kids che si sono approcciati allo straight edge e sono finiti nella religiosità organizzata, come l’are krishna o il cristianesimo.
Penso che lo stile di vita positivo sia un bilanciamento quasi paritario tra etica e utile, tra pensiero ed azione: è pragmatico perché punta ad un obbiettivo che è pratico e fa del suo stesso esistere un mezzo e non un fine, ma comporta anche una determinata condotta morale ed etica che fa crescere e giustifica tale maniera di agire. Non c’è nessuna legge naturale che impedisca all’uomo di bere alcolici o fumare, lo straight edger decide coscientemente di non bere (o non fumare) per migliorarsi rispettando sé stesso e gli altri, e per migliorare l’apporto che può dare alla propria militanza attiva; e tutto ciò sulla base di una riflessione di tipo etico, oltre che utilitaristico; è nell’atto volontario di prendere le distanze da un comportamento possibile, ma che si sa sbagliato perché indebolisce, che si vede la forza morale che è innegabile in un movimento come quello edge. Per questo ritengo riduttivo concepire lo sXe come “via più veloce per la rivoluzione”, in quanto davvero contribuisce a formare una nuova coscienza nell’uomo, una coscienza fatta di rispetto e condivisione, di libertà dalle gabbie delle sostanze psicoattivo e tossicodipendenti. E’ riduttivo, quindi, anche l’eccesso opposto, in cui la pulizia e la ricerca di una interiorità positiva diventa fine a sé stessa: viene così tralasciato il discorso di cambiamento in meglio del mondo che dovrebbe essere alla base della scelta del percorso di rottura straight edge, diventa religione e dottrina, apatia e vuota esibizione del sapersi negare i piaceri della vita senza che questa negazione abbia un senso.
L’uomo è un essere sociale, e come tale le sue scelte devono avere un significato che si rifletta in maniera attiva sull’ambito in cui esso vivo: il fare di questa linea di pensiero, accordata ad una volontà di cambiamento, crea la militanza. Quando lo sXe rompe i suoi legami con l’etica umana, divenendo semplice strumento, non compreso da chi lo fa proprio, o li spezza con il suo essere sociale, allora non si può più definire militanza, ma ideologia pura.
-rapporti ed attività
Lo straight edger antifascista è quindi consapevole della propria forza etica, oltre che delle propria militanza, ma non per questo può giudicare chi ha fatto scelte differenti dalle proprie o è caduto vittima del sistema, intossicandosi e uccidendo la propria voglia di cambiamento. È naturale che vi sia orgoglio per la propria scelta, soprattutto vedendo come molti cedano alla tentazione, ma un isolamento nella propria sobrietà “superiore” è assolutamente improduttivo nonché sbagliato: lo sXe deve attivarsi perché le proprie energia siano d’aiuto a chi non può aiutarsi da solo, l’orgoglio non deve coincidere con il disprezzo dell’altro, ma solo come accompagnamento ad una scelta che si ritiene corretta e che permette di portarla avanti, magari propagandandola ad altri. Quindi quello edge si prefigura come un movimento fortemente intrecciato con il tessuro sociale, non isolato da esso perché ritenuto troppo sporco: l’assistenza ai tossici che viene fatta nelle associazioni di volontariato (non governative), l’aiuto dato all’interno degli A.A., i corsi di riabilitazione per ex tossici o persone che escono dalle dipendenze, sono servizi che se non fossero offerti da organizzazioni specifiche e preparate allo scopo, dovrebbero essere organizzati dai collettivi sXe, in quanto è cambiando le persone che si cambia il mondo, e rinchiudersi nel proprio piccolo circolo di gente pulita non modifica le istituzioni che avvelenano le persone e il pianeta stesso o i rapporti di potere. Lo straight edge non è un “guerriero solitario”, come nell’iconografia hard line degli anni ’90, è una persona normale che decide di impegnarsi perché altri possano salvarsi da situazioni che mettono a rischio la loro stessa esistenza o il benessere di chi li circonda.
CONCLUSIONI ESSENZIALI
È essenziale la premessa che il movimento sXe non è mai stato organizzato e strutturato, ma si è sempre presentato come un insieme di piccole realtà (collettivi e labels locali) che collaboravano tra loro, quando vi era l’interesse a farlo.
Partendo da ciò possiamo vedere come vi sia il rifiuto a priori di qualsiasi delega dell’autorità dell’individuo (o del collettivo) sulle proprie scelte e sul proprio operato, rifiuto che sottintende anche l’assunzione totale delle responsabilità legate alla condotta e alle azioni portate avanti. Ognuno è responsabile del proprio comportamento, e, vista la mancanza di strutturazione dello sXe, è responsabile di fronte a tutto il movimento: la degenerazione o l’atto sbagliato del singolo si riflettono su tutto lo sXe e sulla concezione stessa dell’idea, per questo lo straight edger antifascista dev’essere consapevole in ogni momento delle conseguenze della sua militanza, verso il contesto sociale che combatte ma anche verso i compagni con cui lotta. Non vi dev’essere tolleranza per hard liners, hate edgers e degenerazionisti vari proprio per questo: il loro errore è un errore di tutti, si riflette su tutta la rivolta che può essere portata avanti, in quanto lo sXe non è un ideologia ma un movimento composto da singoli che decidono consciamente di unirsi ad una causa libertaria che implica una strettissima connessione tra morale ed azione, etica ed agire, in quanto non si viene chiamati a risponderne di fronte alla gelida teoria che sostiene le dottrine ma di fronte all’uomo stesso. Sono pronto ad assumermi tale responsabilità, e per questo sono uno straight edge antifascista.
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